L’Italia non è la Svezia, proprio no. E forse il sogno della «busta arancione», oracolo sul reddito pensionistico della terza età per tutti gli svedesi, è destinato a rimanere tale per gli italiani: un puro sogno. Si tratta di quella mitica comunicazione che in alcuni paesi – primo fra i quali appunto la Svezia, che utilizza buste arancioni alla bisogna – viene spedita a casa di tutti i lavoratori per informarli periodicamente, di solito una volta all’anno, non soltanto dell’ammontare dei contributi previdenziali da loro versati ma anche di quanto verosimilmente sarà ricca (o povera) la loro pensione al raggiungimento dell’età pensionabile secondo le leggi in vigore e a regime costante di contribuzione.
Ebbene, nonostante l’esplicita promessa fatta a Montecitorio dal ministro del Welfare Maurizio Sacconi in una riposta ad un’interrogazione parlamentare il 22 aprile del 2009, che preannunciava l’invio delle prime buste entro il 2010, e nonostante l’impegno con cui l’Inps si è attrezzato sul piano informatico per elaborare l’enorme massa di dati da gestire alla bisogna_ della spedizione delle fantomatiche buste per ora non si parla più. Cos’è accaduto?
Si sono sommate due cause: una tecnica, l’altra politica. Quella tecnica è presto riassunta: per giungere a una «busta arancione» di qualche serietà, è preliminare il varo dell’estratto conto unificato, capace di accorpare le posizioni contributive che ciascun lavoratore ha accumulato presso i vari enti diversi dei quali è stato contribuente nel corso della sua carriera. Questa riunificazione non è stata ancora attuata da tutti. Quindi il quadro che scaturirebbe da buste arancioni incomplete sarebbe peggio che parziale: sarebbe disguidante.
Ma più di questo fattore pesa un tema squisitamente politico: in un Paese come l’Italia, dove negli ultimi dieci anni l’occupazione giovanile è stata sostenuta in grande prevalenza da contratti a tempo determinato e parasubordinati, in cui l’anzianità media di contribuzione alle gestioni separate dei lavoratori non-dipendenti è di appena cinque anni, che senso ha proiettare a quindici, vent’anni da oggi un’attesa di reddito previdenziale che rischia di risultare miserrima? Un esercizio tanto deprimente, soprattutto per i lavoratori più giovani, da risultare politicamente indigesto, controproducente, sconsigliabile.
Quindi, dell’antica e ottimistica foga del governo s’è persa la traccia. Esiste una sorta di task force che lavora al progetto «busta arancione» (composta da sei enti, tra cui Inps): che prepara un estratto conto integrato per un campione di circa 100mila lavoratori con posizioni contributive frammentate per almeno quattro dei sei enti del panel. Obiettivo dell’esperimento, autunno 2011. Ma insomma: per ora, una prudente esercitazione.
E meno male che intanto l’Inps ha almeno attivato l’estratto conto delle proprie gestioni – 24 milioni di cittadini (20 nelle gestioni ordinarie più 3,5 di parasubordinati). Tutti possono accedere al proprio estratto conto attraverso Internet. Se non altro, ora è possibile sapere a quanto ammontano i contributi versati e capitalizzati fino ad oggi nel corso della propria vita lavorativa. Meglio che niente.