Unicredit desidera ricostruire la catena di valore nell’asset management aumentando le proprie competenze sul segmento e ha individuato in Azimut il partner ideale per costruire un campione nazionale del risparmio gestito. Così è nata l’alleanza tra il gruppo guidato da Andrea Orcel e quello fondato da Pietro Giuliani, che si è concretizzata nella nuova società di risparmio gestito a cui Azimut darà vita in Irlanda, destinata a raccogliere parte dei risparmi della clientela di Unicredit.
Domanda. Giuliani, cosa significa in prospettiva per Azimut questa iniziativa congiunta con Unicredit?
Risposta. Oggi gestiamo 87 miliardi di euro di masse, di cui quasi il 50% è riferito alle nostre attività estere, ben diversificate geograficamente. Siamo l’unico asset manager italiano che è presente in 18 paesi del mondo e dispone di un simile network internazionale per fare investimenti in tempo reale sui vari mercati. Siamo disponibili a ri-sbilanciarci verso l’Italia purché si crei un polo del risparmio italiano che riporti in questo Paese quello che era andato in mani straniere.
D. Quindi questo asse stabilito con Unicredit è una nuova ulteriore accelerazione sul mercato d’origine.
R. In Italia ci siamo con la giusta dimensione e con la giusta qualità espressa quotidianamente dai nostri consulenti finanziari. Quanto annunciato con Unicredit è una collaborazione per creare un importante polo di asset management di matrice italiana.
D. Questa joint venture come si traduce in un vantaggio per Azimut?
R. Con la crescita delle masse a disposizione potremo aumentare gli investimenti per accrescere ulteriormente le nostre capacità di gestione e attrarre i migliori talenti dell’asset management. Ovviamente avremo anche un effetto positivo sugli utili.
D. Senta Giuliani, lei è un bravo negoziatore, ma anche Orcel ha la fama di essere un osso duro. Come avete trovato l’accordo?
R. L’accordo è facile quando si parla con persone intelligenti. Ha capito che questa è una operazione win win che può consentire, con i numeri di Unicredit, di creare un campione italiano della gestione del risparmio. Azimut in questa fase lavora un po’ come Intel nel campo dei computer, quindi è da considerarsi un microprocessore che può fornire questo servizio per un costruttore di personal computer. Sarebbe bello che questa cosa la capissero anche altri operatori.
D. Dell’industria del risparmio lei è uno dei pionieri. In Italia tra gli anni Ottanta e Novanta era nata una scuola molto forte, affermata in termini di fabbrica-prodotto, poi gradualmente si è impoverita. Ora vede concretamente una possibilità di ripartire da questo progetto per dare al Paese una presenza forte in un mercato diventato sempre più strategico?
R. Assolutamente sì. È solo questione di volere fare queste cose. Gli ingredienti ci sono tutti: noi sono più di 12 anni che ci sviluppiamo in tutto il mondo. Unicredit è una realtà europea che nasce dalla fusione di due grandi banche, italiana e tedesca. Con questi presupposti questa joint venture può avere molto da dire.
D. Unicredit ha ceduto Pioneer ai francesi di Amundi sei anni fa, incassando 3,54 miliardi di euro. E Amundi tuttora è un punto di riferimento per Unicredit nella distribuzione di prodotti di risparmio gestito. Non la prenderanno bene…
R. Sui conti correnti ci sono più di 1.700 miliardi di euro degli italiani, un bacino enorme. Secondo me non ci sono motivi di conflitto sull’esistente, quando c’è liquidità che intanto -stando ferma sui conti correnti c/c e i depositi- con l’inflazione ai livelli attuali continua a perdere valore e potere di acquisto in modo importante.
D. I fondi Pioneer gestivano circa 250 miliardi di euro. Voi invece che obiettivi vi prefiggete di raggiungere con la società di nuova creazione, tramite i clienti Unicredit?
R. Questa domanda andrebbe fatta a loro. Quello che io penso è che una partnership di questo tipo abbia dimensioni significative, non dell’ordine di centinaia di milioni ma di miliardi.
D. Però all’orizzonte, tra cinque anni, è stabilita la data della call option che, se esercitata, consentirà al gruppo di Orcel di rilevare la maggioranza della nuova realtà.
R. E’ così, ma noi rimarremo nella joint venture con una quota azionaria minoritaria e continueremo a collaborare nel nuovo polo dell’asset management che nel frattempo avremo aiutato a costruire.
D. quest’anno il piano industriale di Azimut, finora realizzato, prevede profitti per 400 milioni, poi 450 l’anno prossimo e 500 nel 2024. Numeri che ritenete di modificare alla luce del nuovo accordo?
R. Noi speriamo di migliorarli, come abbiamo fatto sempre nei precedenti piani industriali.
D. Azimut ha costruito negli anni una rete di presenze in diverse parti del mondo. Ma il mondo è ancora grande…
R. Ci sono vaste aree ancora non esplorate da noi, penso per esempio al Far East compreso il Giappone, che potrebbero arricchire la nostra mappa. L’obiettivo di Azimut è diventare un campione dell’industria del risparmio per poter offrire prodotti finanziari di ogni tipo a investitori ovunque essi si trovino.
D. Tempi previsti per l’avvio del progetto Unicredit?
R. In Irlanda disponiamo già di una compagnia di assicurazioni e di una società di gestione, cui ora andremmo ad affiancarne una seconda. A Dublino insomma Azimut è già conosciuta, l’auspicio è che Bank of Ireland possa concederci la nuova autorizzazione in tempi rapidi, noi siamo pronti a partire.
D. Azimut e Unicredit sono due realtà complementari per tipo di attività e hanno in comune anche la natura di public company. C’è spazio per altre collaborazioni, o altro ancora?
R. Senz’altro una banca come Unicredit potrebbe aumentare moltissimo l’operatività dei nostri consulenti finanziari in Italia, ma vista l’importanza della partnership annunciata oggi per il momento ci concentriamo su questa. Come si suol dire, facciamo un passo alla volta. (riproduzione riservata)
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