di Anna Messia
L’Ivass scende di nuovo in campo per tentare di svegliare le polizze dormienti chiedendo i codici fiscali dei clienti alle compagnie di assicurazione. Si tratta dei prodotti Vita arrivati a scadenza senza che beneficiari o legittimi eredi ne abbiano chiesto il rimborso. In ballo, per l’Ivass, ci potrebbero essere circa 4 milioni di prodotti scaduti negli ultimi cinque anni che non vengono incassati perché se ne ignora l’esistenza. Somme che, trascorsi dieci anni dalla scadenza della polizza, finiscono in un apposito fondi della Consap, la concessionaria dei servizi assicurativi pubblici controllata dal ministero dell’Economia. Da tempo Ivass si è mossa per far sì che quei capitali finiscano nelle tasche dei legittimi beneficiari. A fine 2016 l’istituto presieduto da Salvatore Rossi aveva avviato un’indagine con l’intenzione di fotografare la dimensione del fenomeno in termini di numero di polizze e capitali dormienti, oltre che per acquisire informazioni sui processi posti in essere dalle imprese per verificare i decessi dei propri assicurati, e identificarne e rintracciarne i beneficiari. Da quella analisi era appunto emersa la stima delle 4 milioni di polizze. Un fenomeno derivante da carenze nelle procedure adottate dalle imprese per verificare i decessi degli assicurati e per rintracciare i beneficiari, aveva segnalato in Ivass, dove avevano notato il diffuso utilizzo di designazioni generiche dei beneficiari, unito a scarse informazioni fornite al momento della stipula del contratto.
Le assicurazioni, rappresentate da Ania, dal canto loro avevano sottolineato che, in questa questione i clienti e le imprese sono dalla stessa parte ricordando che, senza richiesta di rimborso del capitale, i denari finiscono appunto alla Consap. Al punto che l’associazione presieduta da Maria Bianca Farina è stata pronta a rendersi disponibile per fare da tramite tra gli interessati e le imprese, per verificare di quale compagnia si tratti nel caso in cui i beneficiari o gli eredi non conoscano il nome della compagnia di assicurazione. Il problema, hanno segnalato dalle compagnie, è che le assicurazioni non hanno accesso ai dati dell’anagrafe per verificare le informazioni. E in effetti tutti sono d’accordo sulla necessità dell’intervento di una modifica legislativa che consenta alle imprese di assicurazione di accedere all’istituenda Anagrafe Nazionale sulla Popolazione Residente (Anprs). Intanto però, nell’attesa, l’Ivass tenta di sbloccare la situazione e in una lettera inviata alle compagnie ha chiesto loro appunto di fornire l’elenco dei codici fiscali relativi agli assicurati delle polizze scadute negli anni dal 2012 al 2016, per le quali l’impresa non è riuscita a verificare l’eventuale decesso dell’assicurato. Informazione che l’autorità vuole incrociare, in collaborazione con l’Agenzia delle Entrate, con l’anagrafe tributaria, al fine di accertare appunto l’avvenuto decesso dell’assicurato e la relativa data.
Non solo. L’istituto guidato da Rossi ha guardato anche più indietro nel tempo e ha chiesto alle imprese anche i codici fiscali dei contratti scaduti nel quinquennio precedente, ovvero dal 2007 al 2011. Le risposte dovranno arrivare all’autorità entro il 31 gennaio e una volta ottenute le informazioni dall’agenzia tributaria l’Ivass restituirà a ciascuna impresa i codici fiscali relativi alle persone decedute. In pratica l’istituto vuole tentare di risolvere i problemi informativi con l’obiettivo di liberare le risorse bloccate nelle polizze dormienti. In Francia, iniziative di questo genere hanno avuto successo facendo emergere più di 5 miliardi di euro di polizze dimenticate. In Italia si prova a replicare. (riproduzione riservata)
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