Per la previdenza dei ragionieri commercialisti servono scelte su età di pensionamento e anzianità retributiva.
In nome della solidarietà intergenerazionale e per tutelare i giovani, che già dovranno sopportare un calcolo della prestazione più penalizzante perché basato su tutti i redditi della vita lavorativa, è necessario un innalzamento dell’età pensionabile dei ragionieri al compimento del 68° anno di età.
L’Italia è l’unico paese nel quale sono vigenti e operano in modo coordinato meccanismi automatici di adeguamento alla speranza di vita, sia per il calcolo della pensione che per l’età di accesso alla stessa.
Nel rispetto dall’assetto ordinamentale vigente, è necessario muoversi per ragionare sul presente e su possibili linee di intervento per il futuro della previdenza della categoria.
Diverse Casse private hanno approvato riforme volte a stabilizzare i conti, elevando progressivamente l’età di pensionamento.
Nell’ambito di questa riflessione e all’interno di un piano più generale e condiviso di semplificazione delle regole sarà opportuno in particolare verificare la possibilità di definire le linee di azione e i possibili rimedi per fronteggiare, secondo un principio di solidarietà di categoria, le eventuali situazioni di criticità e di squilibrio che dovessero emergere, anche quale conseguenza dei mutati assetti delle professioni e dell’andamento del mercato del lavoro.
Su questa strada la nostra Cassa di previdenza deve fare scelte coraggiose.
L’innalzamento dell’età pensionabile e l’incremento del contributo integrativo fino al 5% (ddl Lo Presti) che si spera affluirà per una parte nel montante individuale degli iscritti, stabilizzerebbe il sistema e ne allungherebbe l’equilibrio nel tempo.
Il tema della previdenza dunque merita un’attenta analisi e un dibattito costruttivo che va esteso necessariamente alle due Casse di previdenza dei dottori commercialisti e degli esperti contabili per le quali oggi l’unica soluzione possibile appare quella dell’unificazione, prevedendo fondi di gestione separati in un unico Ente, con la riduzione delle spese ordinarie di gestione che consentano di poter destinare parte della contribuzione integrativa di ogni soggetto all’aumento della posizione contributiva individuale.