QUAGLIANO, ESPERTO DEL MERCATO AUTOMOBILISTICO: EUROPA ATTENTA, SI RISCHIA IL CAOS
di Carlo Valentini
«La transizione all’elettrico va sostenuta ma non enfatizzata nascondendo i problemi: avere un parco mondiale di auto che non emettono Co2 non basta, bisogna anche utilizzare, per la ricarica, soltanto energia elettrica prodotta però da fonti rinnovabili cioè senza emissioni di Co2.
Poi bisogna considerare che il parco auto mondiale è di un miliardo e 450 milioni di veicoli e la sostituzione completa con auto elettriche potrebbe avvenire presumibilmente solo verso la fine del secolo. Infatti anche se nel 2035 dovesse finire la vendita di auto tradizionali in Europa, resterebbe un enorme parco, in Europa e nel mondo, di auto circolanti ad alimentazione tradizionale da sostituire nei decenni successivi. E per completare il quadro va detto che lo sforzo dell’Europa sarebbe efficace per migliorare l’ambiente soltanto se tutto il mondo seguisse i diktat di Bruxelles in materia di auto. Il che è tutto da verificare»: Gian Primo Quagliano è il presidente del Centro Studi Promotor, specializzato in analisi e ricerche di mercato nel settore automobilistico, e docente al dipartimento di Scienze statistiche dell’università di Bologna.
Domanda. Quali sono i numeri reali della crisi del mercato dell’auto?
Risposta. In ottobre sono state immatricolate nel nostro Paese 100 mila15 auto, -35,7% rispetto a ottobre 2020. Se continuerà così, l’anno si chiuderà con meno di 1,5 milioni di immatricolazioni. Inoltre sulle tasche degli automobilisti sta pesando il caro-carburante. Il dato di ottobre, rispetto allo stesso mese del 2020, indica un aumento del 23,9% del prezzo alla pompa della benzina e del 24,9% del gasolio. Si tratta di aumenti che riducono il potere d’acquisto degli italiani che hanno meno risorse da destinare ai consumi mentre aumentano i costi per le imprese.
D. Vi sono differenze tra la situazione italiana e quella degli altri Paesi europei?
R. Nel nostro Paese sono state immatricolate, nel 2019, 1 milioni e 916 mila autovetture, il 23,1% in meno rispetto al 2007, prima della crisi dei mutui subprime. Nelle altre economie comparabili con quella italiana l’effetto negativo sul mercato dell’auto della crisi dei mutui subprime è stato superato in qualche anno, nel nostro Paese no, e il dato era quindi ancora fortemente negativo all’inizio dell’emergenza Coronavirus, appunto il 23,1% in meno. Con la pandemia il mercato italiano ha subìto un calo paragonabile a quelli degli altri grandi mercati dell’auto europei ma che si è aggiunto al mancato recupero della crisi subprime. Tra l’altro il nostro parco circolante è il più vecchio d’Europa e i cali delle immatricolazioni stanno rafforzando questo non invidiabile primato, con conseguenze pesanti per l’inquinamento e la sicurezza della circolazione. La situazione dell’auto in Italia, ma anche in Europa, non è peggiorata soltanto per la pandemia ma anche per altri fattori. Il primo è la crisi dei microchip che ha determinato una forte riduzione della produzione, con difficoltà per le case produttrici a soddisfare una domanda che comunque è tutt’altro che tonica perché vi è un certo disorientamento degli acquirenti che sono fortemente stimolati a passare all’elettrico ma ritengono di non poterselo permettere per il loro tipo di utilizzazione dell’auto e per la carenza di infrastrutture di ricarica e, dovendo cambiare l’auto, hanno forti remore ad acquistare una vettura tradizionale perché temono che in pochi anni il valore dell’usato precipiti, perciò non comprano nulla. Infine c’è il terzo fattore, tutto interno al settore dell’auto: è il forte turbamento dei concessionari per i propositi manifestati da molte case automobilistiche di voler superare il sistema delle concessionarie per passare ad altre forme di distribuzione.
D. Sarà realizzabile l’ autosufficienza sui chip e i componenti da parte dei produttori europei?
R. L’autosufficienza sui microchip è possibile ma i tempi non sono brevi. In ogni caso l’Unione Europea ha adottato un provvedimento che potrebbe rivelarsi molto efficace, ha disposto che se uno Stato membro vuole finanziare nel suo territorio una start up per produrre microchip o vuole finanziare produttori esistenti di microchip per aumentare la produzione può farlo liberamente senza incorrere nel divieto di aiuti di Stato. Per quanto riguarda gli altri componenti non ci sono problemi particolari e tra l’altro la posizione dell’Italia è molto forte nella componentistica per auto.
D. Quanto durerà la crisi dei microchip?
R. Una previsione attendibile è tra uno e tre anni.
D. Come si ritroverà modificato il mondo dell’auto a conclusione della crisi del Covid?
R. Se gli orientamenti politici dell’Europa in materia di auto non saranno modificati il parco circolante dovrebbe cominciare a vedere una presenza significativa di auto elettriche, ma non è detto che sia così perché la strada per arrivare a questa soluzione è molto accidentata. Basti pensare che oggi in Italia la presenza di auto elettriche nel parco circolante è dello 0,25%. In verità l’Ue potrebbe rendere meno stringente nei tempi e nei modi la transizione verso l’elettrico considerando anche che le case automobilistiche hanno tratto finora e continueranno a trarre per diversi anni le risorse per la transizione all’elettrico dalla vendita di auto tradizionali.
D. Perché gli incentivi non sembrano più incidere sul mercato?
R. La logica degli incentivi è quella di sostenere il mercato in un momento di particolare difficoltà cercando di anticipare acquisti che in condizioni normali avverrebbero dopo un certo periodo di tempo. È quindi evidente che gli incentivi devono essere limitati nel tempo. Inoltre di fronte all’obbligo imposto dall’Europa della transizione all’elettrico gli incentivi così come proposti fino ad ora non funzionano. Il settore si attendeva che la Legge Finanziaria prevedesse un intervento organico per superare la fase di stop and go degli incentivi, varando un piano per favorire la transizione ecologica dell’auto. Così non è stato, ma il problema resta sul tavolo se si vuole evitare che i proclami sull’ambiente siano solo proclami e non abbiano invece riscontri sui comportamenti dei consumatori. Quello che occorre sarebbe creare le condizioni economiche per aumentare la convenienza ad acquistare auto elettriche. Il costo rischia di essere molto elevato, ma se l’Europa ha deciso di imporre l’auto elettrica, gli Stati membri dovranno trovare le risorse per farlo. Resta da valutare se l’ingentissimo sforzo economico a carico della collettività, necessario per passare all’auto elettrica, sia effettivamente giustificato dai risultati che si potranno ottenere.
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