Selezione di notizie assicurative da quotidiani nazionali ed internazionali

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Mediazione ai tempi supplementari e sempre più digitale: diventa, infatti, rinviabile a piacimento (di tre mesi in tre mesi) il termine (già di per sé raddoppiato a sei mesi) di conclusione della procedura di risoluzione delle liti alternativa alle aule di giustizia. E si spalancano le porte alla partecipazione a distanza a mezzo di collegamento audio-video. Sono questi i profili di maggiore spicco del decreto legislativo, approvato in via definitiva dal consiglio dei ministri del 9 dicembre 2024, recante disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo n. 149/2022, in materia di mediazione civile e commerciale e di negoziazione assistita da avvocati.
Perdonata l’assenza dopo il primo incontro di mediazione. Per effetto del decreto legislativo correttivo in materia di mediazioni approvato dal governo il 9 dicembre 2024, vengono limitati i danni a carico di chi è stato assente davanti al mediatore.  Il decreto legislativo in commento, dunque, interviene sulle conseguenze processuali della mancata partecipazione alla mediazione, circoscrivendo l’effetto negativo che, nel testo vigente del dlgs 28/2010, è riferito in maniera ampia e generale alla mancata partecipazione alla mediazione. Oltre a questo chiarimento, il dlgs correttivo interviene a revisionare in più parti sia il procedimento di mediazione sia la negoziazione assistita dagli avvocati.
Famiglie abbandonate al fai-da-te sui compiti di assistenza ad anziani e non autosufficienti. Le possibilità di fare incontrare domanda e offerta di cura è scarsa ed è solo grazie ai tentativi, ai progetti e alle iniziative di regioni e comuni che si crea, non senza fatica e con risultati solo parziali, qualche ponte con la rete pubblica dei servizi superando la logica dei binari paralleli. I centri per l’impiego sono i grandi assenti, non abituati a muoversi in contesti diversi da quello del mondo produttivo, per trattare, cioè le famiglie e non le imprese come “datori di lavoro”. Pesa, infine, la sotto-dotazione di personale degli uffici. I Jobcentre Plus, in Inghilterra, per esempio, sono 750 con circa 70.000 operatori; i centri per l’impiego in Italia sono 540 con 14.000 addetti. A evidenziarlo è il quarto report Fidaldo (Federazione italiana datori di lavoro domestico) sul lavoro domestico.
Chi è iscritto alla previdenza integrativa e non è riuscito a dedurre in dichiarazione dei redditi (sul 730 o Redditi), per una qualunque ragione, in tutto o in parte i contributi versati al fondo pensione o alla compagnia di assicurazione, può segnalarlo al fine di ottenere uno sconto sulle tasse. Infatti, se comunica al fondo pensione o alla compagnia di assicurazione i contributi non indicati nella dichiarazione dei redditi, si garantisce la riduzione fiscale sulla futura pensione integrativa. In altre parole, lo sconto fiscale non ricevuto in dichiarazione dei redditi (sotto forma di deduzione fiscale) si traduce in sconto fiscale sulla futura pensione integrativa. La comunicazione va fatta dal diretto interessato (cioè l’iscritto alla previdenza integrativa) entro il prossimo 31 dicembre e riguarda i contributi versati nel corso dell’anno 2023.
In caso di infiltrazioni di acqua piovana dal terrazzo, se non è più possibile abitare nell’immobile, concederlo in locazione o venderlo a prezzi di mercato, la prova dei danni può essere fornita anche tramite presunzioni. Cioè senza una prova concreta, ma mediante il richiamo alle nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza. Lo ha chiarito la seconda sezione civile della Corte di cassazione con la recente sentenza n. 30791, pubblicata lo scorso 2 dicembre 2024.
