FABIO CERCHIAI *
Le assicurazioni sono chiamate a una grande responsabilità sociale: sostenere lo sviluppo del Paese. (…) Per questo non possiamo continuare ad essere considerati “galline dalle uovo d’oro”, a prescindere dai risultati economici del settore. (…) Non bisogna avere paura di fare le riforme: sono investimenti per il futuro. (…) Occorre ripensare un sistema di welfare (che) domani non sarà in grado di offrire a tutti garanzie adeguate alle aspettative. (…) L’incertezza non è mai amica della crescita e della stabilità. (…) Da minaccia, bisogna renderla opportunità. L’assicurazione è strumento essenziale a questo scopo. (…) Contribuisce alla stabilità dello sviluppo, trasferendo su soggetti economicamente forti rischi che famiglie e imprese non possono sostenere. Rafforza la stabilità dei mercati finanziari e immobiliari, investendo la raccolta in un’ottica di lungo periodo. Questo è stato il ruolo che l’assicurazione italiana ha svolto anche negli ultimi dieci anni. (Nonostante) una crisi finanziaria di eccezionale portata, la nostra industria ha conservato solidità patrimoniale e capacità di assumere rischi. Nonostante la bufera sui mercati, non ha chiesto aiuti pubblici. Lo stock di investimenti del settore ha superato lo scorso anno i 500 miliardi di euro e ha finanziato le imprese produttrici, il bilancio pubblico, il mercato immobiliare. Cifre che confermano le assicurazioni italiane quali primari investitori istituzionali. Nell’ultimo decennio il nostro mercato assicurativo è cresciuto complessivamente dell’88%, ben più del Pil (+30%). L’assicurazione Vita – in media +8,5% l’anno – ha assunto un peso sempre più importante tra le attività finanziarie delle famiglie italiane: oggi è all’11,4%; rispetto al 5,8% del 2000. (…) Ma famiglie e imprese sono ancora meno assicurate di quanto accade nei principali paesi avanzati. Ciò significa che gli italiani sono più vulnerabili: assicurano di meno la loro salute e si tutelano poco contro i danni alla proprietà o causati ad altri. (…) Riforme previdenziali significative sono state avviate quasi vent’anni fa. Il tasso di sostituzione garantito dalla pensione pubblica (si ridurrà) a regime a meno del 60% per i lavoratori dipendenti e al 37% circa per quelli autonomi. Senza (lo) sviluppo della previdenza complementare, questi livelli non sono sopportabili sul piano sociale, soprattutto se si tiene conto del continuo allungamento della vita. Siamo ben lontani dagli obiettivi, in termini sia di adesioni (il 23% dei lavoratori) sia di contribuzione (in media, 2.250 euro l’anno), nonostante le famiglie italiane continuino a distinguersi per la propensione al risparmio: molto risparmio, ma poca previdenza integrativa. (…) Quanti sono i lavoratori oggi in grado di sapere quanto verrà loro corrisposto in quiescenza? (…) Non bisogna lasciare i giovani nell’illusione di godere di benefici che non esistono più. Non si può tardare nel fornire un’informazione esaustiva e trasparente. (…) Al lavoratore deve essere concessa la più ampia libertà di scelta, finanche l’uscita dal sistema e il ritorno al trattamento di fine rapporto. I fondi pensione devono poter disporre di tutti gli strumenti, anche tipicamente assicurativi, che offrono garanzia e stabilità di rendimento. (…) Assicurazioni, mutue e fondi sanitari sono le soluzioni adatte, ma canalizzano oggi in Italia solo il 15% della spesa sanitaria privata, contro il 46% della Germania e il 65% della Francia. (…) L’assicurazione italiana dedica costante attenzione al mondo delle piccole imprese. Le aziende di piccole dimensioni sono quelle che si assicurano di meno. Ma sono anche quelle che più ne avrebbero bisogno. (…) Un’adeguata copertura assicurativa costituisce, di fatto, un elemento integrativo del capitale societario, e deve poter essere pienamente valorizzata nella valutazione sia del merito creditizio del cliente, sia dell’impegno patrimoniale per la banca. (…) Nel quinquennio 2005-09, si era registrato un calo del premio medio per la Rc auto obbligatoria dell’11,8%. (…) In assenza di interventi (avevamo avvertito che) la pressione dei costi sarebbe divenuta insostenibile, e un aumento dei prezzi inevitabile. Ciò si è, purtroppo, verificato e nel 2010 la raccolta premi è aumentata del 4,5%. (…) Il costo medio dei sinistri è tra i più alti d’Europa e in dieci anni è cresciuto del 45% (anche per la) patologica diffusione delle frodi (e) l’abnorme numero di danni alla persona di lievissima entità, in larga parte di natura speculativa: in alcune province il 40% dei sinistri, rispetto alla media Ue del 10%. (…) Irragionevole e incoerente è il provvedimento che consente alle Province un’ulteriore imposizione, sino al 3,5% del premio, aggravando il già troppo elevato carico fiscale sulla Rc auto. (…) È in dirittura d’arrivo la più importante riforma normativa in campo assicurativo, Solvency II. L’industria assicurativa italiana, insieme alla Vigilanza, ha dedicato massima attenzione alla definizione del progetto. (Gli studi di impatto sono) nel complesso confortanti. Ma (dal nuovo sistema) emerge una forte volatilità. Al mutare di alcune variabili macroeconomiche, la solvibilità può oscillare enormemente. Non è certo un aspetto positivo per un’industria che fa della stabilità uno dei suoi pilastri operativi. In secondo luogo, modificare (le regole) in senso ultra prudenziale significherebbe accrescere ulteriormente gli oneri a carico delle imprese. Sarebbe un grave errore. (…) Avremo, dunque, un ruolo ancor più rilevante e la responsabilità di crescere nel Paese. (La) assumiamo volentieri, perché è fondata sui valori di cui la nostra industria è ricca: fiducia, mutualità, stabilità, prudenza, visione di lungo periodo. * Stralcio della Relazione del presidente all’assemblea dell’Ania. Roma, 5 luglio 2011