di Andrea Pira
Dopo i fondi pensione, anche le casse previdenziali saranno escluse dal rischio bail-in. Uno scudo che eviterà agli enti di vedere i propri conti correnti intaccati in caso di crisi degli istituti bancari. La modifica era attesa, tant’è che in occasione della presentazione del settimo rapporto dell’Adepp, il presidente Alberto Oliveti si era detto fiducioso nella possibilità che nella legge di Bilancio fosse corretta «la svista del legislatore» che in occasione della manovrina correttiva di primavera era intervenuto a tutela dei fondi di previdenza complementare, ma non degli enti di previdenza privata di primo pilastro.
La modifica arriva con un emendamento alla manovra presentato dal deputato del Partito democratico, Titti Di Salvo, che prevede inoltre, dal prossimo gennaio, il pagamento delle pensioni al primo del mese. Approvato ieri in commissione Bilancio alla Camera, nel corso del rush finale per portare il provvedimento in Aula oggi, nel testo si legge che «sulle somme di denaro e sugli strumenti finanziari delle associazioni o delle fondazioni depositati a qualsiasi titolo presso un depositario non sono ammesse azioni dei creditori del depositario, del sub depositario o nell’interesse degli stessi».
Inoltre, dal 2020 le Casse non dovranno rispettare i vincoli della revisione della spesa. Uno slittamento di due anni rispetto a quanto chiedeva una precedente versione della proposta di modifica, che faceva partire l’esclusione dalla spending review nel 2018. Un contributo «controverso», criticato rivendicando la propria autonomia, iniziato nel 2012 con l’applicazione agli enti di un prelievo del 5% successivamente aumentato fino al 15%, che nel solo 2015 è costato 10,8 milioni di euro e sul quale si è espressa ai primi dell’anno la Corte Costituzionale.
Dal 2020 quindi agli enti, che ora attendono la pubblicazione del decreto sugli investimenti ancora in stand by, non saranno applicate «le norme di contenimento delle spese previste per gli altri soggetti inclusi nell’elenco delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato» dell’ Istat.
Quanto agli altri emendamenti in manovra, spicca il ritiro delle modifiche in tema di lavoro che portava da quattro a otto le indennità per i licenziamenti senza giusta causa. Dai lavori della Commissione, che nella notte di lunedì ha anche approvato la rimodulazione della web tax (criticata dai relatori del provvedimento al Senato) portando il prelievo dal 6 al 3%, è emerso anche il ritardo del governo nella compilazione del cosiddetto albo sugli aiuti di Stato, richiesto dall’Unione europea. Ad ammettere l’errore è stato il viceministro dell’Economia, Enrico Morando. Il rischio è che dal 1 gennaio gli aiuti siano bloccati. Le regole comunitarie prevedono infatti che se non incluso nell’elenco il sostegno sia da considerarsi illegittimo. Pertanto il governo ha chiesto una proroga per la compilazione in quanto, a pochi giorni alla scadenza, il lavoro è «decisamente incompleto» ha spiegato Morando. (riproduzione riservata)
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