I dati raccolti dall’Università di Padova per il periodo 2012-2016 nel Triveneto
Pagina a cura di Roxy Tomasicchio
Diminuiscono i reati contestati alle imprese relativi all’applicazione del dlgs n. 231/2001, meglio noto come decreto sulla responsabilità di enti e società. Si è passati dai 93 procedimenti del 2012 ai 61 del 2016, nel Triveneto, per effetto di una maggiore sensibilità delle imprese, da un lato, e di una maggiore diffusione della conoscenza dello strumento, dall’altro, come spiega a ItaliaOggi Sette Riccardo Borsari, professore di diritto penale commerciale e diritto penale dell’economia all’Università degli Studi di Padova, che, in collaborazione con il dipartimento di diritto pubblico internazionale e comunitario dell’Università degli Studi di Padova, ha condotto un’analisi sui procedimenti aperti da 12 procure della repubblica presso i tribunali del Triveneto tra il 2012 e il 2016. «Dall’analisi emerge un’applicazione piuttosto disomogenea della normativa», aggiunge Borsari, «va considerato che il Triveneto è una delle aree a maggior tasso di presenza di imprese quindi ritengo possa rappresentare una fotografia, seppur parziale, della situazione nazionale».
Tra il 2012 e il 2016 il calo di reati contestati su base quinquennale è stato del -34% (-8,5% su base annua). In controtendenza il Friuli-Venezia Giulia. Infatti, in Veneto sono stati 57 i procedimenti aperti nel 2012, scesi a 23 nel 2016; in Trentino Alto Adige i provvedimenti sono passati dai 19 ai 13 del 2016; nel Friuli-Venezia Giulia, si è passati dai 17 del 2012 ai 25 del 2016 con un picco di 45 nel 2015. Picco anche, in Friuli Venezia Giulia, per l’applicazione delle misure cautelari: 17 nel quinquennio, contro le 7 applicate dalle procure del Veneto e le 3 da quelle del Trentino Alto Adige. «Non abbiamo risposte certe», commenta Borsari, «ma il calo può indicare maggiore sensibilità delle imprese, che hanno adottato i modelli di organizzazione; e una più diffusa cultura e conoscenza dello strumento. Ciò significa che le procure selezionano, guardano con maggiore attenzione a reati con una certa significatività, come per esempio quelli legati a procedimenti in materia di sicurezza». Proprio dando uno sguardo alle tipologie di reato contestate, il 76% riguarda la salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, il 16% sono illeciti ambientali, l’8% contro la pubblica amministrazione, il 4,5% riguarda la ricettazione, il riciclaggio e la provenienza illecita di danaro, il 2,5% sono reati societari. Nove procedimenti su dieci, secondo stime, si sono conclusi con un patteggiamento di una multa pecuniaria. Altro trend: mentre diminuiscono i procedimenti, aumenta il numero di reati presupposto (reati commessi da una persona fisica che fanno scattare la responsabilità amministrativa). I più frequenti nei cinque anni analizzati in Triveneto sono stati quelli in materia di salute e sicurezza sul lavoro (151), ambientali (31) e contro la p.a. (16); si tratta di un dato importante che aiuta a capire su cosa le aziende debbano investire per prevenire questi reati ma anche in quali ambiti puntare per migliorare le proprie prestazioni. «L’adozione dei modelli di 231 costringe l’impresa a guardare a fondo dentro se stessa e dunque induce meccanismi virtuosi di automiglioramento a 360 gradi», spiega Borsari, «va considerato che gli adempimenti del decreto 231 già oggi rappresentano uno strumento sempre più necessario per far fronte alle istanze di legalità e responsabilizzazione». E, conclude Borsari, «il whistleblowing è uno dei metodi per far venire alla luce i reati, è strumento delicato da maneggiare con molta cura, anche perché non tipico della nostra cultura. Non siamo ancora pronti per questo tipo di incentivo da applicarsi anche nella 231, ma che molto si può fare perché coloro che effettuano una segnalazione non siano tacciati come spie».
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