di Manuel Follis
Quando si parla di informazioni, sicurezza e internet, la maggior parte delle novità avviene in un mondo fatto di codici e stanze piene di schermi. Dando qualche numero ci si può rendere conto di quanto questa realtà sia destinata a cambiare gli equilibri delle aziende e del mondo economico e finanziario.
Il solo mercato riguardante l’IoT (internet delle cose) secondo McKinsey & Company avrà un impatto economico potenziale di 11,1 trilioni di dollari nel 2025 (circa l’11% dell’economia globale). Non solo, ma già oggi (senza aspettare il 2025) è in corso una guerra silenziosa tra Europa e Stati Uniti in merito alla localizzazione fisica dei dati della popolazione. «In questo momento nel mondo ci sono 3 miliardi di utenti connessi a internet, che in pochi anni diventeranno 5 miliardi. La produzione di dati aumenta costantemente e soprattutto sempre più parti fondamentali della nostra economia nascono nel mondo digitale o sono canalizzati attraverso questo mondo», spiega a MF-Milano Finanza Stephane Klecha, fondatore di Klecha & Co. società di consulenza finanziaria per le società operanti nei settori strategici: tecnologia e software, difesa e energia. Insomma, il futuro sarà ben diverso da come ce lo potremmo aspettare. L’ex ceo di Cisco, John Chambers, ad esempio ha detto che in 15-20 anni un terzo dell’economia che conosciamo oggi non ci sarà più. Secondo Klecha, «un terzo dell’economia vivacchierà, mentre il restante terzo sarà interamente nato dalla rivoluzione industriale che stiamo vivendo». La rivoluzione di cui parla Klecha ha a che fare con il cyberspazio. Quest’ultimo è il termine convenzionalmente usato per riferirsi all’ambiente in cui avvengono le operazioni che fanno uso di Internet. La riduzione dei costi di accesso alla rete e lo sviluppo della banda larga comporteranno un’ulteriore crescita del cyberspazio, rendendolo un fattore sempre più cruciale per la crescita economica e sociale. Oggi è davvero possibile avere una fotografia in tempo reale di come sta andando il mondo, aspetto inimmaginabile fino a pochi anni fa che però ha implicazioni mostruose. Cosa serve per poter accedere e raggiungere questa conoscenza? «Strumenti tecnologicamente iper avanzati che consentono di elaborare tonnellate di dati in tempo reale e dare a quei dati una forma e un significato», risponde senza esitare Klecha. Sono questi i «big data» di cui si parla spesso. Banalmente: informazioni. «Tra due società dello stesso settore, di qualunque settore si parli, avere strumenti a disposizione per l’analisi di tutti i dati relativi ai clienti, avere maggiori informazioni farà la differenza tra sopravvivere e finire invece tra quel terzo di aziende che in 15-20 anni non ci saranno più».
L’aumento della dipendenza dal cyberspazio, da un lato offre nuove opportunità, dall’altro introduce nuove minacce. Il cyberspace rende possibili mercati più aperti, ma rende i sistemi informatici su cui esso si basa più vulnerabili agli attacchi. La società assicurativa britannica Lloy’d ad esempio ha recentemente stimato il costo economico dei cyber attacchi in 400 miliardi di dollari all’anno, altri operatori hanno stimato che possono superare i 500 miliardi l’anno. «Il problema è che i principali leader di questo settore sono americani e così i nostri dati, intendo i dati europei, che dovrebbero essere nostri, in questo momento sono di proprietà di altri soggetti che li utilizzano a scopi commerciali ma non solo», spiega ancora Klecha. Per fortuna, aggiunge, «il vice presidente della commissione Ue con delega al mercato unico digitale, Andrus Ansip, ha concesso 3 mesi di tempi ai colossi della tecnologia usa per redigere un accordo transatlantico sul trasferimento dei dati, con l’obiettivo di creare una zona di sovranità digitale a livello Ue». La posta in gioco è molto alta e in questo momento la Ue sta proteggendo l’interesse di tutti i paesi europei. Non solo, ma a seguito degli avvenimenti recenti e delle crescenti minacce sul fronte terrorismo, migliorare la sicurezza cyber dei Paesi è oggi una sfida nazionale della massima importanza. Cosa succederà adesso? Mi aspetto, dice Klecha, «che i dati saranno spostati in alcune zone dell’Europa, il potere del Vecchio Continente è ancora sufficiente a forzare i grandi gruppi ad aderire. Non a caso il primo gigante, cioè Microsoft, tre settimane dopo la presa di posizione di Ansip ha annunciato un significativo investimento in Germania, del valore di 2 miliardi». Ovviamente l’implicazione legata al business di questa rivoluzione in atto è incalcolabile. In generale la correlazione tra prosperità economica di una nazione e la qualità delle sue infrastrutture cyber sarà sempre più stretta e un Paese, per stare nel gruppo delle nazioni più sviluppate, dovrà migliorare la sicurezza cyber nella società, nel sistema industriale e nella pubblica amministrazione. Ma come i Paesi, altrettanto dovranno fare le aziende.
