Uno studio Inail svoltosi nel triennio recente ha esaminato l’influenza e l’importanza che il
fattore umano può avere nell’ambito di una corretta ed efficace gestione della salute e sicurezza in edilizia, sulla base di due descrittori ritenuti particolarmente significativi: la “percezione del rischio” e il “time management”.

A tale scopo sono stati realizzati dei questionari e delle interviste somministrati a circa 300 lavoratori di micro e piccole imprese del settore edile di Roma e provincia.

L’edilizia risulta ancora oggi infatti uno dei settori lavorativi dove gli indici di frequenza degli infortuni e il numero assoluto di incidenti mortali sono più elevati. Inoltre, in questi ultimi anni il settore edile ha subito un processo di grande trasformazione, sia dal punto di vista dei lavoratori (calo dell’occupazione, maggiore diffusione di forme di lavoro atipico), sia per quanto concerne l’ambito procedurale (svolgere le proprie mansioni con maggiore velocità per poter portare a termine più lavori possibili).

La percezione del rischio è soggettiva: decidiamo di affrontare o evitare la situazione di rischio in modo personale in base alle variabili anagrafiche, esperienziali e socioculturali. Ogni nostra attività quotidiana è basata sulla percezione che noi abbiamo del rischio ed è il frutto di una sua conscia (o inconscia) valutazione. Pertanto, la percezione individuale del rischio si può inquadrare secondo i seguenti presupposti:
• è influenzata da abitudini ed esperienze pregresse: l’individuo tende a sottovalutare
i rischi connessi alle abitudini di lavoro (es. il mancato utilizzo di DPI), i rischi che si
presentano quotidianamente e quelli ritenuti a bassa probabilità (es. crollo del ponteggio);
• varia in rapporto all’accettabilità collettiva del rischio, che si modifica nel tempo, nei luoghi, nei gruppi di lavoro, nelle culture e in rapporto ai valori personali, all’età, al sesso.

Così come la percezione assume un quadro piuttosto complesso a seconda dei fattori che
intervengono sulla persona, la propensione al rischio decresce se gli eventi sono ritenuti
incontrollabili dal soggetto e dipendenti da forze e avvenimenti esterni, mentre cresce se gli eventi sono ritenuti controllabili dal soggetto anche se dipendenti da forze esterne. Su queste premesse sono state considerate alcune variabili di tipo individuale, come gli atteggiamenti verso la sicurezza, e di tipo sociale, come il supporto dei colleghi, per valutare la loro influenza sul verificarsi di eventi infortunistici.

Nel complesso, l’analisi dei questionari e delle interviste fa emergere come la gestione del
tempo per i lavoratori del campione, risulti sostanzialmente accettabile: una buona
programmazione del lavoro determina una scarsa presenza di imprevisti. Oltre l’80% del campione ritiene, inoltre, di avere a disposizione supporti operativi adeguati grazie ai quali i processi di lavoro risultano più gestibili e controllabili.

Tuttavia, alcuni dati ci restituiscono un quadro che merita una riflessione in ambito di
percezione del rischio: la maggior parte dei lavoratori ritiene di avere tempi stretti per la
realizzazione dell’opera e dichiara di dover svolgere più compiti in contemporanea per rispettare i tempi di consegna dei lavori. Un ulteriore dato che desta attenzione riguarda la valutazione non costante e sistematica delle cause che generano ritardi: questo solitamente non permette di affrontare correttamente una successiva pianificazione, al fine di ottimizzare i tempi e abbassare il livello di rischio nello svolgere le proprie operazioni.

L’analisi anagrafica fa emergere che il 68% di coloro che ha risposto ha oltre 41 anni. Il fattore età diventa un determinante importante, che può condizionare le capacità lavorative, soprattutto in un settore di attività ad alto rischio infortunistico come quello
edile, caratterizzato da compiti che comportano uso di attrezzi, lavori in altezza, movimentazione manuale di carichi.

