di Massimo Venturato
Rimangono aperti i problemi relativi alle polizze assicurative per rischi professionali. In questi giorni, molti commercialisti e revisori stanno affrontando la questione assicurativa con i propri agenti di fiducia, ma non si trovano ancora le soluzioni.
Uno dei problemi più frequenti è quello della cosiddetta «postuma». Infatti, la quasi totalità delle compagnie assicurative pone in essere polizze con la clausola «claims made», ovvero la previsione di copertura anche per fatti accaduti prima della stipula della polizza, che hanno comportato una richiesta di risarcimento. E qui bisogna fare attenzione.
Anche se è vero che in una recente decisione la Suprema corte si è soffermata sulla natura ed efficacia della clausola claims made, ribadendo che con la stessa si garantisce all’assicurato la copertura assicurativa in tutti i casi in cui la domanda di risarcimento dei danni sia proposta contro l’assicurato nel periodo di validità-efficacia della polizza, pur se il comportamento illecito da cui deriva la responsabilità si sia verificato prima della stipulazione del contratto, i problemi possono insorgere.
Innanzitutto va verificato il periodo di copertura antecedente alla stipula che, essendo normalmente di tre anni, esclude fatti accaduti in periodi pregressi. In secondo luogo, vale solo, come dice anche la Suprema corte, nel periodo di validità-efficacia della polizza stessa. Che vuol dire che se si verifica una richiesta danni e non c’è più la polizza in essere, perché ad esempio il soggetto è andato in pensione oppure perché dopo un altro «fattaccio» nessuno ha più voluto assicurarlo, l’assicurazione non risponde. Per ovviare a questo problema dovrebbe essere prevista in polizza la cosiddetta «postuma» ovvero la previsione di copertura anche per un periodo successivo alla cessazione di validità della polizza stessa per fatti accaduti nel periodo assicurato.
Ma per quanto dovrebbe durare questo tempo a disposizione a polizza scaduta? Potrebbe, ad esempio, essere un periodo pari al termine di prescrizione per l’accertamento da parte dell’Agenzia delle entrate, almeno pari, insomma, al termine di prescrizione breve di cinque anni. Un altro problema aperto è quello della definizione dei sinistri. Succede che, ad esempio, un comune abbia avuto, a seguito di controlli della Ragioneria generale dello stato, dei rilievi con obbligo di recuperare delle somme dai dipendenti in quanto, a suo dire, indebitamente pagati.
La Procura contabile della Corte dei conti ha indicato i soggetti verso i quali effettuare il recupero, estendendo anche ai revisori in carica nel periodo del percepimento, la responsabilità in solido. In tal caso, il professionista azionerà la polizza, ancorché non ci sia una vera è propria richiesta di risarcimento.
Il problema conseguente è che mentre l’ente ci mette degli anni a recuperare le somme, a causa del fatto che non sempre i soggetti percipienti sono ancora in forza, il «povero» revisore deve tenere aperto un sinistro con scadenza «sine die» che inevitabilmente gli andrà ad incidere nel costo del premio.
In queste e in altre questioni aperte, va fatta chiarezza e impostata una rinegoziazione generale con tutte le compagnie di assicurazione, con la partecipazione dell’Ivass, l’istituto di vigilanza sulle assicurazioni, a tutela di tutti i commercialisti e revisori.
Questo sarà uno dei compiti di cui si dovrà far carico il nuovo Consiglio dei dottori commercialisti ed esperti contabili che verrà eletto il prossimo 9 gennaio.
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