Imprese individuali alle prese con modelli organizzativi, attività di vigilanza e codice etico. Anche le imprese individuali, stando a quanto stabilito dalla sentenza della Cassazione, sezione terza, 15657 del 20 aprile 2011, devono fare i conti con gli adempimenti previsti dal decreto legislativo 231/2001, se vogliono evitare le sanzioni amministrative connesse ai reati d’impresa.
La sentenza della Cassazione ribalta l’unico precedente in materia e sceglie la strada dell’estensione delle disposizioni del dlgs 231/01 anche alle persone fisiche titolari di impresa individuale.
Vediamo di esaminare gli effetti di questo nuovo corso, effetti che comporteranno esborsi: incarico a un consulente e modifiche organizzative e gestionali hanno, comunque, un loro costo.
Peraltro occorre anche una verifica di compatibilità e proporzionalità (meglio sarebbe una riformulazione normativa) degli adempimenti previsti dalla norma rispetto a strutture organizzative piccole e molto spesso embrionali, quali quelle delle imprese individuali.
Stando alla sentenza, anche le imprese individuali dovranno adottare modelli organizzativi e gestionali idonei a prevenire reati: questo significa che si deve stilare almeno un protocollo in cui mettere in evidenza la organizzazione in essere (ad esempio, titolare dell’impresa e personale amministrativo), censire le attività svolte dalle (se esistono) diverse unità organizzative interne e valutare gli elementi di rischio. Non solo. Bisognerà che l’imprenditore predisponga un sistema di monitoraggio e vigilanza sulla corretta esecuzione del modello organizzativo. Negli enti e nelle società si procede anche alla costituzione un organismo di vigilanza.
Pare, peraltro, sproporzionato esigere da una struttura piccola, come l’impresa individuale la costituzione, di un organismo di sorveglianza. Lo stesso dlgs 231/01 si rende conto della necessità di adeguare gli obblighi alle dimensioni del soggetto tenuto e prescrive che negli enti di piccole dimensioni i compiti di monitoraggio sulla vigilanza dei modelli organizzativi possono essere svolti direttamente dall’organo dirigente. Questa regola, a maggior ragione, potrà essere applicata alle imprese individuali, con la possibilità di fare a meno di costituire e remunerare un organismo di sorveglianza.
Il decreto prevede specifici protocolli diretti a programmare la formazione e l’attuazione delle decisioni dell’ente in relazione ai reati da prevenire: anche questo è un adempimento di difficile realizzazione pratica quando è una sola persona a formare e attuare le decisioni di impresa. Altra incombenza è quella di individuare modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee ad impedire la commissione dei reati: ad esempio, nel caso di impresa che oltre al titolare occupa, magari a part-time, una segretaria amministrativa, dovrebbe bastare una lettera di prescrizioni con le cautele da osservare nella contabilità, nei rapporti con la banca e nella gestione della cassa. Se manca l’organismo di controllo non si darà nemmeno luogo all’adempimento di prevedere obblighi di informazione nei confronti dell’organismo deputato a vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli. Ultimo adempimento è quello di stilare un codice disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello: questo presuppone che via sia almeno un dipendente o, comunque, collaboratori cui impartire istruzioni e cui comminare sanzioni.
Gli adempimenti descritti servono a evitare le sanzioni amministrative, che stando alla sentenza della Cassazione, si aggiungono a quelle penali: quindi l’imprenditore è soggetto alle disposizioni penali in quanto persona fisica, e alle sanzioni amministrative del dlgs 231/01, in quanto titolare di una attività di impresa.
Pur sottolineando che questo potrebbe portare a una duplicazione sanzionatoria (di dubbia legittimità) vediamo, ora, le sanzioni amministrative previste dal dlgs 231/2001.
Per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato sono previste sanzioni pecuniarie, interdittive, la confisca e la pubblicazione della sentenza. Le sanzioni interdittive sono le seguenti: interdizione dall’esercizio dell’attività; sospensione o revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito; divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio; esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi; divieto di pubblicizzare beni o servizi. Se sono pesanti le sanzioni pecuniarie, altrettanto e forse ancora di più sono quelle interdittive, che possono comportare l’interruzione temporanea o definitiva dell’attività.
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