Ma l’importo potrebbe lievitare ulteriormente. La relazione tecnica del governo stima in soli 10,4 milioni i correntisti che hanno anche azioni o titoli di Stato. Dubbi del Quirinale sulla proporzionalità del prelievo 

di Andrea Bassi

È di gran lunga la principale voce di entrata della manovra finanziaria firmata da Giulio Tremonti. Un quinto dei 50 miliardi fino ai quali è lievitato (come anticipato da MF-Milano Finanza di mercoledì 29 giugno) il decreto. Dalla patrimoniale sul risparmio il governo conta di incassare da qui al 2014 almeno 8 miliardi di euro.

 

Ma il conto per i risparmiatori italiani rischia di essere anche più salato. L’armonizzazione al 20% dell’aliquota sulle rendite finanziarie prevista dalla legge delega collegata alla Finanziaria, infatti, dovrebbe fruttare altri 1,5-2 miliardi. Il prelievo totale sul risparmio, insomma, rischia di arrivare fino a 10 miliardi. Le principali stime sono contenute nella relazione tecnica al decreto legge trasmesso due giorni fa al capo dello Stato. L’incremento dell’imposta da bollo sui conti-titoli a 120 euro per gli anni 2011 e 2012 e a 150 euro a regime (380 euro per i depositi con valore superiore a 50 mila euro) porterà un incremento di gettito di 721 milioni per l’anno in corso, di 1,3 miliardi per il 2012, di 3,6 miliardi per il 2013, per poi stabilizzarsi a 2,4 miliardi dal 2014 in poi. La novità è che l’imposta sarà applicata immediatamente, a partire dal 1° luglio scorso.

 

Insomma esattamente come era accaduto nel 1992 con il prelievo forzoso del 6 per mille deciso da Giuliano Amato sui conti correnti; varato l’11 luglio, colpì i depositi degli italiani a partire dal 9 luglio. Allora quella misura, assieme all’Isi, la tassa straordinaria sugli immobili (che poi, come spesso succede in Italia, diventò una tassa ordinaria, l’attuale Ici), fruttò alle casse dell’Erario 11.500 miliardi delle vecchie lire, meno di quanto il governo punta di incassare con l’attuale balzello sui conti-titoli. Non solo. Il prelievo di Amato del 6 per mille sui conti correnti aveva anche il vantaggio di essere progressivo; chi aveva depositi più ricchi doveva pagare una cifra più alta. L’aumento del bollo è invece solo in minima parte proporzionale, visto che è fisso a 150 euro fino a 50 mila euro di patrimonio, mentre sale 380 euro per importi superiori a tale soglia. Così per un conto-titoli sul quale fosse, per esempio, depositata soltanto un’obbligazione da 1.000 euro, si pagherebbe una patrimoniale annua del 15% dell’ammontare. La cifra scenderebbe all’1,5% per un deposito del valore di 10 mila euro e allo 0,3% per uno di 50 mila euro. Oltre i 50 mila il prelievo passa a 380 euro. Ciò significa, per esempio, che su un conto titoli del valore di 51.000 euro la patrimoniale peserebbe per lo 0,74%, incidenza che scenderebbe allo 0,38% su un deposito di 100 mila euro e allo 0,038% per uno di 1 milione di euro. Insomma, una proporzionalità all’inverso che fa pagare meno chi è più ricco e molto di più chi ha depositi di importo limitato. La questione sarebbe in queste ore oggetto di valutazione da parte del Quirinale. Il Colle, infatti, effettua un vaglio di costituzionalità della manovra finanziaria e un’imposta (pur se nella forma di bollo) così smaccatamente non proporzionale potrebbe non avere i requisiti di progressività previsti dalla Carta costituzionale.

Cancellare la patrimoniale, però, non è semplice per il governo considerando, come detto, che buona parte della manovra è costruita su questo prelievo. Inoltre le cifre contenute nella relazione tecnica dell’esecutivo rischiano anche di essere sottostimate. Il governo, infatti, non conosce con esattezza quanti sono effettivamente i conti-titoli aperti dai risparmiatori italiani. La relazione tecnica, consegnata anche a Giorgio Napolitano, parla di un’indagine condotta alla fine del 2010 da Eurisko, che aveva stimato in un 26% i correntisti delle banche che disponevano di un conto-titoli. Secondo l’Abi, l’associazione degli istituti di credito italiani, il numero complessivo dei conti correnti è circa 40 milioni. Dunque i conti-titoli sarebbero 10,4 milioni in tutto. In realtà secondo altre stime di origine bancaria, il numero dei conti di deposito titoli oscillerebbe attorno ai 18 milioni. Una numero che, se confermato, potrebbe far salire il conto della patrimoniale fino a 14 miliardi.

 

 

 

Intanto le banche cominciano a fare i conti con quello che potrebbe succedere una volta entrato in vigore il superbollo sui conti-titoli. Secondo un report di Intermonte, non ci sarebbero impatti diretti per le società, ma la notizia negativa potrebbe portare i clienti verso i conti-deposito ad alta remunerazione che beneficeranno di una tassazione al 20% rispetto all’attuale 27%. I correntisti ovviamente dovrebbero anche valutare se gli investimenti incorporano plusvalenze o minusvalenze, nel qual caso potrebbero non avere facilità ad uscire. Stesso discorso vale per chi ha obbligazioni bancarie difficilmente liquidabili. Gli istituti di credito, dal canto loro, potrebbero avere interesse a spingere su altre forme di investimento, come i pronti contro termine, che non necessitano dell’apertura del conto titoli. A beneficiare della norma della manovra, poi, sarà sicuramente Poste Italiane. I buoni del risparmio emessi dalla Cassa depositi e prestiti e collocati dal gruppo guidato da Massimo Sarmi, infatti, possono essere depositati su un semplice (e gratuito) libretto postale. (riproduzione riservata)