di Anna Messia
Il tempo per la riconciliazione sembra ormai irrimediabilmente scaduto ma, ieri, nel presentare il nuovo piano strategico 2022-2024 il group ceo delle Generali, Philippe Donnet, qualche passo verso le richieste dei soci contrari alla sua conferma sembra averlo fatto. Per esempio sulla spinta all’innovazione tecnologica, a quanto pare particolarmente cara a Leonardo Del Vecchio e al suo rappresentante in consiglio di amministrazione (Romolo Bardin), ma non solo. Aperture sembrano arrivare ache sul fronte delle possibili acquisizioni. Il piano si muove però chiaramente nel segno della continuità e non ha smosso più di tanto il titolo (cresciuto dello 0,27% a 18,5 euro) nonostante le promesse di crescita della compagnia siano state in molti casi superiori alle stime circolate nei giorni precedenti e gli analisti abbiano in buona parte reiterato il giudizio buy sulle azioni della (comprare) come nel caso di Societè Generale, BofA e Citi. Piace il fatto che l’obiettivo delle cedole cumulate sia stato alzato a 5,2-5,6 miliardi, con un balzo rispetto a 4,5 miliardi riconosciuti agli azionisti nell’ultimo piano 2019-2021, e con un tasso annuo di crescita dell’utile per azione del 6-8%. A questo si è aggiunto l’annuncio di un inaspettato buyback da 500 milioni, che non avveniva da 15 anni, indubbiamente gradito al mercato. Ma le novità più significative riguardano appunto l’accelerazione su innovazione digitale e tecnologica da cui la compagnia conta di aumentare ulteriormente il livello di soddisfazione dei propri clienti e soprattutto di accelerare sul risparmio dei costi, rendendo più efficienti le strutture. Un pilastro su cui il nuovo piano prevede investimenti per 1,1 miliardi, in aumento del 60% rispetto ai 700 milioni di Generali 2021 e i dettagli sono stati presentati dal Group Chief Transformation Officer, Bruno Scaroni. L’automazione diffusa consentirà, per esempio, un risparmio lordo di 125 milioni mentre la migliore qualità dei servizi avrà un impatto positivo sull’utile operativo di 110 milioni, ha spiegato. E l’accelerazione tecnologica del Leone, come detto, sembra essere stata anche il frutto della dialettica che si è venuta a creare nei mesi scorsi in consiglio, raccontano fonti vicine a Trieste, accogliendo le indicazioni arrivate da Bardin molto attento alle potenzialità delle piattaforme digitali. Il manager, martedì 14, aveva scelto di disertare il consiglio che, dopo nove ore di riunione, ha dato il via libera al piano perché avrebbe ricevuto il dossier a ridosso dell’appuntamento, senza avere il tempo di analizzarlo con attenzione. Per ora la posizione di Luxottica rispetto al piano è quindi di stand-by a differenza della scelta più netta dell’altro pattista, Francesco Gaetano Caltagirone, che ha voluto partecipare al consiglio di martedì decidendo di votare contro il nuovo piano. Come noto i due imprenditori, che insieme a Crt hanno raccolto in un patto il 15,64% delle azioni, chiedono discontinuità rispetto al passato, con un nuovo ceo che prenda il posto di Donnet e che acceleri sulle operazioni straordinarie per recuperare il gap dimensionale tra Generali e Allianz, per esempio.
Il nuovo piano stanzia invece per le acquisizioni una cifra compresa tra 2,5 e 3 miliardi, dopo i 4 miliardi già spesi negli ultimi anni. Troppo poco, ha obiettato qualche analista, e Donnet ha chiarito che quella somma è «il giusto bilancio tra i flussi di cassa previsti (più di 8,5 miliardi, ndr) e i dividendi da riconoscere agli azionisti (compresi tra 5,2 e 5,6 miliardi, ndr)». Ma si sa che le operazioni straordinarie non fanno parte per definizione dei piani industriali e Donnet, sembra emergere, sarebbe ben pronto a realizzare anche operazioni più grandi se capitasse l’occasione giusta, carta contro carta, o perché no, chiamando un aumento. In pratica quanto chiedono da mesi i due imprenditori. Ma ormai, come detto, sembra esserci poco spazio per la riconciliazione con i pattisti che a questo punto dovranno presentare il loro contro-piano (riproduzione riservata)
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