Nei contesti lavorativi in cui la contrattazione di secondo livello è poco diffusa, gli enti bilaterali assumono un ruolo fondamentale nella fornitura di misure di welfare in favore dei dipendenti delle imprese. I lavoratori possono, infatti, beneficiare di un supporto mirato che include anche aiuti per l’istruzione dei figli e interventi di sostegno al reddito in situazioni di difficoltà. A rilevarlo sono i contenuti del settimo rapporto sul welfare occupazionale e aziendale in Italia, curato dalla Scuola di Alta Formazione in Relazioni Industriali e di Lavoro di Adapt, in collaborazione con Intesa Sanpaolo, studio che analizza le nuove dinamiche del welfare aziendale e le sfide che le imprese e i lavoratori devono affrontare nel contesto economico attuale.

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Alcuni avevano obiettato a Mario Draghi di aver centrato il suo Rapporto sulla competitività dell’Europa tutto sulla (bassa) produttività, dimenticando i (bassi) salari. Ieri a Parigi, al simposio annuale del Centre for Economic Policy Research (Cepr), l’ex presidente della Bce ha spiegato che le buste paga sono – eccome – parte del problema, ma un problema più ampio. È il modello di crescita che l’Europa ha seguito negli ultimi anni, dopo la doppia crisi finanziaria e dei debiti sovrani, molto basato sulle esportazioni e molto poco sulla domanda interna e gli investimenti. Una strada che i politici hanno perseguito «tollerando una bassa crescita dei salari come mezzo per aumentare la competitività internazionale». Ma che ora, con la Cina che non tira più e Trump che minaccia ogni Paese in surplus commerciale, «non è più sostenibile».
Due petroliere russe sono state travolte da una tempesta nello stretto di Kerch, tra la Russia continentale e la Crimea ucraina unilateralmente annessa da Mosca nel 2014. L’incidente ha provocato la morte di un marinaio e una perdita di carburante in mare che fa temere undisastro ambientale. Due rimorchiatori e due elicotteri sono stati inviati, ma per una delle due navi, la Volgoneft-212, lunga 136 metri, non c’è stato nulla da fare: si è spaccata in due ed è affondata.

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La nuova tornata di fusioni in Europa si basa su paradigmi e regole nuovi, incardinati sul rapporto tra banche e assicurazioni e alle connesse “fabbriche prodotto”, comuni a tutti i dossier. Di fatto è un ritorno alla banca universale, voluto dai regolatori e palese nelle nozze Bnp Paribas- Axa Im, nell’Opa Banco Bpm su Anima con replica di Crédit Agricole, nel negoziato Generali-Natixis, nelle mire paneuropee di Unicredit e di Intesa Sanpaolo.
“La force tranquille”. Lo slogan coniato da quel genio della comunicazione di Jaques Séguéla 35 anni fa e che valse a François Mitterand la vittoria alle presidenziali francesi, potrebbe essere anche il motto dell’altrettanto francese Crédit Agricole nella sua campagna d’Italia. Una campagna di lunghissimo corso, condotta quasi sempre in punta di piedi, ma che alla fine ha portato il gruppo guidato nel nostro Paese da Giampiero Maioli, a collocarsi al terzo posto, dietro i colossi Intesa Sanpaolo e Unicredit, per sportelli e raccolta dai circa 6 milioni di clienti. È da questa posizione, rafforzata anche dalla quota del 15,1% in Banco Bpm, con la possibilità di salire fino al 20%, che l’Agricole tratterà con Unicredit, consolidando una tradizione che vuole l’istituto attivo nel nostro risiko bancario.
Occorre un cambio culturale; l’inclinazione al risparmio delle famiglie italiane non è ancora funzionale a preservare gli investimenti nel lungo periodo né può aiutare efficacemente come potrebbe la crescita e la competitività dei mercati finanziari. Sono ostacoli anche comportamentali quelli che incidono sulla capacità di trasformazione della liquidità delle famiglie in portafogli finanziari non esposti a congiunture di breve periodo e che potrebbero invece supportare ben più i nuovi obiettivi europei legati alla transizione ambientale e digitale.
