È un brutto segnale per la Russia: le banche occidentali sono in fuga. L’ultimo esempio è quello dell’istituto britannico Hsbc, che ha detto addio al mercato dei clienti privati. Ma a essere insoddisfatte non sono soltanto le banche ma l’insieme del settore finanziario.
Alcune realtà si erano illuse di poter conseguire una buona crescita a Mosca.
Hsbc, con sole cinque succursali, riteneva di poter sviluppare un’attività bancaria al dettaglio attraverso una crescita organica, di succursale in succursale. Ma essa è stata costretta a una dura ascesa. Dal canto loro, realtà come Société Générale e Citibank hanno decine di succursali nel paese.
Una delle ragioni della difficoltà degli stranieri è l’esasperazione della concorrenza da parte dei grandi istituti pubblici russi. Essi dominano già il settore, detenendo il 60% degli attivi e dei depositi della clientela privata. Recentemente hanno deciso di svilupparsi facendo leva sulle acquisizioni.
Quella di ritirarsi è una decisione che, comunque, non fa rima con un abbandono tout court. Infatti le banche straniere continuano a vedere buone possibilità nei servizi alle imprese e nell’attività di investimento, nonostante l’impegno più forte delle realtà pubbliche.
La situazione non è considerata vantaggiosa per la Russia, che ha scelto di favorire il sorgere di campioni nazionali del credito, così grandi da rendere, di fatto, impossibile il loro fallimento. Le banche pubbliche come Vtb e Sberbank, consapevoli di poter fare affidamento sullo Stato in caso di necessità, sono più incitate ad assumersi rischi. Le loro solide reti di relazioni con il potere aumentano, inoltre, il pericolo di una politicizzazione dei prestiti e di una regolamentazione più banda.
Al contrario, secondo gli esperti, gli istituti stranieri potrebbero stimolare la concorrenza e migliorare l’efficienza, contribuendo anche a stabilizzare il sistema. Infatti le filiali dei gruppi internazionali, nei periodi di crisi, tendono ad accedere con più facilità ai finanziamenti globali.