Da maggio 2017 il nuovo regime per chi ha iniziato a lavorare a 18 anni o primaSconto di 22 mesi per i lavoratori, 10 per le lavoratrici
di Daniele Cirioli
Anticipo di pensionamento per chi abbia cominciato a lavorare a 18 anni o ancora prima e sia disoccupato, invalido, impegnato in attività usurante o beneficiario dei permessi della legge n. 104. L’anticipo è di 22 mesi per i lavoratori e di soli 10 mesi per le lavoratrici, mediante la riduzione a 41 anni per tutti del requisito contributivo unico (a prescindere, cioè, dall’età) per la pensione d’anzianità. A stabilirlo è il ddl di Bilancio 2017. La novità sarà operativa dal 1° maggio 2017.
Una misura per pochi. La misura interessa alcune categorie dei lavoratori c.d. «precoci», che hanno cioè cominciato a lavorare in tenera età, prima dei 18 anni, e consiste nella riduzione del requisito contributivo per l’accesso alla pensione di anzianità a 41 anni, per uomini e donne (si ricorda che quello contributivo è l’unico requisito per questo tipo di pensione, cui si può accedere a prescindere dall’età). L’anticipo di pensione, dunque, è di un 1 anno e 10 mesi agli uomini e di 10 mesi alle donne, come si vede in tabella (per le donne già oggi il requisito contributivo unico è inferiore di 1 anno rispetto a quello degli uomini). Come detto, la novità non interessa tutti i lavoratori ma soltanto quelli precoci; inoltre, di questi, è fruibile soltanto da alcune categorie. Insomma, possono beneficiare del prepensionamento d’anzianità i lavoratori che contemporaneamente:
a) rientrano in una delle categorie espressamente individuate dal ddl di Bilancio 2017 (sono le categorie indicate in tabella e vanno dai soggetti disoccupati a quelli che hanno svolto lavori usuranti e faticosi. Eccetto quest’ultima categoria, risultano essere praticamente le stesse categorie di lavoratori beneficiari dell’Ape sociale, si veda ItaliaOggi del 7 dicembre scorso);
b) sono «precoci», intendendosi per tale il lavoratore che, avendo iniziato a lavorare in tenera età (da cui «precoce»), risulti in possesso di almeno 12 mesi di contributi per periodi di lavoro effettivo prestato prima del compleanno del diciannovesimo anno d’età.
Requisito ridotto. La misura sarà operativa dal 1° maggio 2017 quando l’accesso alla pensione di anzianità, per le predette categorie di lavoratori, potrà avvenire con i seguenti requisiti: uomini = a qualunque età, con 41 anni di contributi (anziché 42 anni e 10 mesi); donne = a qualunque età, con 41 anni di contributi (anziché 41 anni e 10 mesi).
Per il futuro il nuovo requisito (41 anni) resta soggetto all’adeguamento della speranza di vita, così come per tutti i requisiti di pensione (il prossimo ci sarà nell’anno 2019). In tabella sono indicati gli aggiornamenti stimati per l’anno 2019 (aumento di 4 mesi) e per l’anno 2021 (tre mesi in più).
Il cumulo con redditi da lavoro. Chi si avvarrà del nuovo requisito sarà soggetto al regime di «incumulabilità» della pensione con eventuale reddito da lavoro, dipendente o autonomo, per un periodo di tempo pari allo sconto (cioè all’anticipo di pensione) rispetto ai vecchi requisiti. Per fare un esempio, nel 2017 uomini e donne potranno mettersi in pensione d’anzianità a 41 anni invece che a 42 anni e 10 mesi (uomini) ovvero 41 anni e 10 mesi (donne). Quindi gli uomini ottengono uno sconto di 1 anno e 10 mesi e le donne di 10 mesi: il regime di incumulabilità della pensione con i redditi da lavoro opererà per tale periodo di tempo.
L’anticipo non vale per la buonuscita. Per i lavoratori pubblici (statali, dipendenti di enti locali, di pubbliche amministrazioni, di enti pubblici di ricerca, etc.) la riduzione del requisito per la pensione di anzianità non ha efficacia per l’accesso al trattamento di fine rapporto lavoro (tfr) o di fine servizio (tfs), continuandosi ad applicare il requisito oggi vigente. In altre parole, i lavoratori pubblici potranno andare in pensione d’anzianità con 41 anni di contributi nel 2017 e nel 2018, ma riceveranno il tfr o tfs dopo un anno e 10 mesi (cioè in base al requisito non ridotto di 42 anni e 10 mesi) se uomini e dopo 10 mesi se donne (cioè in base al requisito non ridotto di 42 anni e 10 mesi); nel 2019 potranno mettersi in pensione d’anzianità con 41 anni e 4 mesi di contributi (per effetto della speranza di vita), ma riceveranno il tfr o il tfs dopo un anno e 10 mesi (cioè al maturare del requisito non ridotto di 43 anni e 2 mesi) se uomini ovvero dopo 10 mesi se donne (cioè al maturare del requisito non ridotto di 42 anni e 2 mesi); e così via.
Misura vincolata alle risorse. L’anticipo concesso entro i limiti delle risorse stanziate allo scopo: 360 mln di euro per l’anno 2017, 550 milioni per l’anno 2018, 570 mln di euro per l’anno 2019, 590 mln di euro a partire dall’anno 2020. Se dal monitoraggio delle domande accolte dovesse emergere un’insufficienza dei fondi pubblici, la decorrenza delle pensioni d’anzianità sarà fatta slittare fino a rientrare nelle disponibilità di risorse finanziarie, allo scopo di consentire la fruizione del beneficio al più ampio numero di lavoratori, secondo modalità e criteri che verranno stabiliti con apposito decreto (dpcm).
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