Giovani contro anziani. È lo scontro metaforico (ma non troppo) sulle pensioni: un braccio di ferro tra professionisti (in generale tra lavoratori e pensionati), tra chi è in pensione e chi questa pensione deve finanziare coi propri contributi. Tutto ciò in base all’assodato principio a «ripartizione» per cui chi lavora (giovani) sborsa i soldi che servono a pagare la pensione a chi sta a riposo (anziani), mediante la propria contribuzione.
Un problema, tuttavia, che assilla unicamente i professionisti iscritti a casse di vecchia generazione, perché le nuove casse di previdenza si presentano più solide e soprattutto più «autonome» sotto questo punto di vista (giovani e anziani) in quanto informate al principio della capitalizzazione pura. Con riferimento alle vecchie casse, chi stabilisce le regole del gioco ossia l’importo della pensione e, di conseguenza, quello dei contributi? Queste regole vanno bene per tutti o appagano di più alcuni (anziani/giovani) per scontentare altri (giovani/anziani)? Proviamo a cercare una risposta leggendo i dati di qualche simulazione sui calcoli della pensione degli iscritti alle principali casse professionali.
Le simulazioni. In tabella sono messe a confronto le simulazioni di calcolo della pensione di chi oggi (anno 2011) accede alla pensione e di chi oggi (anno 2011) comincia a lavorare.
In entrambi i casi si ipotizza un periodo di lavoro (e di contribuzione) di 40 anni e un reddito medio (base imponibile contributiva) di 50 mila euro.
In particolare, con un avanzamento di carriera ipotizzato al 3% si parte con un reddito di 25 mila euro a inizio carriera per arrivare a un reddito ante pensione di 120 mila euro.
La simulazione fa intravedere quel «patto» che lega giovani e anziani sulle pensioni: chi oggi sta in pensione, infatti, riceve un assegno mensile pagato da chi oggi comincia a lavorare.
I risultati posti in tabella mettono in rilievo non soltanto i due importi di pensione, quello di chi è già in pensione (anziano) e quello di chi andrà in pensione tra 40 anni (giovane), ma anche i rispettivi «costi» sulle spalle dei lavoratori per costruire le relative pensioni, ossia l’ammontare di contribuzione che i lavoratori hanno sostenuto.
Uno sguardo complessivo. Le simulazioni avvengono su due situazioni analoghe, ma con sistemi di calcolo delle pensioni differenti. Infatti, chi è oggi in pensione (anziano) ha generalmente goduto di una previdenza molto più favorevole rispetto a chi oggi si affaccia al mondo del lavoro (giovane).
I risultati, pertanto, spiegano pure che modifiche ci sono state: se, insomma, si è trattato di riforme punitive o piuttosto di riforme premianti.
In uno sguardo d’insieme, ad eccezione dei «contabili» (dottori commercialisti e ragionieri commercialisti), tutte le situazioni evidenziano un miglioramento degli assegni di pensione per i giovani (rispetto agli anziani).
Miglioramento, va precisato, accompagnato comunque dalla previsione di una contribuzione più cara (rispetto agli anziani).
Il più delle volte, però, il di più pagato in contributi non appare rendere, in proporzione, migliore (più pesante) l’importo della pensione. In sostanza, dunque, si evidenzia che i giovani «pagano» più contributi degli anziani.
Il di più rappresenta un «costo» sopportato unicamente per sostenere le pensioni degli anziani; infatti, se per esempio un anziano ragioniere incassa oggi 32 di pensione avendo pagato 100 di contributi, il giovane ragioniere per avere la stessa pensione (di 32) dovrà pagare 160.
Ingegneri e architetti. Vincono gli anziani. A ben vedere, infatti, anche se la copertura pensionistica (il cosiddetto tasso di sostituzione che misura la pensione in misura percentuale rispetto all’ultimo reddito) cresce per i giovani, in effetti questo miglioramento del 13% è pagato da quasi il raddoppio della contribuzione (più 82%). Come dire, l’anziano ha pagato 100 di contributi per ricevere oggi 50; il giovane paga oggi 180 per ricevere 60.
Avvocati. Vincono anche qui gli anziani; ma la situazione appare più equilibrata. Anche in questo caso, infatti, la copertura pensionistica (tasso di sostituzione) cresce per i giovani e questo miglioramento del 9% viene pagato da un 27% in più della contribuzione. L’anziano ha pagato 100 di contributi per ricevere oggi 45; il giovane paga oggi 130 per ricevere 50.
Dottori commercialisti. Qui la vittoria degli anziani è doppia con una pensione più alta e una maggiorazione dei contributi a carico dei giovani. In altre parole, per i giovani scende sia la copertura pensionistica (tasso di sostituzione) che passa dal 35% (l’anziano di oggi) al 25% (tra 40 anni) e cresce pure l’onere contributivo del 26%. In definitiva, l’anziano ha pagato 100 di contributi per ricevere oggi 35; il giovane paga oggi 130 per ricevere 25.
Ragionieri commercialisti. Stessa situazione dei cugini dottori commercialisti; anzi peggio. Anche qui, infatti, la vittoria degli anziani è doppia con una pensione più alta e una maggiorazione dei contributi a carico dei giovani. Per i giovani la copertura pensionistica (tasso di sostituzione) passa dal 33% (l’anziano di oggi) al 17% (tra 40 anni) e cresce l’onere contributivo del 16%. In definitiva, l’anziano ha pagato 100 di contributi per ricevere oggi 33; il giovane paga oggi 116 per ricevere 17.
Consulenti del lavoro. Vincono i giovani. Pagano più contributi, ma avranno una pensione più pesante. Per i giovani, infatti, la copertura pensionistica (tasso di sostituzione) passa dal 15% (l’anziano di oggi) al 32% tra 40 anni con un miglioramento del 124%. Cresce anche l’onere contributivo del 24%. In definitiva, l’anziano ha pagato 100 di contributi per ricevere oggi 15; il giovane paga oggi 124 per ricevere 32.
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