L’impatto del cambiamento climatico è molto forte sugli investimenti finanziari: entro la fine del secolo, la perdita per gli investitori potrebbe arrivare al 50-60% se le temperature del pianeta aumentassero tra i 2,7 e i 3,6 gradi centigradi (un aumento probabile in uno scenario di business-as-usual, in cui i rischi climatici non vengono affrontati), contro una perdita del 15% se l’incremento della temperatura globale si mantenesse ben al di sotto dei 2 gradi.
Questa è la stima prevista dalla nuova ricerca del Thinking Ahead Institute di WTW.
La ricerca, intitolata Pay Now or Pay Later, offre una chiave per interpretare gli effetti diretti sul settore finanziario dei costi economici e dei rischi fisici del cambiamento climatico. La metodologia utilizzata tiene conto delle soglie critiche del clima e dimostra che il rischio aumenta rapidamente con l’aumento delle temperature. Affrontare il cambiamento climatico prima e non dopo è nell’interesse degli investitori e dei loro clienti.
“Questi risultati dovrebbero far capire agli investitori che, se non si compiono già da ora sforzi significativi per la transizione verso un modello economico sostenibile, i rischi associati, determinati dalle emissioni e dai cambiamenti climatici, porteranno a grandi cambiamenti nel PIL e nei livelli di reddito globali nel prossimo secolo”, spiega Tim Hodgson, co-responsabile del Thinking Ahead Institute di WTW.
La ricerca sostiene che attivando una transizione più rapida e ben coordinata verso l’economia “Net zero” (a zero emissioni di carbonio), le perdite potrebbero essere in parte compensate dagli investimenti necessari, rivolti ad esempio a nuove infrastrutture energetiche, e che i fornitori di questi capitali finanziari, dopo la spesa iniziale, potrebbero beneficiare di rendimenti futuri. Inoltre, in questo scenario, potrebbe esserci una spinta dalla spesa per le retribuzioni e per i beni strumentali e dalle relative riduzioni dei costi e incrementi di produttività.
“I tempi del clima ora si sovrappongono a quelli degli investimenti. Non agire potrebbe sembrare l’opzione più economica nel breve termine, ma per i fondi di investimento, l’inattività è di fatto una scelta molto più costosa”, conclude Isabella Martin, senior associate del Thinking Ahead Institute.