Gli attacchi informatici nelle economie avanzate, la crisi energetica per l’area medio-orientale, la tenuta politica in Sud America. A livello globale, la disoccupazione. E in Italia? Il default. A dodicimila manager, imprenditori e decison maker del settore privato, scelti in 140 Paesi, il World Economic Forum ha posto questa domanda: quali sono i maggiori rischi che individuate per il business, di qui a dieci anni? Le risposte, che spaziano tra preoccupazioni di natura politica, tecnologica, sociale e finanziaria, sono raccolte nel nuovo studio «Regional Risks for doing business», realizzato in partnership con Zurich e Marsh&McLennan. La mappa dei rischi non è omogenea; il loro assortimento, suggerisce il rapporto, ci dà la misura della vulnerabilità (ambientale, finanziaria e geopolitica) in cui viviamo. «L’incertezza è globale — scrivono i ricercatori del Wef, che ogni anno, dal 2006, redigono anche il Global Risks Report, lo studio “madre” —. Capire quali rischi esistono ed esisteranno a livello regionale è oggi più importante che mai, per prevedere quegli elementi di rottura che potrebbero impattare non solo sul sistema industriale, ma sull’intera società».

Vediamoli allora da vicino. Se il timore più menzionato da imprenditori ed esecutivi è globalmente quello della disoccupazione o della sotto-occupazione, seguito dalla stabilità della politica dei Paesi in cui si opera, a far sussultare i manager delle economie sviluppate, dagli Stati Uniti al Regno Unito, sono invece gli attacchi informatici. Che dall’ottava posizione del 2017, quest’anno arrivano quinti nella classifica globale e primi in Europa. «Colpa» forse di quanto accaduto nel 2017, annus horribilis dell’informatica, con episodi come gli attacchi WannaCry, uno dei peggiori virus degli ultimi decenni. E di certo scandali come quello di Cambridge Analytica o il Russiagate, legato all’elezione di Trump, non devono aver fatto dormire sonni tranquilli a chi ormai attraverso smartphone e piattaforme gestisce buona parte dei flussi operativi e finanziari. I cyber attacchi, insieme al furto di dati, sono percepiti come tranelli in mercati che, sommati, valgono il 50% del Pil mondiale: non uno scherzo. L’invito ai governi, dal Wef, è chiaro: la sicurezza dei sistemi informatici è diventato un prerequisito per attrarre capitali e investimenti.

Il conto della crisi
Dopo il fronte informatico — segnalato in ben 19 Paesi come il più «scoperto» — gli allarmi scattano anche in campo economico. A dieci anni dalla crisi mondiale del 2008 non compaiono più nel podio generale, è vero, ma resistono al gradino numero due, alla voce «bolla speculativa», per esempio in Europa.
E nel Vecchio Continente, dal Portogallo alla Grecia, all’est Europa, a oscurare gli animi dei business men è anche la situazione politica. Un tema che in Italia si declina nell’accezione di un «rischio collasso», finanziario e istituzionale, e che balza in cima alla classifica. «Pur avendo riscontrato alcune fragilità nel sistema italiano— si legge nel report — questo tipo di pericolo risulta anche nella top five di ben 18 Paesi europei, ricordandoci che qui persiste un certo nervosismo, soprattutto per quanto riguarda la salute della finanza». Le scorie della crisi non sono ancora smaltite. E lasciano altri segni, come il rischio percepito di una nuova bolla speculativa, cui si accennava prima, che uomini di affari e imprenditori hanno individuato come il secondo più importante. «Dall’Irlanda a Cipro è un disagio diffuso», scrivono i ricercatori. Rientrano in questo ambito anche le implicazioni della Brexit, ancora non del tutto delineate.

Scorrendo la cartina, si vede ancora che nella Grecia della post Troika, i rischi di default, disoccupazione e crisi fiscale sono sempre in testa alla classifica. Anche in Spagna, dove l’esecutivo europeo è intervenuto rimproverando sforzi insufficienti per la riduzione del debito pubblico nel 2019 (oggi al 96,9% del Pil), la disoccupazione e la bolla speculativa sono in cima alla lista delle preoccupazioni, mentre la debolezza della politica è al quinto posto. Lo stesso trend si rileva in Portogallo: default, politica e bolla speculativa sono ancora una volta le tre scommesse da vincere.
Tornando all’Italia, è invece da notare come al secondo gradino del podio dei rischi ci siano le catastrofi naturali. Una preoccupazione concreta: tra maltempo, calamità naturali, dissesto idrogeologico, il conto per il Paese è di oltre 20 miliardi di euro negli ultimi dieci anni, ha stimato la Cia-Agricoltori Italiani.

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