Il sistema previdenziale italiano va verso un nuovo intervento di riordino che dovrebbe avvenire in due fasi. Una prima fase che si concretizzerà con la prossima legge di Bilancio (che prevede la proroga di un anno per opzione donna e Ape sociale) e un secondo tempo con nuove misure di flessibilità in uscita che dovrebbero prendere il testimone da quota 100 alla fine del 2021. Minimo comune denominatore del dibattito in corso e del confronto tra Governo e parti sociali è rappresentato da un rilancio della previdenza complementare. MF-Milano Finanza ha affrontato il tema con Dario Moltrasio, amministratore delegato di Zurich Investments Life, secondo cui per far decollare le adesioni servirebbe riproporre il meccanismo del silenzio assenso, ma sarebbero anche auspicabili nuove misure di incentivazione fiscale.
Domanda. Gli effetti della crisi pandemica impatteranno in maniera sensibile sull’andamento del pil che costituisce il fattore di rivalutazione del metodo contributivo. Con il nuovo anno poi entreranno in vigore i nuovi coefficienti di trasformazione. Quali sono i riflessi sul gap previdenziale?
Risposta. Purtroppo la combinazione di questi due fenomeni avrà un effetto negativo sul gap previdenziale e spingerà verso un graduale allargamento della differenza tra l’ultimo salario ricevuto e la prima prestazione previdenziale. È proprio il negativo andamento dell’economia italiana che rischia di avere un impatto sulla dinamica futura delle prestazioni previdenziali del primo pilastro. Se il pil non cresce ci si potrà attendere in futuro non solo una rivalutazione molto più contenuta dei montanti contributivi, ma anche un possibile ulteriore intervento in riduzione dei coefficienti di trasformazione laddove la ripresa economica sia più lenta del previsto. Questo fa capire a tutti quanto sia importante in questo momento il sostegno all’economia e alle aziende italiane per consentire una ripresa rapida e duratura dell’economia.
D. Quale è la sensibilità dei risparmiatori per i temi previdenziali e che grado di conoscenza e consapevolezza riscontrate?
R. L’educazione finanziaria in Italia è tra le più basse d’Europa, lo dicono le statistiche sulla conoscenza dei prodotti finanziari e sull’utilizzo degli stessi da parte dei risparmiatori italiani. Questo deficit di conoscenza si evidenzia anche nelle scelte di natura previdenziale, dove purtroppo ancora molte persone tendono a rimandare a domani le scelte di natura previdenziale non rendendosi conto che è proprio la variabile tempo la migliore alleata del risparmiatore. I dati sulla nostra clientela ci dicono che si tende ad aderire alla previdenza complementare tardi, quando si hanno ormai alle spalle già parecchi anni di lavoro e che proprio l’orizzonte temporale così ridotto dell’investimento previdenziale lo rende poco efficace nella chiusura del gap previdenziale. Noi cerchiamo di comunicare questi importanti aspetti ai nostri clienti attraverso la consulenza dei nostri agenti, l’utilizzo di simulatori e il calcolo del gap previdenziale perché solo con un’informazione completa è possibile fare scelte consapevoli.
D. Sostenibilità e adeguatezza sono i due profili fondamentali di un sistema pensionistico. Quale è il contributo che in questa prospettiva può essere fornito dalla previdenza complementare?
R. Previdenza e sostenibilità sono a mio avviso strettamente legate, se pensiamo che un investimento previdenziale può avere un orizzonte temporale che può facilmente superare i 30 anni, quale scelta di investimento può fornire garanzia di adeguatezza e sostenibilità nel tempo se non la scelta di investire in aziende che abbiano aderito a tutti i principi di sostenibilità? Su questo tema l’industria del risparmio gestito sta facendo molti passi avanti ed anche le compagnie di assicurazione stanno mostrando una crescente sensibilità. Credo che il mercato della previdenza giocherà un ruolo molto importante sul piano della sostenibilità degli investimenti.
D. Quali sono secondo i motivi per cui il livello di adesione alla previdenza complementare è ancora ridotto in Italia? Potrebbe essere una buona idea l‘ipotesi di cui si parla di prevedere un nuovo semestre di silenzio assenso?
R. Sono ovviamente favorevole alla proposta di un nuovo semestre di silenzio assenso anche se forse si dovrebbe avere un po’ più di coraggio e rendere strutturale il concetto del silenzio assenso per la previdenza integrativa. Credo altresì che la storia di questo mercato negli ultimi anni ci abbia dimostrato che le misure di incentivazione fiscale sono quelle che hanno aiutato maggiormente la diffusione della previdenza integrativa e quindi se si agisse sull’allargamento dei benefici fiscali si otterrebbero vantaggi sia in termini di numero di adesioni che di importo medio investito. Sarei inoltre favorevole ad un sistema di incentivi fiscali che sia proporzionale alla durata dei versamenti al fine di favorire maggiormente chi versa contributi alla previdenza complementare per un periodo prolungato di tempo provando così da ridurre uno dei maggiori problemi che oggi riscontriamo cioè la forte discontinuità dei versamenti. (riproduzione riservata)
Fonte: