Pagina a cura di Roxy Tomasicchio
Prosegue il processo di rafforzamento della finanza alternativa. Sulla scia della svolta, avviata lo scorso anno, malgrado la crisi causata dalla pandemia, strumenti quali minibond, private equity e invoice trading, per citarne alcuni, tra luglio 2019 e giugno 2020, hanno iniettato nel sistema imprenditoriale italiano 2,67 miliardi di euro (erano 2,56 nel periodo precedente), con una crescita del 4%. Si stima che circa tre mila imprese abbiano sperimentato questi canali: erano solo 1.800 nel 2017-2018, solo l’1% rispetto a chi ne avrebbe avuto la possibilità. A testimoniare questa svolta sono i dati riportati nel terzo Quaderno di ricerca sulla finanza alternativa per le pmi in Italia, redatto dagli Osservatori Entrepreneurship Finance&Innovation della School of Management del Politecnico di Milano, presentato nei giorni scorsi al secondo Alt-Finance Day, organizzato in diretta streaming insieme a Innexta, Unioncamere nazionale e alla Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi.

«La quota è certamente cresciuta e senza dubbio le difficoltà legate alla pandemia hanno spinto numerose pmi a rivolgersi a canali di finanziamento alternativi», commenta a ItaliaOggi Sette Giancarlo Giudici, estensore della ricerca e professore associato di Finanza aziendale, «ciò non toglie che il mercato della finanza alternativa coinvolge un numero ancora limitato di aziende italiane. Da una parte nei fatti le micro-imprese non hanno a disposizione strumenti diversi dal credito bancario; dall’altra è comprensibile che il circuito bancario rimanga ancora l’interlocutore privilegiato e che gli altri investitori possano mettere a disposizione canali complementari alimentando una sana competizione e opportunità di scelta sul mercato. Sicuramente promuovere l’informazione e la trasparenza è un fattore positivo, ma credo che per gli imprenditori un segnale ben più potente sia prendere esempio dalle esperienze positive esistenti di altre imprese». Gli fa eco il direttore di Innexta, Danilo Maiocchi: «Indubbiamente, oltre ai numeri, che già parlano, è evidente la provata difficoltà dell’imprenditore italiano a rivolgersi a forme di finanza alternativa. Proprio per questo le Camere di commercio hanno deciso di investire sul tema, assegnando a Innexta la mission di incrementare la confidenza delle pmi su questi prodotti».

Passando all’analisi degli ambiti in cui la finanza alternativa si concretizza, alcuni comparti sono cresciuti sensibilmente, altri hanno invece mostrato il passo, anche a causa delle incertezze legate alla pandemia. «In questi ultimi 12 mesi è andato molto bene il segmento dell’invoice trading, grazie anche all’avvio di nuove piattaforme», spiega Giudici. «Il motivo è legato al fatto che la cessione della fattura è una procedura molto semplice, che le piattaforme fintech stanno ulteriormente cercando di agevolare grazie all’integrazione con i sistemi Erp delle imprese, che semplificano l’esperienza. Non comporta adempimenti particolari di medio-lungo termine e può essere replicato a piacere. Sono cresciuti molto anche i comparti che tendono a mettere in contatto direttamente pmi e investitori, come il crowdfunding nella versione equity e lending. C’è molta liquidità nel sistema e una certa fascia della popolazione, con buona educazione finanziaria e disponibilità di reddito adeguata, è a caccia di rendimenti positivi per diversificare il portafoglio. Anche grazie ai Pir alternativi ci sono infine investitori istituzionali che sono pronti a lanciare fondi di investimento destinati a private equity e private debt, il che sosterrà questi segmenti: l’unico segmento che ha perso terreno è proprio il private equity».

Ecco in dettaglio i trend dei segmenti principali.

I minibond. Fin dal 2013 sono sempre di più che hanno fatto ricorso al mercato mobiliare per collocare titoli di debito come obbligazioni e cambiali finanziarie (per importi fino a 50 milioni di euro). Al 30 giugno sono state 348 le pmi non finanziarie che hanno emesso minibond, di cui 47 affacciatesi sul mercato per la prima volta nel primo semestre 2020. Il controvalore collocato negli ultimi 12 mesi coperti dalla ricerca è stato di 331 milioni di euro (281 milioni l’anno precedente).

