Quasi il 60% delle famiglie italiane ritiene il proprio reddito inadeguato rispetto alle necessità primarie. Il welfare in Italia è ‘fai da te’: il 58% trova sostegno nella rete familiare, solo il 29% nei servizi pubblici. Inoltre, 1 famiglia su 6 ha responsabilità di cura verso familiari non autosufficienti mentre solo 1 famiglia su 10 non riuscirebbe ad affrontare la nascita di un figlio. Al contempo cresce il disagio psicologico giovanile.
Lo rileva l’Osservatorio Sguardi Familiari di Nomisma.
L’inflazione sembra essersi assestata al di sotto del 2% e l’occupazione è cresciuta fino ad attestarsi al 62,5%, ampliando la platea di lavoratrici e lavoratori stabili e contribuendo a ridurre quella dei disoccupati. Nonostante queste note positive, ben oltre la metà delle famiglie italiane (59%) considera inadeguato il proprio reddito.
Nello specifico, lo studio di Nomisma rileva che a un 15% di famiglie che giudicano il proprio reddito insufficiente per far fronte alle necessità primarie, si somma un altro 44% di famiglie che valuta le proprie entrate appena sufficienti per arrivare a fine mese. Tra queste, a denunciare la sproporzione tra redditi e costo della vita è il 62%, a cui si aggiungono le famiglie (1 su 5) che accusano spese per la casa particolarmente elevate. Nel complesso, tale quota copre oltre l’80% delle famiglie in difficoltà (percentuale in crescita di 3 punti rispetto alla scorsa rilevazione). Al contempo, diminuiscono dal 10% all’8% le famiglie che denunciano difficoltà lavorative come elemento determinante della condizione di insufficienza del reddito.
La perdita di potere d’acquisto sta determinando rinunce rilevanti da parte delle famiglie.
L’85% delle famiglie ha tagliato le spese per il tempo libero, il 72% ha ridotto i consumi culturali, il 67% le attività sportive e ben 1 famiglia su 2 ha dovuto ridurre le spese sanitarie, il 28% ha tagliato sulle spese per l’istruzione.
Al contempo, 1 famiglia su 10 dichiara che non potrebbe far fronte economicamente alla nascita di un figlio e 1 famiglia su 6 non riuscirebbe ad affrontare la perdita di autonomia di un proprio componente, tanto che il 60% degli intervistati ritiene che alla base del calo nelle nascite ci siano questioni di natura economica.
Particolarmente rappresentate per le rinunce più gravose risultano le cosiddette famiglie sandwich, strette tra la cura dei figli piccoli e dei genitori anziani. Ben il 70% delle famiglie che tagliano sulle spese sanitarie sono famiglie sandwich, seguite poi, con ampie sovrapposizioni, dai genitori soli con figli (60%) e dalle famiglie meridionali (60%), ad indicare ambiti sociali caratterizzati da elevata fragilità.
In un Paese in cui per ragioni demografiche l’indice di dipendenza strutturale cresce di anno in anno, il 16% delle famiglie ha responsabilità di cura verso familiari non autosufficienti, tra le quali il 6% ha anziani non autosufficienti all’interno del nucleo familiare.
Secondo Nomisma, le prospettive non migliorano guardando ai prossimi 12 mesi, se poco più di 1 famiglia su 10 confida in un miglioramento della propria situazione economica, a fronte di una 1 su 3 che teme, invece, un deterioramento rispetto alle condizioni attuali.
Nello scenario attuale, assistiamo ad un welfare sempre più fai da te, tanto che il 58% degli intervistati dichiara di trovare il principale supporto nella rete familiare, mentre solo il 29% dichiara di ricevere supporto dai servizi sociali pubblici messi a disposizione dal territorio. Solo il 12% degli intervistati dichiara di trovare un supporto sostanziale in azienda.
È riconosciuto dalla stessa quota di intervistati il ruolo dalla Caritas, che da sola fornisce lo stesso supporto dell’intero mondo dell’impresa. Il che mette in discussione la capacità dei piani di welfare aziendale di rispondere davvero ai bisogni emergenti e spiega la carenza di attrattività e di affezione al lavoro. Si riscontra, invece, una maggiore capacità di supporto da parte delle banche (26%).