Secondo l’ultima indagine Ocse- Pisa, i giovani italiani hanno competenze finanziarie al di sotto della media, con enormi differenze a livello territoriale, che vedono soprattutto il Mezzogiorno, e in parte anche il Centro, indietro rispetto al Nord. Inoltre, si ampliano le differenze di genere: i ragazzi superano le ragazze di venti punti percentuali nell’alfabetizzazione finanziaria, un divario aumentato rispetto agli otto punti del 2012. Secondo l’indagine della Banca d’Italia sul livello di alfabetizzazione finanziaria degli adulti, le donne mostrano una minore conoscenza della propria situazione economica e degli strumenti a loro disposizione per gestirla: hanno una minore abitudine a tenere traccia delle proprie spese attraverso la costruzione di un budget; dichiarano di decidere le spese legate alla quotidianità più degli uomini, ma si occupano meno degli aspetti finanziari generali, pur dimostrandosi più sensibili all’idea di risparmio per fronteggiare imprevisti. Alla base di queste evidenze ci sono ragioni di carattere culturale e abitudini consolidate.
C’è un universo parallelo che supporta e integra lo stato sociale. È il mondo del welfare aziendale, inteso come l’insieme di beni, prestazioni o servizi che le aziende, d’intesa con i sindacati oppure di propria iniziativa, possono riconoscere ai dipendenti per migliorare la loro vita privata e lavorativa. Parliamo di benefici integrativi rispetto al welfare pubblico che, dopo la spinta fiscale della legge di bilancio del 2016 e successi nove interventi legislativi, si sono estesi a macchia d’olio a livello nazionale. Il settore oggi vale 3,3 miliardi di euro e promette di crescere nei prossimi anni. Per contro la sostenibilità del welfare italiano è a rischio per lo sbilanciamento verso la spesa previdenziale
Quando un nuovo ingegnere si iscrive all’albo professionale nasce l’esigenza di una polizza assicurativa e la prima compagnia che si presenta con un’offerta su misura ha ottime probabilità di riuscire a venderla. Per battere la concorrenza sultempo la tecnologia può essere di grandissimo aiuto: da un alto l’accesso alle banche dati segnala automaticamente ogni nuovo iscritto, mentre dall’altro il machine learning è in grado di formulare il contratto con le coperture e i massimali adeguate per età, specializzazione e luogo di lavoro. Ad adottare questo innovativo approccio basato sulla tecnologia è Revo che, grazie ad esso, è passata dai 70 milioni di raccolta premi del 2021 agli oltre 216 dei primi 9 mesi di quest’anno, valore in crescita del 45% rispetto allo stesso periodo del 2023 (nello stesso periodo di tempo l’utile è balzato del 58%). «Siamo partiti tre anni fa come una compagnia monoramo (Revo nasce dalla fusione con Elba Assicurazioni, ndr) e oggi siamo diventati un punto di riferimento per tutte le esigenze assicurative di Pmi e professionisti. Siamo cresciuti sia come raccolta premi che di offerta di prodotto grazie all’utilizzo della tecnologia che, nella nostra compagnia, trova impiego in ogni fase del processo assicurativo », spiega Fabio De Ferrari, chief operating officer di Revo Insurance .

Alessandro Foti, milanese, classe 1960, si era laureato con lode in Bocconi nell’84. Inizialmente, dopo una breve parentesi in Ibm, dove viene a contatto con il virus informatico, lavora alla direzione finanza della Montedison, Foro Buonaparte, a Milano. Chimica e numeri, tutto molto old economy. Poi, ricevette una telefonata e tutto cambiò. Chiamavano da Brescia. Lì, il finanziere Emilio Gnutti aveva fondato addirittura nel 1979 Fin-Eco, una società che si occupava di leasing e factoring e che in un decennio divenne leader sul mercato italiano. All’inizio degli anni Novanta Fin-Eco diviene parte della Banca popolare di Brescia, la Bipop nata dalla fusione delle popolari di Lumezzane e Palazzolo, che a fine decennio si unirà con la Cassa di risparmio di Reggio Emilia dando vita a Bipop Carire. È qui che l’attuale Fineco germoglia.
