Sono oltre 1,4 milioni i liberi professionisti in Italia e rappresentano il 28,5% del lavoro indipendente. Una quota rilevante, superiore a quella di tutti gli altri paesi europei. La continua crescita registrata negli ultimi dieci anni è stata frenata dalla pandemia che, tra il 2018 e il 2021, ha portato alla chiusura di circa 24 mila attività professionali, limitando le perdite del lavoro indipendente che negli ultimi quattro anni ha perso 343 mila posti di lavoro.
È quanto emerge dal “VII Rapporto sulle libere professioni in Italia – anno 2022”, curato dall’Osservatorio libere professioni di Confprofessioni, coordinato dal professor Paolo Feltrin.
Il rapporto osserva come l’onda lunga del Covid e l’incertezza economica stiano ridisegnando la geografia e le caratteristiche demografiche della popolazione professionale in Italia.
A fare le spese del lungo periodo di difficoltà sono soprattutto i professionisti datori di lavoro che calano di quasi il 13% soprattutto nelle regioni del Nord Ovest e del Centro.
I saldi occupazionali si mantengono comunque in terreno positivo, trainati dalla crescita dei contratti a tempo indeterminato. E se la crisi colpisce soprattutto le regioni del Centro (-3,7%) e del Nord (-2,8%), nel Mezzogiorno si assiste a un aumento del 2,6% del numero di professionisti, trainato dal balzo in avanti delle donne che nello stesso periodo registrano un incremento del 4,6%. In calo anche i redditi dei professionisti iscritti alle casse di previdenza private, che segnano una flessione del 2%, con punte che arrivano fino al 6% tra avvocati, periti industriali e architetti; in controtendenza, si muovono i consulenti del lavoro che vedono incrementare i loro redditi del 26,5%. Nelle professioni ordinistiche permane tuttavia un ampio divario reddituale di genere.
Ancor più preoccupanti le prospettive del mercato del lavoro negli studi professionali che non riescono più ad attrarre neolaureati, una tendenza che si incrocia pericolosamente con il declino strutturale demografico che impatta duramente sui livelli occupazionali, dove tra il 1996 e il 2021 si nota un tracollo del 46% tra i giovani under 30.