Introdotta dall’ultima legge di Bilancio nell’ambito delle misure di prepensionamento, la Rita è la possibilità di ottenere una «rendita temporanea» dal proprio fondo pensione da parte di tutti i lavoratori dipendenti, sia pubblici sia privati.
La misura fa il paio con l’Ape, tanto che trova applicazione per lo stesso periodo (dal 1° maggio 2017 fino al 31 dicembre 2018) e con i medesimi requisiti.
La bozza di legge Bilancio 2018, tuttavia, prevede di renderla strutturale. Si rivolge ai lavoratori iscritti alla previdenza integrativa e, precisamente, come sottolineato dalla Covip, alle forme pensionistiche complementari (cioè ai fondi pensioni) in regime di contribuzione definita (si sa quanto si paga di contributi, ma non si sa precisamente quanto sarà la prestazione). Ne sono esclusi, per contro, i lavoratori iscritti a fondi pensione in regime di prestazione definitiva (si sa quale sarà la prestazione). Finalità della Rita è offrire ai lavoratori un sostegno finanziario, in vista della maturazione dei requisiti per la pensione. Le condizioni di praticabilità sono due: a) possesso dei requisiti per l’Ape; 2) cessazione del rapporto di lavoro.
Pertanto, per aver diritto alla Rita i lavoratori devono produrre la certificazione rilasciata dall’Inps ai fini del riconoscimento del diritto all’Ape, la quale costituisce «condizione indispensabile». Il fatto di dover produrre il certificato Ape, tuttavia, non vuol dire che il lavoratore ne debba fare anche richiesta: l’importante è possederne i requisiti, mentre il lavoratore resta libero di decidere di fruire solo della Rita, solo dell’Ape o di entrambe le prestazioni (Ape e Rita).
La Rita praticamente è l’erogazione frazionata del montante accumulato nel fondo pensione dal lavoratore. Spetta a quest’ultimo decidere quanta parte del montante trasformare in Rita e anche il periodo di erogazione, che va dalla richiesta fino alla pensione Inps per una durata massima di tre anni e sette mesi (vincolata al requisito Ape). Per quanto riguarda la periodicità del frazionamento, invece, la Covip ha rimesso la decisione ai fondi pensione, suggerendo loro di fornire più opzioni alternative che possano rispondere alle diverse esigenze dei lavoratori.
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