Non può non essere oggetto di riflessione – per il peso che può avere sui carichi di lavoro e sull’affaticamento – il fattore “multitasking” segnalato dagli operatori, ovvero tutte quelle
attività e compiti che l’operatore svolge contemporaneamente ad altre attività. Ciò comporta l’impiego di maggiori risorse cognitive rispetto a quelle solitamente impiegate, incrementando di conseguenza il carico di lavoro mentale complessivo sopportato quotidianamente dai lavoratori. I problemi di interruzione del flusso di lavoro e delle distrazioni che ne possono derivare costituiscono un altro elemento che può influire negativamente sulla performance lavorativa, determinando non solo possibili rischi di infortunio, ma anche uno spreco di tempo e conseguente frustrazione nei lavoratori.

Occorrerebbe dunque individuare precise strategie di age management per contenere il più
possibile gli effetti negativi dell’invecchiamento e valorizzare le competenze che si incrementano in quantità e qualità con l’esperienza, nonché investire sull’implementazione di corrette strategie cognitive per prevenire gli effetti negativi del multitasking e delle interruzioni. Si potrebbe ad esempio, pensare di avvalersi di un regolare utilizzo di check-list, dell’inserimento di strumenti di alert che facilitino il controllo sui processi di lavoro nelle loro fasi cruciali, di una suddivisione del lavoro e dei compiti che tenga conto dei tempi effettivi necessari all’attività stessa e non solamente dei tempi lineari.

Un altro aspetto interessante emerso è che le procedure e i piani di realizzazione delle opere sono percepiti più realistici dai lavoratori delle imprese di più piccole dimensioni (fino a 5 dipendenti). Ciò consentirebbe di ipotizzare che la maggiore facilità nell’instaurare relazioni collaborative consente ai lavoratori delle piccole imprese di godere di alcuni vantaggi derivanti probabilmente dalla facilità di incontrarsi quotidianamente per poter pianificare al meglio il lavoro da svolgere. Tuttavia, proprio le piccole dimensioni rendono difficile rilevare le forme e i meccanismi con cui si esplicano effettivamente le strategie organizzative che consentono alla piccola impresa di gestire in modo organico le diverse situazioni. Emerge comunque che l’introduzione di forme di scambio e confronto tra datore di lavoro e lavoratori, nonché tra i lavoratori stessi (riunioni, discussioni di squadra, ecc.), può contribuire a individuare gli aspetti più problematici, a ottenere suggerimenti utili per una migliore gestione del cantiere e a ottenere una maggiore collaborazione fra colleghi.

L’altro elemento considerato, il “time management”, riguarda alcuni aspetti specifici della
gestione del tempo. Le risposte del campione sugli strumenti, come ad esempio la lista dei compiti, appaiono variegate, delineando che l’uso di questi strumenti non sia una cosa strutturata ma delegata alla volontà del singolo. È emersa quindi in modo chiaro l’importanza di stimolare nei lavoratori la consapevolezza rispetto ai vantaggi che una gestione del tempo efficace potrebbe dare loro, con conseguenti vantaggi anche per l’impresa.

Una proposta interessante potrebbe consistere nella sistematizzazione degli strumenti
utilizzati in questo studio e nella diffusione durante percorsi formativi, per favorire lo scambio reciproco tra i lavoratori riguardo alla percezione del rischio e alla gestione del tempo, nel contesto operativo della propria specifica realtà lavorativa.

Inoltre, la raccolta e l’analisi strutturata di dati riguardanti le aree analizzate e le loro
intersezioni con i tratti anagrafici dei partecipanti, potrebbe garantire un’ampia panoramica
sull’andamento del settore delle costruzioni e su come i lavoratori lo percepiscono, fornendo così un’ulteriore possibilità di proporre azioni migliorative per garantire un crescente livello di sicurezza.

Fonte: Dati Inail