MANOVRA 2020/ Il senato ha convertito ieri in legge il decreto 124/2019 collegato
Reati tributari compresi nella 231. Con sanzioni pesanti
di Luciano De Angelis e Christina Feriozzi
Applicabili anche incisive sanzioni interdittive nelle ipotesi di reati tributari rilevanti al fine di determinare la responsabilità amministrativa degli enti. Fra queste il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione e l’esclusione e revoca da agevolazioni e finanziamenti. È la conseguenza delle modifiche apportate al dl fiscale (124/2019) che, in un primo momento, aveva recepito il solo art. 2 del decreto legislativo 74/2000 ed ora estende notevolmente i reati tributari ricompresi nelle responsabilità ex 231/01. Con 166 voti favorevoli e 122 contrari il senato ha dato ieri il via libera definitivo alla conversione in legge del decreto fiscale, su cui era stata posta la fiducia. Attesa adesso solo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.
L’estensione della responsabilità amministrativa
Il decreto legislativo n. 231/2001, che disciplina la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica in presenza della commissione di determinati reati vede esteso il proprio raggio di azione anche in presenza di reati tributari.
Come noto, la ratio del decreto legislativo 231/2001 vuole che quando gli organi apicali delle imprese pongano in essere un reato presupposto a favore delle stesse, oltre che la sanzione sul reo, si configurino sanzioni amministrative (e in alcune circostanze, anche interdittive) in capo all’ente. Ora sulla base della direttiva dell’Unione europea, n. 1371/2017 (cosiddetto Pif), il legislatore italiano aveva introdotto (mediante il dl 124/2019) nel decreto legislativo 231/01 un articolo (il 25-quinquesdecies, rubricato «reati tributari») con il quale era stato inserito fra i reati presupposto uno dei principali reati tributari e cioè quello di frode fiscale di cui all’art. 2 del decreto legislativo 74/2000. Ciò comportava, in relazione alla commissione del delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, l’applicazione all’ente della sanzione pecuniaria fino a cinquecento quote. In pratica, se gli organi apicali dell’ente, in assenza di un modello organizzativo e di un qualificato organismo di vigilanza commettessero il delitto di bancarotta fraudolenta con le modalità descritte dalla citata norma, l’ente subirebbe la sanzione pecuniaria fino a 500 quote il cui valore sarà individuato dal giudice. Quest’ultimo stabilirà il dovuto in relazione alle condizioni economico patrimoniali della società o dell’ente, oltre che alla gravità del fatto, ed all’attività svolta per eliminare o attenuare le conseguenze del fatto e per prevenire la commissione di ulteriori illeciti. In ogni caso, essendo il valore della quota pari ad un minimo di 258 euro e un massimo di 1.549 euro, la sanzione amministrativa (in ipotesi di comminazione di 500 quote) andrà da un minimo di 129.000 euro a un massimo di 774.500 euro.
Ora, con la nuova formulazione del dl n. 124/2019, a seguito delle modifiche al decreto fiscale 2020, si estende ancor più la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche anche a chi si avvalga in dichiarazione di altri mezzi fraudolenti (reato di cui all’art. 3, decreto legislativo n. 74/2000), emetta fatture per operazioni inesistenti (art. 8), occulti o distrugga le scritture contabili al fine di evadere le imposte (art. 10), alieni simultaneamente o compia altri atti fraudolenti idonei a rendere anche solo parzialmente inefficace la procedura di riscossione coattiva da parte dell’erario (art. 11). Tutte le disposizioni del nuovo art. 25-quinquiesdecies (sia quelle introdotte in un primo momento relative all’art. 2, che quelle attuali in merito agli artt. 3, 8, 10 e 11; si veda tabella in pagina) hanno efficacia dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della legge di conversione del decreto 124/19.
A riguardo, si ricorda che l’ente andrà esente da responsabilità solo nell’ipotesi in cui provi che l’organo dirigente ha adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi oppure che le persone abbiano commesso il reato eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e di gestione. Nessuna esimente, invece, da responsabilità amministrativa nei casi di assenza del modello organizzativo.
Le sanzioni interdittive
Di notevole impatto sanzionatorio è la prevista possibilità di aggiungere, alle citate sanzioni pecuniarie, le pericolosissime sanzioni interdittive ossia di quelle che vanno a incidere sulla gestione ed operatività aziendale. In particolare, si tratta delle sanzioni di cui all’articolo 9, comma 2, lettere c), d) ed e) del decreto legislativo 231/2001. In altri termini, esse consistono nel divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio; nell’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi; ed infine nel divieto di pubblicizzare beni o servizi. Ricordiamo, infine che se, in seguito alla commissione dei delitti indicati, l’ente ha conseguito un profitto di rilevante entità, la sanzione pecuniaria è aumentata di 1/3. La sanzione pecuniaria, poi, ai sensi dell’art. 10 del decreto legislativo 231/2001, viene applicata per quote in un numero comunque non inferiore a cento ed inoltre, non è ammesso il pagamento in misura ridotta.
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