Fare i conti con l’Agricole. Da quando una decina di giorni fa la grande banca francese è cresciuta nel capitale del Banco Bpm dal 9,9 per cento ad oltre il 15 per cento con l’intenzione di portarsi fino a ridosso di un quinto del capitale, l’obiettivo principale, ma non dichiarato, di Andrea Orcel, amministratore delegato del gruppo Unicredit, sono i francesi. Per certi versi, se Orcel ha intenzione di andare fino in fondo, la recente mossa di Philippe Brassac, stimata complessivamente 1,2 miliardi di euro di controvalore, semplifica, anziché complicare, la vita a Unicredit. Certo, bisognerà pagare. Il premio inizialmente annunciato pari allo 0,5 per cento sui valori precedenti l’offerta e confermato venerdì 13 dicembre quando Unicredit ha presentato la proposta ufficiale in Consob non rappresenta, agli occhi dei francesi, una proposta da prendere in considerazione. L’asticella va alzata. E le tattiche difensive da parte dello schieramento guidato da Giuseppe Castagna ben calibrate, altrimenti c’è il rischio che in un sol boccone, Orcel porti dentro la torre di piazza Gae Aulenti anche il risparmio gestito di Anima e un pezzo consistente del Monte dei Paschi di Siena.
Il risiko del risparmio? Necessario per creare economie di scala. I mercati? Ora sia le azioni che i bond offrono valore. L’innovazione? Fondamentale. Dopo la riorganizzazione e l’accordo in Grecia, Eurizon Capital sgr monitora il mercato alla ricerca di altre opportunità: Maria Luisa Gota, amministratore delegato della fabbrica dei fondi di Intesa Sanpaolo, racconta i piani della società che sarà centro di riferimento per le gestioni collettive del gruppo guidato da Carlo Messina, che oggi guarda dall’esterno i nuovi movimenti sul mercato del credito.
Matrimonio tra gestori, un affare da 61mila mld. E’ il valore mondiale dell’industria dove anche in Italia è partita la corsa alle aggregazioni. Mentre Generali tratta per Natixis si muovono anche le sgr medio-piccole e si preparano ad entrare in campo i fondi di private equity
«Legga qui cosa ha scritto Mario Draghi nel Rapporto che dovrebbe tracciare il programma di legislatura in Europa: “L’Unione europea deve incanalare meglio i risparmi delle famiglie verso investimenti produttivi. Il modo più semplice ed efficiente per farlo è attraverso prodotti di risparmio a lungo termine (pensioni). Per aumentare il flusso di fondi nei mercati dei capitali l’Unione dovrebbe incoraggiare gli investitori al dettaglio attraverso l’offerta di schemi pensionistici del secondo pilastro, replicando gli esempi di successo di alcuni Stati membri dell’Unione”. Serve altro per raccontarci che il risparmio gestito è una delle risorse più importanti, in Europa e tanto più in Italia?». Prende le mosse da una delle raccomandazioni del Rapporto Draghi, nel capitolo dedicato alla mobilitazione dei finanziamenti pubblici e privati su larga scala, corollario dei “famosi” 750-800 miliardi l’anno di investimenti aggiuntivi necessari per cambiare passo, il colloquio con Massimo Ferrari, oggi direttore generale e group chief financial officer di Webuild e consigliere in Cairo Communication e e CairoRcs Media, editore del Corriere.
L’anno borsistico 2024 si avvia a chiudere con un trionfo di Wall Street, e in particolare il tech, con il Nasdaq sui massimi di sempre. Ma non hanno sfigurato neanche le aziende europee: si sono distinti in particolare una ventina di titoli a larga capitalizzazione, con performance notevoli, e che hanno messo in evidenza settori come l’industria, la moda e soprattutto il bancario e l’assicurativo, differenziandosi rispetto al trend statunitense. E in questo contesto, un’analisi condotta da L’Economia del Corriere sui titoli dell’indice Stoxx 600, evidenzia come alcune società italiane si posizionino ai vertici in termini di crescita, confermando la vitalità delle realtà finanziarie e industriali del nostro Paese, terzo mercato azionario per performance in Europa con un balzo del 14%, quasi il doppio dello Stoxx 600.
