di Luca Tobagi – investment strategist Invesco
In chiusura di un 2019 che finora è stato molto positivo, e guardando al 2020, due sono a mio avviso i temi principali, due le domande a cui rispondere. La prima: la liquidità accumulata dalle famiglie sui conti correnti tornerà a essere da loro impiegata sui mercati? È possibile che gli europei, e gli italiani in particolare, storicamente abbiano sempre voluto risparmiare più che investire. Oppure questa apparente scissione del risparmio dall’investimento è stata una situazione temporanea, destinata a riassorbirsi nel corso del tempo. A mio parere è verosimile, forse anche di più, che gli italiani fossero genuinamente interessati a compiere un investimento finanziario e che la percezione di incertezza, insieme alla fortissima riduzione dei rendimenti dei titoli di Stato negli anni, li abbiano trattenuti dall’accedere allo sbocco sui mercati finanziari storicamente più consueto, a favore di un approdo ritenuto più sicuro: la liquidità, magari sotto forma di conto corrente bancario o conto deposito. I risparmiatori volevano investire, come d’abitudine, e la liquidità è stata la loro scelta. In quest’ottica, potrebbe essere solo una questione di tempo prima che le famiglie decidano di destinare risorse anche ad altre destinazioni di investimento, con un profilo di potenziale rendimento superiore alla liquidità, specialmente in area euro. La seconda domanda riguarda le prospettive per i mercati azionari. Dopo un anno forte come il 2019 (almeno fino alla fine di novembre), la domanda su quali possano essere le prospettive per il 2020 è naturale. Dopo un anno in forte trend rialzista tendenzialmente ne segue uno più volatile.
I quattro anni in discesa, che trascinano la media in territorio negativo, hanno avuto caratteristiche particolari. A metà del 1981 e del 1990 gli Stati Uniti sono entrati in recessione, nel 2000 è scoppiata la bolla tecnologica a cui è seguita la recessione del 2001, e alla fine del 2018 si sono irrobustite le aspettative di un atteggiamento più restrittivo da parte della Federal Reserve e della Bce, in un contesto di crescenti timori per la guerra commerciale Usa-Cina e per un rallentamento economico. Oggi, guardando al 2020, non ravvisiamo nessuna di queste situazioni. L’economia mondiale non è in recessione né ci sembra di scorgerne una all’orizzonte nei prossimi 12 mesi, in particolare per gli Stati Uniti. Non riteniamo che vi siano bolle speculative nei mercati azionari. Le banche centrali rimangono orientate verso un accomodamento, laddove necessario, e la guerra commerciale purtroppo è una realtà già conosciuta, non una novità. È sufficiente per dire che il 2020 sarà positivo per i mercati azionari? No, ma ci permette di dire che lo scenario macroeconomico che abbiamo in mente per il 2020 non assomiglia a quello che abbiamo visto negli anni negativi del nostro campione. Concentriamoci un momento sugli aspetti positivi: economia comunque in espansione, inflazione moderata e positiva, banche centrali accomodanti, possibili accelerazioni temporanee a sorpresa del ciclo economico nella prima metà del 2020. E aggiungiamo alcuni aspetti specifici della situazione attuale: rendimenti obbligazionari molto compressi o spesso negativi, clima di preoccupazione diffusa, assenza di ottimismo e posizionamento poco affollato per quanto riguarda i mercati azionari e una grande massa di liquidità che continua ad accumularsi attraverso il risparmio e potrebbe aspettare di essere investita dalle famiglie in altre tipologie di attività finanziarie. Diverse di queste caratteristiche, in passato, hanno preceduto un anno positivo per i mercati azionari. L’idea di fondo è che, dopo un 2019 in trend, ci aspettiamo oscillazioni nei mercati azionari nel 2020. Mantenere un bacino di liquidità di dimensione ragionevole per fronteggiarle potrebbe essere una scelta sensata. (riproduzione riservata)
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