VITTORIA PULEDDA
Lavori in corso, a Fonsai e dintorni. Le questioni aperte non sono poche, dal riordino indispensabile delle partecipazioni non strategiche su cui il management dovrà necessariamente lavorare, appena sarà conclusa la fase dell’aumento di capitale allo stesso assetto definitivo del gruppo assicurativo. L’intervento del fondo Amber, in fase di sottoscrizione dei diritti venduti dalla controllata Milano Assicurazioni, è di medio termine ma non è detto che sia di lunghissimo; di sicuro non è industriale, come non lo è del resto nemmeno quello dello stesso Unicredit, con il 6,6%. Ma è probabile che in futuro il gruppo assicurativo che fa capo alla famiglia Ligresti sia un po’ meno legato al settore immobiliare, un po’ meno caratterizzato da operazioni infragruppo e forse anche un pochino meno generoso con i suoi amministratori.
Prendiamo le operazioni infragruppo. Alla fine del primo trimestre 2011, l’incidenza delle attività nei confronti delle parti correlate era pari a circa l’1% dell’attivo; in termini di flussi finanziari netti, si tratta di 41 milioni in uscita, che assorbono il 21,2% circa della liquidità netta derivante dalla gestione operativa del gruppo. Il “peccato originale” per Ligresti è sempre lo stesso, il mattone, che prevede uno schematipo piuttosto semplice: il gruppo Fonsai vende ad Imco (o ad altre società controllate dalla famiglia Ligresti, a monte della catena societaria) un’area edificabile e da questa poi riacquista il “prodotto finito”, a costruzione completata. Così i soci Fonsai si trovano alla fine proprietari di un progetto immobiliare a Milano, in via Confalonieri via de Castillia (Lunetta dell’Isola) per 93,7 milioni di euro, lievitati poi a 99,1 in corso d’opera, mentre per 9,2 milioni di euro residui il gruppo Fonsai diventerà il titolare del Porto a Marina di Loano (la fine lavori è imminente). E tanto per diversificare, c’è anche un progetto a San Pancrazio Parmense: complesso ricettivo alberghiero con annesso centro benessere recita il prospetto per il quale sono già stati versati alla Imco 23,3 milioni e altri 4,9 rappresentano gli impegni futuri. E ancora strutture ricettivoalberghiere, stavolta a Milano, in via Melchiorre Gioia (ma il cantiere «ha subito una fase di arresto» per ritardi nella autorizzazioni amministrative e inagibilità delle aree limitrofe) oltre al Progetto immobiliare a Roma, via Fiorentini, che costerà ancora 8 milioni a fine lavori (per il momento senza data).
Insomma, mattone e alberghi piacciono molto al gruppo, nonostante l’esperienza non certo positiva di Atahotels, che oltre al prezzo di acquisto (dalle società a monte della catena Ligresti) è costata a FonsaiMilano 30 milioni nel 2010 più 26,8 milioni nell’aprile scorso a titolo di ricostituzione del patrimonio netto (negativo) e in conto futuri aumenti di capitale, oltre a versamenti per 10 milioni entro giugno 2011 e altri 10 entro la fine dell’anno.
Anche altre attività non assicurative hanno dato i loro grattacapi ai soci di FonsaiMilano. Ad esempio, BancaSai è costata 14,9 milioni nello scorso aprile, per copertura perdita dell’esercizio 2010; altri 4,5 milioni sono andati a Villa Ragionieri (nel 2010) e 20 milioni sono stati assorbiti da Popolare vita, su cui peraltro la Consob ha avviato approfondimenti, per valutare la correttezza del trattamento contabile dell’avviamento iscritto nel bilancio. Del resto i rapporti con le autorità di vigilanza non scorrono tutti lisci: il gruppo è ancora in attesa delle risultanze dell’ispezione Isvap sulla parte gestionale (dopo quella sulla governance) con particolare riferimento «alle procedure che regolano le principali fasi del ciclo sinistri del ramo rc auto». Nella pagina precedente (delle 25 dedicate nel prospetto ai Fattori di rischio) si dà conto degli accertamenti fiscali: complessivamente, il «rischio potenziale massimo stimato» è di circa 102 milioni (oneri già stanziati nei fondi rischi).
Un quadro complesso, dunque, che a suo modo si riflette nei costi dell’aumento di capitale: 19 milioni su 430 di incasso netto; dunque, il 4,4% di spese contro meno del 2% per l’aumento sostenuto qualche tempo fa da Intesa e un po’ più del 2% pagato invece dal Banco Popolare. Ma questo non significa che i manager Fonsai non siano stati finora ben pagati, anzi. Basti pensare ai 5 milioni di euro portati complessivamente a casa nel 2010 dall’ex amministratore delegato Fausto Marchionni o ai 2,75 milioni incassati da Gioachino Paolo Ligresti (di cui circa un 40% pagato in franchi svizzeri). Ben remunerato anche Vincenzo La Russa, consigliere del gruppo che per la carica e per le prestazioni professionali rese a Fonsai e alle controllate ha incassato nel 2010 ben 477 mila euro (104 mila l’anno prima). Niente a che vedere con gli introiti di Antonio Talarico, che in quanto vice presidente del gruppo e dipendente di Immobiliare lombarda ha incassato 2,25 milioni. Poco meno di quanto guadagna il presidente, Jonella Ligresti, che ha ricevuto dal gruppo 2,5 milioni di euro mentre la sorella Giulia Maria ha preso 810 mila euro. Gli azionisti invece hanno perso a livello consolidato 928,9 milioni nel 2010 e 391,5 nel 2009.