di Carlo Giuro
Uno dei punti di debolezza dell’Italia che emerge dall’ultima relazione annuale della Covip è la disomogenea diffusione della previdenza complementare, soprattutto tra quelle categorie, come i giovani, che avrebbero maggiormente bisogno di costruire un percorso di integrazione pensionistica in considerazione degli effetti che sul futuro trattamento erogato dal pilastro di base avrà l’applicazione del metodo di calcolo contributivo che lega l’importo della pensione non più agli ultimi stipendi ma ai versamenti effettuati durante la vita lavorativa. Considerando che spesso le carriere sono discontinue e iniziano tardi, pur con la prospettiva di dover lavorare fino a oltre 70 anni, c’è il rischio per queste generazioni di avere assegni insufficienti. Attualmente il 51,6% degli iscritti ai fondi pensione in Italia ha età compresa tra 35 e 54 anni, il 31% ha almeno 55 anni.

La partecipazione alla previdenza complementare dei soggetti under 35 è pari al 22,7%, ben sotto quella delle fasce di età centrali (35-54 anni); anche la contribuzione è inferiore di quasi la metà. Come rilanciare la previdenza complementare migliorando il livello di inclusione? Una prima via è quella dello sviluppo delle adesioni online, una modalità che, oltre a rappresentare un passo essenziale in un percorso di sviluppo necessariamente orientato alla transizione digitale della società, rimarca la Covip, può fornire un utile contributo al superamento dei fenomeni di esclusione previdenziale. Va poi colta con favore, dal punto di vista del rapporto con gli aderenti e con le aziende associate, anche per effetto della pandemia, l’introduzione in modo stabile di canali online di interlocuzione, nonché l’implementazione di strumenti di assistenza virtuale e l’utilizzo di piattaforme digitali per l’organizzazione di eventi informativi e formativi. La piena efficacia degli interventi di formazione in campo previdenziale dipende anche dalla quantità e qualità dell’informazione disponibile. Da questo punto di vista, è necessario che sia dato nuovo slancio alla diffusione e all’uso degli strumenti di conoscenza delle prestazioni attese di primo pilastro, in continuità con una buona prassi che da anni si segue per la previdenza complementare. Oltre alla formazione e all’informazione, va valutato poi il contributo della cosiddetta architettura delle scelte, sia rispetto al disegno di efficaci procedure di adesione automatica sia in relazione alla definizione e stabilizzazione dei profili contributivi individuali. Leggendo la Relazione Covip emerge in questa prospettiva l’esperienza positiva delle adesioni contrattuali che valgono circa la metà delle nuove adesioni ai fondi pensione negoziali. La Commissione suggerisce poi di valutare un uso sapiente degli incentivi fiscali, che andrebbero ripensati per favorire l’adesione e la contribuzione di chi non è ancora nel sistema e di quanti ne rimangono ai margini in forza di una condizione lavorativa più fragile. Come avviene in altri ordinamenti, si potrebbe prevedere la possibilità di usare in anni successivi la deducibilità non goduta in uno specifico anno di imposta. Inoltre si potrebbe valutare la possibilità di attivare incentivi di carattere finanziario per i più giovani e per quelle categorie di lavoratrici e lavoratori con carriere più instabili.

Si tratta di misure che, anche quando costose per le finanze pubbliche nel breve periodo, riducono il rischio di povertà nel lungo periodo, con ciò contribuendo a migliorare la sostenibilità prospettica dei bilanci pubblici e di un sistema pensionistico concepito come unitario ma articolato su più pilastri. Gli interventi sarebbero rilevanti, oltre che per i più giovani e per quelle categorie di lavoratrici e lavoratori con carriere più instabili, per l’area del lavoro autonomo caratterizzata da volatilità nei redditi. (riproduzione riservata)

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