Si è svolto nei giorni scorsi a Roma il convegno “Il danno ambientale: prevenzione e riparazione in un Sistema a rete”, promosso dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) al fine di analizzare la situazione a 12 anni dall’entrata in vigore del cosiddetto Codice dell’ambiente (D.Lgs. 152/2006). Il provvedimento in questione recepiva la direttiva europea 2004 “sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale”, istituendo il primo quadro giuridico sul principio “chi inquina paga”. Per danno ambientale si intende qualsiasi deterioramento, significativo e misurabile, provocato a specie e habitat protetti, a fiumi e laghi o al suolo.
Nel corso dell’incontro l’ISPRA ha reso noto di aver seguito, per conto del ministero dell’Ambiente, le istruttorie di 217 casi di danno ambientale, distribuiti sull’intero territorio nazionale nel biennio 2017-2018.
La Sicilia è la Regione dove è stato aperto il più alto numero di istruttorie aperte (38), seguita da Campania e Puglia (25), Toscana (18). L’Ispra segnala che il numero dei casi è in costante aumento per via delle crescenti indagini giudiziarie e di una più diffusa sensibilità pubblica verso le tematiche ambientali.
La maggior parte delle istruttorie per danno ambientale è associata a illeciti compiuti nella gestione dei rifiuti (41%), violazioni in materia di edilizia e paesaggio (19%) e scarichi fuori norma (5%). Un 8% è legato ai cosiddetti “ecoreati” individuati della recente legge n. 68/2015 (disastro ambientale, inquinamento, omessa bonifica), oltre a illeciti relativi alle emissioni in atmosfera, in materia di bonifiche o di Aia (Autorizzazione Integrata Ambientale).
I 217 casi di danno ambientale si dividono in due categorie: 184 si inseriscono in procedimenti giudiziari per reati ambientali ovvero casi di illeciti che finiscono davanti ai tribunali e per i quali il ministero può richiedere la riparazione del danno; gli altri 33 sono, invece, casi extra-giudiziali che si avviano quando enti pubblici, cittadini, comitati o associazioni ambientaliste richiedono, attraverso le prefetture, l’intervento del ministero denunciando potenziali danni all’ambiente.