Sono 32 i fondi, due milioni e 670 mila i lavoratori aderenti, oltre 47 miliardi di euro le risorse accumulate per le future prestazioni, la raccolta netta è in crescita e i rendimenti nel medio-lungo periodo sono nettamente superiori alla rivalutazione del Tfr: questo il quadro positivo che emerge dal “Rapporto sui fondi pensione negoziali 2017” presentato oggi a Roma in occasione dell’Assemblea annuale di Assofondipensione, cui sono intervenuti tra gli altri il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia, il ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Giuliano Poletti, il sottosegretario del ministero dell’Economia e delle Finanze Pierpaolo Baretta, il responsabile Servizio Politiche Previdenziali della Uil Fabio Porcelli e il presidente della Covip Mario Padula. I lavori si sono aperti con la relazione del presidente di Assofondipensione Giovanni Maggi e chiusi con le conclusioni del vice presidente Roberto Ghiselli.
Negli ultimi tre anni, anche grazie all’adesione contrattuale generalizzata introdotta per via contrattuale in alcuni settori, gli iscritti ai fondi sono aumentati del 12%. “Nonostante lo sviluppo dei fondi pensione rappresenti un’esperienza di successo – ha sostenuto il presidente di Assofondipensione Giovanni Maggi – non si può tuttavia trascurare che oggi sono iscritti meno di un terzo dei lavoratori potenzialmente aderenti, nonostante una previdenza pubblica non più in grado di garantire trattamenti pensionistici adeguati”.
Per questo Assofondipensione ha posto oggi tra i temi centrali dell’Assemblea quello della crescita dimensionale dei fondi, obiettivo da perseguire con iniziative che favoriscano l’incremento degli iscritti e conseguentemente dei patrimoni gestiti: a partire dall’educazione previdenziale e dalla comunicazione, per rilanciare le adesioni e accrescere la consapevolezza dell’importanza di aderire alla previdenza complementare, anche fungendo da stimolo per il Governo e i Ministeri competenti per una ripresa dell’informazione a livello istituzionale.
L’altro tema di grande rilevanza che il presidente Maggi ha affrontato nella sua relazione è quello degli investimenti nell’economia reale. “I fondi negoziali – ha sostenuto – sono ormai investitori istituzionali maturi, capaci di essere doppiamente utili all’economia del Paese: da una parte come collettori del risparmio previdenziale, dall’altra come finanziatori dell’economia produttiva. Tenendo in considerazione gli incentivi fiscali introdotti dalla recente normativa, l’Associazione si propone di trovare una sintesi di sistema che crei le condizioni per consentire ai fondi pensione di destinare, liberamente e volontariamente, almeno una parte del risparmio previdenziale al finanziamento dell’economia reale e allo sviluppo infrastrutturale. Ciò in cambio di buoni rendimenti e adeguate condizioni di controllo del rischio per gli aderenti”.
La spirale virtuosa è già stata avviata. Sette fondi pensione negoziali hanno investito o hanno intrapreso i primi passi per investire nell’economia reale, tramite fondi di investimento o mandati specializzati. Al 30 giugno 2017 l’ammontare complessivo degli investimenti già effettuati attraverso strumenti specializzati in private debt, private equity, infrastrutture ed energie rinnovabili ammonta a 122,5 milioni di euro, pari allo 0,3% degli investimenti diretti e in gestione totali dei fondi pensione. L’impegno complessivo assunto è pari a 331,7 milioni di euro, di cui 181,7 in Italia. La quota maggiore va agli investimenti in private debt (74,1%), seguiti dal private equity (16%), dalle energie rinnovabili (7,2%) e dall’housing sociale (2,8%).
Nei primi sei mesi del 2017 il rendimento medio dell’insieme dei fondi pensione negoziali è stato del +0,9%, non lontano dal tasso di rivalutazione del Tfr (+1,1%). Il risultato è stato influenzato dall’andamento negativo nel semestre del mercato obbligazionario.
Nel medio-lungo periodo la performance dei fondi pensione negoziali supera ampiamente la rivalutazione del Tfr. Dal 2008 al giugno 2017 il rendimento medio è stato +36,5%, mentre il Tfr si è rivalutato del +22,5%. Considerando l’arco temporale degli ultimi 5 anni, dal 2012 al 2016, il divario è ancora più netto: +29,1% per i fondi pensione negoziali contro +8,9% di rivalutazione del Tfr.
Gli investimenti diretti e indiretti ammontano a 47,3 miliardi di euro (dati al 30 giugno 2017). Del totale il 45,9% è investito in titoli di Stato, il 20,4% in azioni e altri titoli di capitale, il 17,6% in obbligazioni, l’8% in fondi comuni e Etf, il 7,2% in depositi bancari e il restante 0,9% in altre attività. Rispetto a fine 2016 si è ridotta notevolmente la quota di titoli di Stato (era il 55,1%) a favore di una maggiore presenza in portafoglio di obbligazioni, azioni e altri titoli di capitale, fondi e depositi bancari.
A fine 2016 il 32,3% degli investimenti dei fondi pensione negoziali era allocato in Italia, il 46,6% in altri Paesi dell’Unione Europea, il 20,7% in altri Paesi dell’Ocse e lo 0,4% in Paesi al di fuori dell’Ocse. Degli investimenti in Italia la stragrande maggioranza è rappresentata da titoli di Stato (83,5%), seguiti da depositi bancari (9,3%), obbligazioni (3,8%), azioni (3,3%), quote di fondi e Etf (0,1%) e dai depositi bancari (9,3%). Questo significa che poco meno di 1 miliardo di euro risulta investito dai fondi pensione negoziali in aziende italiane tramite l’acquisto di titoli di capitale o titoli di debito.