Il crowdfunding. Si tratta della possibilità di raccogliere capitale su portali Internet nelle varie forme ammesse: equità, lending, reward. Nel primo caso, al 30 giugno, 547 aziende si sono assicurate attraverso 402 campagne chiuse con successo un funding pari a 158,86 milioni di euro. Si tratta in gran parte di startup innovative, ma sono arrivate anche altre pmi con le operazioni in ambito real estate. Negli ultimi 12 mesi osservati la raccolta è stata pari a 76,6 milioni di euro, con un incremento del 56% rispetto al periodo precedente. Invece, le piattaforme di lending hanno erogato a titolo di prestito 339 milioni di euro fino al 30 giugno. La raccolta negli ultimi 12 mesi analizzati è stata pari a 179,6 milioni di euro, in aumento del 113% rispetto all’anno precedente, in cui si era registrato un flusso di 84,2 milioni. Si tratta del comparto con il tasso di crescita relativo maggiore. Completa il quadro il reward-based crowdfunding, campagne di piccolo importo che le aziende hanno intrapreso per raccogliere denaro offrendo in cambio prodotti e ricompense non monetarie

Invoice trading. Grazie allo smobilizzo di fatture commerciali tramite il web, sono stati mobilitati quasi 3 miliardi di euro, di cui 1,157 miliardi negli ultimi 12 mesi considerati (+23% rispetto all’anno prima, quando il flusso era stato di 939,3 milioni), piazzandosi nel punto più alto del podio. Va però notato che il ciclo di investimento in questo ambito è molto più breve, trattandosi della cessione a investitori professionali di fatture commerciali a scadenza mediamente di 3-4 mesi.
Direct lending. Si tratta del credito fornito da soggetti non bancari attraverso prestiti diretti: qui è più difficile raccogliere informazioni chiare, perché non pubblicamente disponibili. A oggi si può stimare che siano poche le pmi italiane che hanno ottenuto un prestito diretto da fondi specializzati. Il contributo degli ultimi 12 mesi considerati potrebbe essere intorno ai 22 milioni di euro, più del doppio rispetto al periodo precedente.

Private equity e venture capital. Completano il quadro gli investimenti effettuati da soggetti professionali nel campo del private equity e del venture capital, i quali sottoscrivono capitale di rischio di imprese non quotate con l’ambizione di contribuire attivamente alla loro crescita per poi ottenere una plusvalenza al momento dell’exit. Prendendo in esame solo le operazioni di early stage ed expansion (dove l’investimento viene effettuato con un aumento di capitale e con l’apporto quindi di nuove risorse) e ipotizzando, cosa non scontata, che tutte le operazioni nei due sottocomparti riguardino pmi, da luglio 2019 a giugno 2020 c’è stato un flusso di 238 milioni di euro per l’early stage (su 176 deal) e di 656 milioni per l’expansion (per 41 aziende), per un totale di 894 milioni.

«Il 2021 vedrà una stretta al credito notevole, dovuta a fattori di evidente sovraesposizione sia degli istituti di credito (alle prese anche con le nuove normative Eba sulla classificazione delle sofferenze) sia delle imprese nel post-emergenza Covid», dichiara Maiocchi in merito alle previsioni per il futuro. «Sarà perciò quanto mai importante valorizzare la finanza diretta, e nuove forme di equity o quasi-equity». Secondo Giudici, «rispetto alla finanza alternativa, il fintech è un asset fondamentale e darà un contributo sotto almeno 3 aspetti: l’integrazione con le infrastrutture It dell’impresa, che consentirà di migliorare la user experience, ridurre la burocrazia e accelerare i tempi per i finanziamenti; la gestione dei big data: l’accesso ai dati su pagamenti e transazioni finanziarie è un asset fondamentale per offrire prodotti finanziari di valore sia a imprese sia a investitori (si pensi ai processi di rating; lo sviluppo delle soluzioni blockchain e l’auspicabile regolamentazione dell’offerta di crypto-asset potrà ulteriormente affrancare le pmi dalla dipendenza rispetto alle banche e agli intermediari».

Nuovo slancio a tutto il comparto è atteso anche per il completamento del quadro normativo. «Il sistema camerale», commenta il direttore di Innexta, Consorzio camerale per il credito e la finanza, partecipato da Unioncamere, Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi e dalle altre principali camere di commercio italiane, «auspica un deciso allineamento della normativa a livello europeo, sia a protezione degli investitori ma sia anche per consolidare una offerta che per ora rischia di restare acerba, con ingressi sul mercato senza barriere selettive di qualità. In questo senso va un progetto che abbiamo in corso di rilasciare una piattaforma propria di equity crowdfunding che operi in affiancamento alle risorse camerali di sostegno alle imprese innovative».

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