Nel 2024 è cresciuto l’interesse degli italiani per la finanza. La complessità dei mercati finanziari, le incertezze economiche e le tensioni geopolitiche, hanno portato i risparmiatori a voler c0lmare le proprie lacune, anche se gli strumenti per approfondire la materia vengono ritenuti poco adeguati. È quanto emerge dalla quarta edizione del sondaggio realizzato da Pictet Asset Management sotto la direzione di Nicola Ronchetti, fondatore e ceo di Finer Finance Explorer, istituto di ricerca specializzato in ambito finanziario.

Più di uno su tre (il 35%) del totale dei liberi professionisti in pensione continua a lavorare anche mentre riceve l’assegno di quiescenza. Ma se si guarda ad avvocati, commercialisti, architetti e ingegneri ben più della metà di chi percepisce l’assegno continua a lavorare. A raccontare con dati e analisi dettagliate il fenomeno della “silver economy” è il XIV rapporto Adepp sulla previdenza privata, presentato a Roma la scorsa settimana
Operativo già dal 13 dicembre, il Regolamento Ue 2023/988 arriva in un momento in cui i marketplace fervono in vista del Natale. Pur non investendo nello specifico i giocattoli, perché non riguarda i prodotti che hanno già una normativa di riferimento in materia (come anche il food o il sanitario), la normativa introduce un concetto di sicurezza molto ampio facendo riferimento alla definizione di salute data dall’Organizzazione mondiale della sanità che tiene conto non solo del benessere fisico, ma anche psicologico e sociale. Tra le numerose novità ci sono l’esigenza di etichette più chiare e dettagliate, l’attenzione alla cybersecurity per i prodotti tecnologici e ai rischi combinati.
Dal calo di produzione alle ore di cassa integrazione richieste dalle aziende per lo più quelle del tessile e della meccanica. Dalle disuguaglianze reddituali alle mensilità di stipendio necessarie per comprare casa, entrambe in aumento nelle grandi città. Dalle aree a rischio frana o alluvione al tempo medio di percorrenza per raggiungere i servizi essenziali (stazioni, ospedali e scuole). Questi sono solo alcuni dei 90 indicatori della Qualità della vita 2024, selezionati dalla redazione e riferiti alle 107 province italiane, che cercano di fotografare l’attualità più recente e i fenomeni più complessi che stanno cambiando il nostro Paese. Ogni anno la scelta degli indicatori che compongono la classifica viene guidata dalla volontà di raccontare il presente. Per questo ben 27 parametri utilizzati quest’anno sono differenti da quelli usati nel 2023, nell’intento di trovare statistiche più aggiornate e capaci di raccontare al meglio l’anno appena trascorso.
Di dimensioni medio-piccole e collocate al Nord. Sono le province che dominano il settore «Ricchezza e consumi», con cui si avvia – come sempre – l’indagine sulla Qualità della vita. Sono settentrionali tutte le prime 27 della graduatoria. Biella, seguita dalle lombarde Lecco e Cremona, e da un’altra piemontese, Novara, comanda il plotone delle 107 province. Finendo solo una volta oltre la fascia mediana della classifica (è 78ª sul trend del Pil pro capite) e occupando tre volte il podio: “oro” per la scarsa incidenza di pensioni di basso importo (il 5,1 per cento), “argento” nelle spese delle famiglie per il consumo di beni durevoli – qui Modena si conferma prima – e nell’indice di inflazione generale, battuta di un soffio di Aosta. Sette i territori che vantano un segno negativo.
Furti e scippi penalizzano tutte le grandi città su cui pesa la presenza di turisti. Quest’anno è proprio Ascoli a classificarsi al primo posto. La provincia marchigiana sale otto posizioni e si afferma soprattutto grazie a una notevole regolarità: su 15 parametri, solo una volta finisce nella seconda metà della classifica (per la durata media dei procedimenti civili, dove prevale Gorizia), mentre è prima – alla pari con altre 15 province – perché l’anno scorso non ha dovuto registrare omicidi volontari, ed è quarta per la scarsa incidenza di “altri delitti mortali”, per esempio gli omicidi colposi, del tutto assenti solo ad Aosta e Sondrio.