L’INTERVENTO IN MANOVRA PER IMPORTI SOPRA 2.101 EURO. NUOVI CRITERI NEL BIENNIO 2023/2024di Daniele Cirioli
Manovra alla Robin Hood sugli assegni dei pensionati: toglie ai ricchi per dare ai poveri, infatti, a proposito della rivalutazione dell’anno 2023. Tre gli schieramenti: poveri, indifferenti, ricchi. I poveri, cioè i pensionati che oggi intascano un assegno fino a 525,38 euro mensili, avranno la rivalutazione piena (al tasso del 7,3% fissato dall’Istat) più un premio dell’1,5%, se d’età fino a 74 anni e 364 giorni; del 6,4% se d’età superiore (dai 75 anni).

Gli indifferenti, cioè chi intasca oggi una pensione oltre 525,38 e fino a 2.101,52 euro mensili, non hanno da aspettarsi novità: riceveranno la rivalutazione piena (sempre al 7,3%).

I ricchi, cioè coloro che intascano oggi un assegno oltre 2.101,52 euro mensili, dovranno rinunciare a parte dell’atteso 7,3% di aumento: 5% in meno sulla quota di pensione oltre 2.102,52 e fino a 2.626,90 euro (poca cosa, cioè un mancato aumento dello 0,365%); tra il 22 e il 43% sulla quota di pensione oltre 2.626,90 euro (significa di più, cioè un mancato aumento della pensione tra l’1,606% e il 3,139%).

Rivalutazione sotto tiro. La Manovra interviene modificando i criteri per applicare, nel prossimo biennio 2023/2024, la cosiddetta “perequazione”, ossia “rivalutazione”, che adegua gli importi delle pensioni al costo della vita. Ogni anno l’Istat fissa un tasso di rivalutazione e l’Inps provvede a incrementare (perequare, rivalutare, aumentare) le pensioni di tale percentuale. Il tasso per il 2023 è già noto: 7,3%.

Le regole di oggi e di domani. Per comprendere “come” interviene la Manovra è utile confrontare le regole future con quelle vigenti, per capire se e dove la situazione migliora o peggiora al pensionato. Una precisazione: i “limiti” degli importi delle pensioni (le classi), tutti commisurati a multipli del “minimo” Inps, subiscono scostamenti per via della cosiddetta “clausola di salvaguardia”, se gli importi sono prossimi ai limiti; di ciò non si tiene conto per semplicità di esposizione. Ecco a confronto le regole di oggi e di domani (si veda la tabella in pagina):

– pensioni fino al minimo Inps = la rivalutazione è da sempre pari al 100% del tasso Istat. Negli anni 2023 e 2024 le rivalutazioni raddoppiano: oltre all’ordinaria, ce ne sarà una “eccezionale”;

– pensioni oltre il minimo Inps = la rivalutazione è per “classi d’importo della pensione”. Le regole vigenti sono in colonna “aumenti 2022”; quelle del prossimo biennio nella colonna “aumenti 2023/2024”.

Fino al minimo (“poveri”). Hanno diritto alla “rivalutazione ordinaria” pari al 100% del tasso Istat. Il minimo, per esempio, da 525,38 al 31 dicembre 2022 passerà al 1° gennaio 2023 a 563,73 euro, con un aumento di 38,35 euro mensili. Ma non è tutto. La Manovra, infatti, come accennato, prevede una seconda “rivalutazione eccezionale”, da aggiungere alla “ordinaria”. La seconda rivalutazione, per l’anno 2023 sarà pari:

– a 1,5% per i pensionati d’età inferiore a 75 anni;

– al 6,4% per i pensionati d’età pari o superiore a 75 anni;

Con il duplice aumento, il minimo Inps, dal 1° gennaio 2023, salirà da 525 a 597 euro mensili ai pensionati d’età pari o superiore a 75 anni (i “600 euro” propagandati): 38,35 euro per rivalutazione ordinaria e 33,62 euro per quella eccezionale. Ai pensionati più giovani, invece, salirà a 572 euro: 38,35 euro per rivalutazione ordinaria e 7,88 euro per eccezionale.

Oltre 1 e fino a 4 volte il minimo (“indifferenti”). È la classe dei pensionati che dormono sonni tranquilli. La loro pensione, che è superiore a 525,38 e fino a 2.101,52 euro mensili, non subirà trattamenti diversi dal passato: riceverà la rivalutazione piena (al tasso del 7,3%).

Oltre 4 volte il minimo (“ricchi”). È la classe di pensionati su cui la Manovra incide in senso negativo. Quando la pensione (o più pensioni di cui sia titolare il pensionato) supera il minimo Inps (525,38 euro), la rivalutazione varia con aumenti differenziati a scaglioni d’importo: rivalutazione piena dell’importo fino a 4 volte il minimo; rivalutazione ridotta dell’importo oltre 4 volte. La rivalutazione è ridotta sulle fasce d’importo oltre 4 volte:

– doveva essere al 90% del tasso Istat (quindi 6,57%) e sarà dell’85% (cioè 6,205%), per la fascia oltre 4 e fino a 5 volte il minimo Inps;

– doveva essere al 75% (quindi 5,475%) per la fascia d’importo oltre 5 volte il minimo Inps e, invece, sarà:

del 53% (3,869%) per la fascia d’importo oltre 5 e fino a 6 volte il minimo Inps;

– del 47% (3,431%) la fascia oltre 6 e fino a 8 volte il minimo Inps;

– del 37% (2,701%) la fascia oltre 8 e fino a 10 volte il minimo Inps;

del 32% (2,336%) la fascia oltre 10 volte il minimo Inps.
Fonte:
logoitalia oggi7