Nessuna previsione in tabella? Mani libere al giudice
di Debora Alberici
La Cassazione rilancia il danno esistenziale. Infatti, al di là del nome, vanno risarciti tutti gli sconvolgimenti della vita subiti in seguito all’incidente e se le tabelle non ne tengono conto il giudice deve personalizzare il risarcimento tenendo conto degli effettivi cambiamenti di vita. Con una sentenza del 30 giugno 2011 (la n. 14402) che farà discutere e che riapre vecchie diatribe sul danno esistenziale fra magistratura e dottrina, la terza sezione civile della Corte di cassazione ha accolto il ricorso di un ragazzo di Brescia che era rimasto gravemente ferito in un incidente stradale, perdendo una gamba e un braccio. Il Tribunale e la Corte d’appello lombardi avevano liquidato al giovane 250 mila euro di danni non patrimoniali (fra biologico e morale). Ma lui ha fatto ricorso in Cassazione chiedendo quasi il doppio. In particolare il ragazzo lamentava che, con un’invalidità così grave, vedeva compromessa la sua vita di relazione, familiare, sentimentale e sessuale. In particolare il giovane era stato costretto a interrompere la sua relazione sentimentale. Non solo. Era tornato a caso con l’anziana madre e vedeva compromessa qualunque realizzazione di tipo professionale. Dunque, secondo la difesa, queste voci di danno non potevano essere ricomprese in quello non patrimoniale tout court, anche perché le tabelle di Brescia applicate non ne facevano menzione. La Cassazione ha accolto questa tesi sancendo prima di tutto l’applicabilità delle tabelle milanesi e poi un nuovo importante principio secondo cui «vanno ristorati anche i c.d. aspetti relazionali propri del danno da perdita del rapporto parentale o del c.d. danno esistenziale, sicché è necessario verificare se i parametri recati dalle tabelle tengano conto (anche) dell’alterazione/cambiamento della personalità del soggetto che si estrinsechi in uno sconvolgimento dell’esistenza, e cioè in (radicali) cambiamenti di vita, dovendo in caso contrario procedersi alla c.d. “personalizzazione”, riconsiderando i parametri recati dalle tabelle in ragione (anche) di siffatto profilo, al fine di debitamente garantire l’integralità del ristoro spettante al danneggiato». Un’affermazione questa che suona come una vera e propria inversione di rotta rispetto a quanto sancito dalla stessa Cassazione con la sentenza n. 26972 del 2008 e secondo cui Il danno esistenziale non esiste come autonoma categoria di danno, rientra i quello non patrimoniale. Quindi, il danno alla vita di relazione andrà risarcito solo se lede interessi costituzionalmente garantiti. Ciò perché il danno non patrimoniale è categoria generale non suscettiva di suddivisione in sottocategorie variamente etichettate. In particolare, non può farsi riferimento ad una generica sottocategoria denominata danno esistenziale perché attraverso questa si finisce per portare anche il danno non patrimoniale nell’atipicità, sia pure attraverso l’individuazione della apparente tipica figura categoriale del danno esistenziale. Di diverso avviso la Procura generale che aveva chiesto al Collegio di respingere tutti i motivi del ricorso.