Anna Messia
Dalle polizze Salute al mercato Danni più classico, passando per il comparto Vita. Nel 2021 la febbre di aggregazione nel settore assicurativo è salita con forza, accelerando un processo già in atto da tempo che negli ultimi decenni ha visto compagnie più piccole finire inesorabilmente in gruppo più grandi, dalla Fondiaria Sai passata a Unipol a Toro e Ina-Assitalia, inglobate nel gruppo Generali, solo per fare qualche nome. L’ultima operazione siglata in questi giorni, frutto di un’acquisizione, è stata la nascita di Allianz Viva. Si tratta del nuovo brand che il gruppo guidato Giacomo Campora ha scelto di dare alla compagnia Danni rilevata dal gruppo inglese Aviva: 400 milioni di premi, 260 dipendenti e una rete di quasi 500 agenti che andranno a rafforzare la presenza di Allianz in Italia che già nel 2020 occupava la terza posizione nel mercato Danni e la quarta in quello Vita. Il comparto Vita di Aviva (per 543 milioni) è finito invece del perimetro di Cnp che in Italia distribuisce già le sue polizze negli sportelli del gruppo Unicredit (nona nel mercato vita nel 2020 con 3,3 miliardi di premi). L’operazione dell’anno è stata però indubbiamente quella che ha rivoluzionato la classifica del ramo Danni in Italia, con l’acquisizione della veronese Cattolica da parte di Generali. Un’offerta pubblica di acquisto, costata a Trieste complessivamente 1,24 miliardi, che ha consentito al gruppo guidato da Philippe Donnet di scavalcare la bolognese Unipol nella classifica degli assicuratori danni del Paese. Guardando la classifica Danni del 2020 emerge infatti che con l’ingresso nel gruppo della compagnia di Verona Generali ha visto i suoi premi Danni salire da 5,8 a 7,9 miliardi, rispetto ai 7,8 miliardi della compagnia guidata da Carlo Cimbri. Poche centinaia di migliaia di euro che fanno però la differenza. Generali, Cattolica e Allianz non sono però le uniche compagnie top five in Italia che negli ultimi tempi sono state protagoniste di operazioni di aggregazioni nel mercato assicurativo italiano. Anche Intesa Sanpaolo Vita, il braccio assicurativo del gruppo Intesa Sanpaolo, ha visto crescere considerevolmente la quota di mercato, rafforzando la posizione di leadership. Per effetto del takeover su Ubi Banca la compagnia guidata da Nicola Maria Fioravanti ha visto entrare nel gruppo circa 17 miliardi di euro di risparmio assicurativo provenienti da Bap, e dalla joint venture rilevate poi interamente, ovvero Aviva Vita e Lombarda Vita. Non solo. La compagnia non si è fatta sfuggire neppure l’occasione di raggiungere una posizione di leadership nel ramo delle polizze malattia, con l’acquisizione di Rbm Assicurazione Salute, chiusa nel 2020. L’accordo ha previsto l’acquisto da parte Intesa Sanpaolo Vita del 50% più un’azione, al prezzo di 325 milioni di euro, con l’intenzione di salire al 100% del capitale in modo progressivo dal 2026 al 2029. In cambio la società, fondata nel 2007 dalla famiglia Favaretto, già leader in Italia nel mercato assicurativo salute con una quota del 17,7%, ha apportato al gruppo 515 milioni di premi lordi, quasi 5 milioni di clienti, partnership e oltre 130 fondi sanitari integrativi e casse di assistenza in Italia. Riassetti al vertice, quindi, cui si sono aggiunte operazioni nella fascia intermedia della classifica. Come l’acquisizione, lo scorso aprile, di Amissima Assicurazioni da parte di Hdi che ha portato il gruppo tedesco dal diciassettesimo all’undicesimo posto tra gli assicuratori Danni in Italia e l’obiettivo si entrare tra i primi dieci. Oppure quella di Nobis Assicurazioni che ha annunciato il completamento dell’acquisto del portafoglio rami danni di Darag Italia (la compagnia nata nel 2016 dall’acquisizione di Ergo Assicurazioni e rafforzatasi nel 2019 con l’incorporazione del portafoglio danni della filiale italiana di Donau) che vale 52 milioni di premi. La sensazione è che le riorganizzazioni non siano ancora terminate. Anche se il settore ha dimostrato di saper tenere alta la redditività, con un roe 2020 dell’12,8% nel Vita e pari addirittura all’14,5% nel Danni (il migliore degli ultimi 15 anni pari solo al 2007) i vincoli regolamentari sempre più stringenti rendono impegnativo per le imprese medio piccole sostenere gli alti costi di implementazione. Basti pensare al nuovo principio contabile Ifrs17, recentemente pubblicato nella Gazzetta Ufficiale europea, destinato ad entrare in vigore a pieno regime nel 2023 (ma già in parallelo nel 2022) che secondo le stime potrebbe costare tra 600 e 700 milioni alle compagnie italiane. Alle tante aggregazioni si aggiungono però anche nuove iniziative. Come la spac di Alberto Minali, Revo, che ha appena ricevuto il via libera Ivass per l’acquisizione di Elba assicurazioni, pronta ad innovare nel settore delle specialties lines, ovvero dei rischi non tradizionali. Mentre in Bene Assicurazioni, la compagnia fondata nel 2016 da Andrea Sabìa, è appena entrata con una quota del 20% la Italmobiliare con un ritorno nel mondo delle polizze della famiglia Pesenti dopo che oltre 30 anni fa aveva dismesso la sua storia partecipazione in Ras, prima che arrivasse Allianz. (riproduzione riservata)
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