Un mondo di bassi tassi, volatilità strisciante, elevata domanda dei risparmiatori, requisiti di capitale sofisticati e granulari può essere affrontato con successo e in modo sostenibile dalle assicurazioni vita europee? Se lo scenario appare difficile, la missione non appare impossibile. L’affermazione non è di mero principio o puro ottimismo della volontà. Il caso del Giappone, con tutte le sue peculiarità, è lì a ricordarcelo: un lungo periodo di tassi zero non ha cancellato il business Vita dalla faccia della terra nipponica. E il comparto vita è parte fondamentale dell’assicurazione in tutti i paesi avanzati. Se guardiamo all’Europa e vogliamo individuare l’elemento centrale per lo scenario dell’assicurazione Vita, saremmo in prima battuta incerti tra regime di bassi tassi di interesse da un lato e Solvency 2 dall’altro. In realtà il tema chiave è proprio il combinato disposto dei due fattori. Infatti l’effetto tassi zero è poderoso proprio perché in Solvency 2 il bilancio economico riflette già oggi sia la proiezione nel tempo dei (bassi) rendimenti degli attivi sia l’attualizzazione delle passività assicurative. In altre parole, Solvency 2 sarebbe tutt’altra cosa in un contesto di tassi relativamente elevati. Entrambi gli elementi di scenario sembrano qui per rimanere. Ciò appare ovvio per Solvency 2, anche se un sistema di questa complessità e ambizione subirà probabilmente revisioni nel tempo (e magari anche semplificazioni). Forse è meno scontato, in linea di principio, per i tassi di interesse. Ma tutto va in questa direzione. Trappola della liquidità, stagnazione secolare e difficoltà dell’exit strategy sono i concetti ricorrenti che costituiscono il substrato teorico del regime dei bassi tassi. Sotto il profilo empirico, d’altro canto, nella matrice dei tassi forward non si scorge su qualsiasi scadenza un valore che inizi con una cifra maggiore del 2 (%). Poco conta che le controindicazioni dei tassi a zero comincino a emergere, tra queste in primis la scarsa remunerazione attesa del risparmio previdenziale. È dunque questo il new normal dell’assicurazione vita europea.
Ogni piano industriale con ipotesi diverse e più aggressive in tema di rendimenti attesi non potrebbe che essere facilmente giudicato poco credibile. Se tutto questo è la premessa maggiore, corollari rilevanti sono l’accentuarsi della volatilità di breve e il rischio di bolle finanziarie. Ma lo è anche una domanda di prodotto vita destinata a restare strutturalmente elevata, principalmente per effetto dell’abbondante liquidità e della ricerca di protezione dalla volatilità da parte dei risparmiatori. Quale allora la direzione da prendere in un mondo così nuovo, quale la bussola per orientarsi in terre così ignote?
Non esiste ovviamente una killer application per affrontare il nuovo mondo, ma una pluralità di leve da gestire in modo integrato. In sintesi possiamo così elencarle:
– crescere per generare capitale operativo e sfruttare le economie di scala;
– presidiare attivamente il backbook, in maniera logicamente e operativamente distinta dal new business;
– gestire ex ante nel tempo la volatilità del bilancio economico S2, incrementando progressivamente di esercizio in esercizio la patrimonializzazione dell’impresa;
– mantenere strutturalmente allineate attività e passività dell’impresa;
– diversificare in maniera coerente gli investimenti finanziari, integrandole opportunamente nel risk appetite e avvalendosi della tecnologia di Solvency 2;
– articolare le linee di prodotto, calibrando le loro caratteristiche tecniche e senza omologare l’assicurazione vita all’asset management, ma sviluppandone piuttosto tutte le peculiarità.
Il raggiungimento di grandi traguardi si fonda spesso sulla visione del mondo assunta a fondamento dell’azione quotidiana. La sfida descritta sarà a lungo con noi. (riproduzione riservata)
* amministratore delegato di Eurovita Assicurazioni