L’INDAGINE DI INTESA-CENTRO EINAUDI EVIDENZIA LA PREFERENZA PER LA LIQUIDITÀ
di Marco Capponi
La buona notizia è che gli italiani stanno tornando a risparmiare. La quota delle famiglie risparmiatrici, secondo quanto rivelato ieri dell’indagine 2022 su risparmio e scelte finanziarie degli italiani, condotta da Intesa Sanpaolo e Centro Einaudi, ha superato quest’anno il 53%. Un balzo di cinque punti percentuali rispetto al 2021, non lontano dal 55% registrato nel 2019. La cattiva notizia però, ha svelato lo studio, è lo scopo di questo risparmio: solo il 17% del campione dell’indagine lo fa avendo in mente un obiettivo preciso, contro un 30% che risparmia in via totalmente precauzionale. A fronte di ciò la liquidità rimane la spada di Damocle più gravosa sull’economia italiana. Rispetto al pre-Covid i depositi delle famiglie sono cresciuti del 13%, ossia di 135 miliardi.
«Forse non tutte le famiglie hanno compreso», ha detto Gregorio De Felice, chief economist di Intesa Sanpaolo, «che con un tasso di inflazione al 10% avere soldi fermi e non investirli rappresenta un costo». Per il sistema bancario, ha ammesso De Felice, «questo potrebbe anche non essere un male, ma l’eccesso di liquidità è sempre uno spreco». Considerando la perdita dei depositi infruttuosi, che coincide col carovita, il capo economista si augura che si possa assistere «allo spostamento verso strumenti di investimento», come segnalato a più riprese anche da MF-Milano Finanza nel suo appello lanciato nei mesi scorsi.
Molto dipenderà però da un altro aspetto, quello dell’educazione finanziaria, secondo quanto affermato dal presidente di Intesa Sanpaolo Gian Maria Gros-Pietro: «Educazione finanziaria significa insegnare ai risparmiatori a valutare gli investimenti che hanno a disposizione». Attualmente, ha aggiunto, «le famiglie preferiscono strumenti che ritengono a basso rischio, ma il rischio c’è sempre, va affrontato e gestito». Nota dolente è poi l’approccio dei giovani al rischio: «Li abbiamo trovati poco o nulla interessati: al 38% di loro valutare il rischio non importa per nulla, solo il 2% lo ritiene importante».
In generale, gli ha fatto eco Giuseppe Russo, direttore del Centro Einaudi e curatore dello studio, gli italiani «non amano il rischio e preferiscono gli investimenti sicuri da sempre, ma rispetto al passato sanno che devono affrontarlo e che investire significa assumere un certo rischio». Per questo, e qui trapela un certo ottimismo, «sono sempre più restii a muoversi senza un supporto professionale e per questo il risparmio gestito è cresciuto per raccolta netta nonostante l’anno negativo per moltissimi rendimenti».
A margine l’indagine, condotta tra marzo e aprile e quindi non ancora in grado di incorporare del tutto l’effetto inflazione e tassi, ha mostrato un incremento importante della quota di detentori di fondi e sicav, passati dal 12,4% al 17,3%, e una diminuzione della quota investita in obbligazioni dal 29% al 23% dei portafogli. (riproduzione riservata)
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