MELONI PUNTA A UNA CESSIONE ORDINATA DELLA BANCA DI CUI LO STATO DETIENE IL 64%
di Andrea Pira
La privatizzazione del Monte dei Paschi servirà a creare le condizioni affinché in Italia possano nascere più poli bancari. Di fatto l’istituto senese potrebbe diventare il perno di nuove aggregazioni. A lasciarlo intendere è stata Giorgia Meloni, nel corso della tradizionale conferenza di fine anno del presidente del Consiglio: «È stato fatto un aumento di capitale, c’è una ristrutturazione che ci sembra abbastanza solida, lavoriamo per assicurare un’uscita ordinata dello Stato e per creare le condizioni per cui in Italia ci siano più poli bancari». L’esecutivo è dunque favorevole alla creazione di un terzo polo bancario (almeno), alternativo alle big Intesa Sanpaolo e Unicredit.
In gioco ci sono due ex banche popolari molto legate al territorio, proprio come Mps: Banco Bpm, vista come più vicina anche per la comunanza di legami con la sgr Anima, e Bper Banca, la controllata da Unipol che sta macinando aggregazioni: dopo le filiali ex Ubi ha assorbito Banca Carige. Unipol inoltre è anche azionista pesante in Popolare di Sondrio, un’altra candidata al risiko.
Meno favori a Palazzo Chigi trova il modo in cui il dossier Mps, in cui lo Stato ha il 64%, è stato finora gestito. Il Monte «un’altra delle grandi questioni che abbiamo ereditato», ha detto Meloni «una situazione molto difficile e gestita fin qui in modo abbastanza pessimo, con decine di miliardi spesi a carico dei contribuenti».
Un passaggio non sollecitato da domande, arrivato quasi al termine delle tre ore e quarantacinque minuti di confronto con i giornalisti. Toni tali da spingere diversi osservatori a leggere nelle parole della premier una critica indiretta all’operato del direttore generale del Tesoro, Alessandro Rivera, la cui poltrona è soggetta a spoil system e il cui nome è da tempo al centro di indiscrezioni su possibili avvicendamenti, per affidare l’incarico all’attuale presidente di Ita Airways, Antonino Turicchi.
Più in generale per Meloni serve lavorare per un sistema bancario che non ripeta gli errori del passato. Un ragionamento inserito in una risposta a MF-Milano Finanza sui provvedimenti che il governo intende adottare per tutelare il risparmio degli italiani. Non compromettere i conti pubblici è già una misura che tutela i risparmiatori che comprano il debito pubblico, ha spiegato la premier. Il rispetto dei saldi di bilancio resterà una priorità anche nei prossimi mesi quando l’esecutivo potrebbe trovarsi davanti alla necessità di varare nuovi interventi di aiuti contro il caro bollette. Il 2023 sarà anche l’anno dell’avvio delle scelte strategiche per la spese dei fondi del Pnrr e delle riforme. Quella della giustizia, anche per favorire gli investimenti, e della forma istituzionale in chiave presidenzialista o semipresidenzialista. Ma è in cantiere anche la riforma della Pa, «affinché chi ha responsabilità prenda le decisioni», e quella del Fisco incentrata su tre direttrici: taglio del cuneo fiscale, incentivi per chi crea ricchezza e sostegno alla genitorialità. «Non ci sarà alcun aumento delle tasse sulla casa», ha poi chiarito, aprendo comunque alla mappatura degli immobili.
In ambito europeo a tenere banco saranno i negoziati sulla riforma del Patto di Stabilità e Crescita.
«Siamo tutti d’accordo sul fatto che non si possa tornare alle regole precedenti, che erano basate su parametri sbagliati, ma lo sarebbero a maggiore ragione oggi», ha detto la premier, «l’unico modo per garantire la stabilità e la sostenibilità del debito è la crescita». La proposta dell’Italia sarà, quindi, quella di scorporare gli investimenti dal computo del deficit.
Quanto al Mes, il fondo salva Stati, il governo si batterà per cambiarlo perché non ha senso avere decine di miliardi di risorse bloccate: «ho intenzione di chiedere un incontro con il direttore del Mes per vedere come cambiare questo strumento oggi con vincoli meno stringenti che possono creare problemi al nostro debito pubblico». (riproduzione riservata)
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