Secondo uno studio CRIF-IIA e Nomisma le PMI italiane hanno una percezione del rischio più bassa rispetto alla media delle aziende europee e quasi il 40% ancora non ha assicurato la propria attività
Aumenta la consapevolezza dei rischi da parte delle PMI italiane, ma questo non evita che restino fondamentalmente sotto assicurate, con importanti conseguenze per tutto il sistema economico. Secondo lo studio “Next Level for Insurance – SME segment” realizzato da CRIF, IIA – Italian Insurtech Association e Nomisma, infatti, solo il 62% delle PMI italiane dispone oggi di una copertura assicurativa, sebbene nell’ultimo anno la percezione del rischio sia aumentata per 7 imprese su 10.
Nel complesso l’Italia in generale sconta uno scomodo primato: i premi assicurativi nel nostro Paese valgono infatti solo l’1,1% del Pil, contro il 2,8% della media di alcuni paesi UE analizzati (Belgio, Francia, Germania, Olanda, Spagna) e, esclusa la RC auto obbligatoria, si spende in polizze in media 300 Euro per abitante contro i 937 Euro dei paesi europei.
Tutto il segmento delle piccole e medie imprese italiane, che conta 4,35 milioni di aziende e che rappresenta il 99,3% delle imprese in attività con un ruolo strategico per il tessuto socio economico del Paese, è fortemente sotto assicurato, al punto che 1 milione e 653 mila di queste imprese (ovvero il 38% del totale sulla base del campione analizzato) non dispone di una copertura assicurativa.
Complice anche il loro scarso livello di alfabetizzazione finanziaria e digitale (secondo l’OCSE l’Italia è il 3° Paese peggiore su 29 in materie digitali e all’ultimo posto su 23 per alfabetizzazione finanziaria), le PMI italiane hanno una bassa percezione dei rischi che l’attività imprenditoriale comporta e, di conseguenza, tendono a sottostimare l’impatto che un evento può avere sulla loro attività. Infatti, oltre ad essere un segmento sotto assicurato, è ampiamente diffusa la tendenza a “sottoscrivere poco”: il 71% delle PMI ha infatti sottoscritto una copertura RC verso terzi, il 64% incendio, il 56% furto ma si scende al 39% per la responsabilità civile degli amministratori. Sono quasi assenti, invece, le coperture per cyber risk (9%) e le interruzioni di attività (8%), due aspetti che invece nel 2021 hanno prodotto un effetto assolutamente critico sulla continuità del business delle aziende (basti pensare che gli attacchi di cybersecurity hanno determinato in Italia 7 miliardi di costi diretti e indiretti per le imprese).
La risposta dei player assicurativi per le PMI nei prossimi 12 mesi
Per far fronte a questo scenario, la risposta dei player assicurativi per i prossimi 12 mesi sarà proporre ai clienti nuovi prodotti e, soprattutto, servizi di valore (Value Added Services), dove la consulenza assicurativa diventerà sempre più strategica per aiutare le imprese a sviluppare il loro business con una maggior attenzione ai rischi; una maggior digitalizzazione delle competenze degli intermediari e degli strumenti utilizzati per interagire con il cliente; l’evoluzione del processo di pricing per ottimizzarlo e fornire al cliente delle proposte su misura rispetto alle sue esigenze.
Nello specifico, secondo la ricerca CRIF-IIA e Nomisma il 69% delle compagnie assicurative proporrà servizi accessori e complementari alle polizze per supportare le PMI in particolare in ambito cyber security (82%), marketing e digital advertising (59%), consulenza alla crescita del business (58%) e servizi per certificare l’impresa a livello di sostenibilità in ambito ESG (50%). Un tema quest’ultimo sempre più importante anche per le PMI, che nel 74% dei casi hanno indicato che una certificazione di sostenibilità possa contribuire ad accrescere la reputazione dell’azienda e per la metà di ridurre i rischi in quest’ambito, potendo accedere ad una serie di ulteriori agevolazioni.
In particolare, il cyber risk può essere considerato una nuova categoria. Basti pensare che secondo il Rapporto Clusit (Associazione Italiana per la Sicurezza Informatica) nel primo semestre 2021 sono stati analizzati 1.053 attacchi cyber gravi e che 4 su 5 ha coinvolto le piccole e medie imprese, maggiormente vulnerabili. Inoltre, secondo i dati del recente Osservatorio Cyber di CRIF, rilasciato lo scorso ottobre in occasione del mese della sicurezza informatica, nei primi sei mesi del 2021 sono cresciti del +18% i dati “rubati” e trovati sul dark web: carte di credito e prepagate, password, indirizzi email individuali o aziendali, username, i numeri di telefono
Questa situazione conferma che non esistono sistemi inviolabili e i potenziali danni sono ormai conclamati. Proprio in questa direzione si stanno muovendo gli insurer, l’82% dei quali indica la cyber security come una priorità. Al riguardo, nei prossimi 12 mesi il 17% delle imprese assicurative la introdurrà come elemento di offering, a fronte di un 65% che già sta presidiando questa area.
La seconda direttrice emersa dallo studio è l’urgenza di digitalizzazione degli intermediari, attraverso l’utilizzo di digital tool e digital service che consentano immediatezza, immersione e interazione con il cliente.
Gli strumenti di Analytics e di Artificial Intellingence, utilizzati da oltre la metà degli operatori (56%) per la profilazione del cliente, si delineano sempre più come elementi imprescindibili per un cambio di paradigma nel processo di conoscenza del cliente. Nel 2022 l’introduzione di strumenti digitali con queste finalità è considerata una priorità per il 75% degli stessi. Il fattore umano non sarà comunque trascurato e continuerà a essere importante sia nella fase di acquisizione sia in quella di gestione del rapporto, in quanto la relazione fisica è comunque una parte fondamentale del rapporto tra compagnia e il cliente finale.
Infine, la terza priorità d’azione per il 2022 sarà l’ottimizzazione del processo di pricing, per una quotazione sempre più taylor made delle polizze assicurative, in un contesto di mercato sempre più competitivo. Grazie alla digitalizzazione, la possibilità di disporre di dati specifici sulle imprese e sui settori in cui operano consentirà ai player assicurativi, già nel breve periodo, di migliorare la loro capacità di realizzare una valutazione dei rischi mirata e attuare così politiche di pricing targettizzate, avendo come priorità l’efficienza del processo stesso. Fondamentali saranno le partnership con i data provider in ambiti complementari al fine di poter completare il quadro informativo necessario con informazioni su: rischio specifico delle imprese (per il 76% degli insurer), dati economici e finanziari sulle imprese (74%), rischi specifici legate al settore di appartenenza o a determinate aree geografiche (66%) e storia dei sinistri delle imprese (66%).