Il mercato della cybersecurity è relativamente giovane ma già estremamente importante in termini numerici. Secondo Gartner la spesa globale in It security si attesterà nel 2015 sui 77 miliardi di dollari. Le dinamiche attese per il mercato sono ancora più interessanti. L’ultimo report di MarketsandMarkets prevede che il mercato arriverà a valere 170 miliardi di dollari nel 2020, a un tasso annuo di crescita composto (cagr) del 9,8% dal 2015 al 2020, rendendo di fatto la cybersecurity uno dei settori più promettenti all’interno del Tech, trainato in primo luogo dalla domanda di soluzioni verticali per difesa, aerospace e intelligence. Secondo Idc il mercato globale dei big data e Analytics nel 2015 si è attesterà a 125 miliardi di dollari. Il mercato security analytics a livello globale è stimato in 3,2 miliardi di dollari nel 2018 (Marketsand Markets) e numerosi player già affermati nel settore analytics stanno sviluppando soluzioni ad hoc per il mercato security, proprio per cogliere appieno le opportunità in questo settore. Ad esempio Sas Institute è entrata nel segmento cyber con Sas Cybersecurity Solution, mentre Microsoft, dopo aver acquisito la start up israeliana Aorato attiva nella cybersecurity, ha lanciato il suo Advanced Threat Analytics software. Altri settori in costante crescita sono quello dei Data Center Security e quello citato all’inizio dell’IoT e di conseguenza dell’IoT Security (Marketsand Markets stima una crescita da 6,9 miliardi di dollari nel 2015 a 28,9 miliardi di dollari nel 2020). In generale nel mondo del cyber dominano gli americani. Stando alla classifica trimestrale redatta da Cybersecurity Ventures, 385 delle 500 società censite sono made in Usa (37 tra le prime 50). L’Ue schiera soltanto 69 società nella lista (solo cinque tra le prime 50), di cui due italiane: DFLabs (al 17° posto) e Selex ES (al 475° posto). Un ruolo di primo piano è ricoperto da Israele, con 16 società presenti e tre tra le prime 50: Cyberbit, Check Point Software e CyberArk (l’ipo di maggiore successo in Israele nel 2014). Solo lo scorso anno le società israeliane hanno esportato circa 6 miliardi di dollari in prodotti e servizi legati alla cybersecurity. In Italia Selex ha annunciato l’avvio di un’ambiziosa collaborazione con Ibm per dar vita a un «centro di competenza virtuale» per la cyber security e a settembre ha acquisito un contratto da 19 milioni per l’estensione del programma denominato «Nato computer incident response full operational capability» che garantisce la sicurezza delle informazioni dalle minacce di attacchi cyber in 52 siti Nato in 29 Paesi.
Il mercato è in fermento, la crescita annuale della cyber security è stimata nel 25% annuo e non a caso l’aspettativa anche in Europa è per un’intensa attività di m&a. Già nel 2014 Atos aveva comprato Bull per 620 milioni di euro dando vita a uno dei leader mondiali della sicurezza. «Anche la tecnologia avrà bisogno di grandi dimensioni, come gli altri business. Non ci saranno alternative», spiega Klecha. «Un operatore che vorrà avere successo in questo settore dovrà essere grande o quantomeno dovrà crescere molto velocemente». (riproduzione riservata)