Chi fa oggi il suo ingresso nel mercato del lavoro italiano andrà in pensione a 71 anni, mentre per quanto riguarda la contribuzione, l’Italia ha la quota obbligatoria più alta in Europa: 33% a fronte di un 18,2% del livello salariale medio nel 2022. Sono queste le principali evidenze che emergono dal report “Pensions at a glance” realizzato dall’Ocse. Alle spalle dell’Italia si trovano la Repubblica Ceca con il 28% e la Francia con il 27,8%. A commento di questi dati, il report sostiene che “i Paesi con tassi di contribuzione più elevati, devono spesso far fronte a prestazioni pensionistiche superiori alla media (come nel caso di Francia e Italia)”, mentre un livello di aliquote contributive ancora più elevato “potrebbe danneggiare la competitività dell’economia e provocare una riduzione dell’occupazione”.
Guardando al futuro, le tabelle contenute nel report della Ocse rivelano che in Italia la spesa per le pensioni raggiungerà il 16,2% del Pil nel 2025, la percentuale più elevata in Europa. Nelle previsioni la media Ocse sarà pari al 9,3%, mentre per i paesi “Ue 27” sarà all’8,5%.
La spesa in percentuale del Pil in Italia salirà fino al 17,9% nel 2035 per poi iniziare a ripiegare.
Panorama denso di ombre anche sul versante dell’età pensionabile. Chi inizia a lavorare in Italia oggi, non vedrà la pensione fino al compimento dei 71 anni.
Il report spiega che i giovani che entrano oggi nel mercato del lavoro raggiungerà l’età pensionabile a 70 anni nei Paesi Bassi e in Svezia, a 71 anni in Estonia e Italia e anche 74 anni in Danimarca.
“Nel 2023, l’età pensionabile legale in Italia è di 67 anni, in forte aumento dopo le riforme attuate durante la crisi finanziaria globale. Ma l’Italia garantisce un ampio accesso al pensionamento anticipato, spesso senza una penalità.”
I tassi di occupazione nelle fasce di età più anziane (60-64 anni) sono al livello più basso dopo la Francia e la Grecia.
La concessione di benefici relativamente elevati a età relativamente basse nell’ambito delle quote, contribuisce alla seconda più alta spesa per la pensione pubblica tra i paesi Ocse. Sebbene l’aliquota contributiva sia molto elevata, le entrate derivanti dai contributi pensionistici rappresentano solo l’11% circa del Pil e necessitano di ingenti finanziamenti fiscalità generale.
In tale scenario il reddito medio delle persone di età superiore ai 65 anni in Italia è leggermente superiore a quella della popolazione totale (al 103%) mentre è in media inferiore del 12% nell’area Ocse (all’88%). Il report sottolinea come la povertà relativa tra gli over 65 sia al 10% in Italia e al 14% nell’area Ocse in media. Al momento il tasso di occupazione nella fascia tra i 60 e i 64 anni in Italia è al 41% a fronte del 54% nell’area Ocse. L’età media di effettiva uscita dal mercato del lavoro nel 2022 è a 62,5 anni contro i 63,8 dell’area Ocse. La popolazione in età da lavoro diminuirà del 35% nei prossimi 40 anni (tra il 2022 e il 2062) a fronte del calo dell’11% nell’Ocse. Cambierà il rapporto tra la fascia tra i 20 e i 64 anni e gli anziani con 78 over 65 ogni 100 tra i 20 e i 64 anni in Italia nel 2052 (54 nell’area Ocse).