di Anna Messia
In questi mesi FinecoBank sta continuando a collocare le polizze Vita di Aviva Italia, mantenendo i volumi considerevoli del passato. Ora però, in vista del riassetto che il gruppo assicurativo inglese ha avviato in Europa, aprendo alla cessione di asset non più strategici, Italia compresa (con la vendita anche di 3 miliardi di premi raccolti tramite Unicredit), la banca guidata da Alessandro Foti ha aperto il cantiere delle assicurazioni, come anticipato da MF-MilanoFinanza il 19 dicembre.
Su questo fronte tutti gli scenari restano al momento validi: da nuove alleanze assicurative con chi comprerà gli asset coinvolti nell’operazione Aviva, fino ad un’opzione tutta interna a Fineco, facendo leva sulla società di gestione del gruppo. In ballo c’è un volume d’affari decisamente consistente, visti i circa 1,6 miliardi di raccolta Vita che il gruppo Fineco realizza ogni anno. «Il nostro è storicamente un modello di distribuzione aperto sia nel risparmio gestito sia nel settore assicurativo», spiega a MF-MilanoFinanza, Foti. «Anche per le polizze vita abbiamo scelto quindi di non firmare joint venture o accordi in esclusiva ma in questi anni abbiamo trovato in Aviva un partner in grado di rispettare i nostri standard di qualità di servizio soddisfacendo al meglio le esigenze dei nostri clienti». A questo punto, visto la vendita delle attività italiane avviata dal gruppo Aviva in Italia l’assetto è però evidentemente destinato a cambiare. «Stiamo osservando il processo avviato da Aviva e se ci saranno le condizioni per operare insieme con chi subentrerà saremo ben contenti di farlo, altrimenti lavoreremo su piani alternativi», spiega Foti. Il fatto è che mentre per l’altro pacchetto di polizze Aviva messo in vendita, collocate tramite Unicredit (i 3 miliardi di premi, per un valore di circa 600 milioni) si tratta essenzialmente di vecchie polizze da portare a scadenza, nel caso di Fineco il valore è anche nel nuovo business, come mostrano i numeri della raccolta. L’interesse di un operatore specializzato in run-off (come Athora o Gama Life che secondo voci di mercato sarebbero caldi sul dossier) sarebbe quindi poco utile a Fineco per il futuro, a differenza di un operatore tradizionale con il quale la banca potrebbe lavorare sul nuovo business. «Vedremo e in questo scenario non escludiamo neppure di creare prodotti con una maggior valenza di protezione direttamente per il tramite di Fineco Am, la nostra società di asset management», aggiunge Foti, sottolineando che l’obiettivo di questi mesi sarà evitare che i risparmiatori, spaventati dall’incertezza, «cadano in una nuova trappola della liquidità». Mantenendo i propri risparmi sui conti correnti e con i tassi d’interesse in territorio negativo «rischierebbero di distruggere capitali accumulati con lunghi anni di lavoro», dice.
Intanto Fineco si appresta a chiudere un anno record sia sul fronte della raccolta e delle commissioni ma anche del risultato netto. «A novembre abbiamo avuto un nuovo record di raccolta nel gestito con un risultato di 750 milioni e anche dicembre è andato molto bene. Sono numeri che per alcuni versi ci hanno sorpreso ma i trend di crescita del nostro settore restano confermati e proseguiranno anche nel 2021», conclude Foti, ricordando che si tratta essenzialmente di tre fenomeni: «la richiesta dei clienti di una gestione sempre più efficiente dei propri risparmi, la digitalizzazione dell’offerta, accelerata dalla pandemia, cui si aggiunge la difficoltà del sistema bancario tradizionale destinato a vivere una nuova stagione di aggregazioni». (riproduzione riservata)
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