di Paola Valentini
Malgrado i tassi rasoterra, i rendimenti delle gestioni separate delle polizze vita tengono la rotta. Quest’anno le performance lorde si attestano attorno al 3,7%, dato in linea con quello degli ultimi anni. Ma c’è anche chi supera il 6% (si veda tabella) come la gestione separata Europa di Cattolica Assicurazioni (6,3% in base al risultato mensile di fine settembre, non ancora certificato).
Sopra al 5% spiccano inoltre le gestioni Gestiprev (6%) e Dante (5,4%) di Unipol Sai (si tratta sempre di dati a fine settembre in attesa di certificazione), Liquidagevole di Generali Italia (5,28%), Pramerica Previdenza di Pramerica (5,21% annualizzato perché la linea ha un rendimento semestrale), Press euro 3 di Popolare Vita (5,20%) e Artemis di Unipol Sai (5,11%).
È quanto emerge dall’analisi condotta da Mf-Milano Finanza sui risultati delle gestioni separate relative alle polizze Vita di ramo I, che chiudono l’esercizio al 30 settembre 2015 (o al 31 ottobre) e di quelle che espongono i dati mensili. Si tratta di rendimenti apprezzabili se confrontati con il Btp decennale all’1,4% e l’inflazione quasi a zero. Non a caso la raccolta di queste polizze vita tradizionali continua a rappresentare la maggiore fetta della raccolta premi del comparto assicurativo. Secondo le statistiche dell’Ania, le polizze di ramo I a ottobre hanno registrato da inizio anno premi per 54 miliardi di euro, il 66% dell’intera nuova produzione emessa, con un calo del 6,5% rispetto ai dieci mesi del 2014 nel quale però questi prodotti avevano messo a segno una raccolta record.
Come punto di forza i contratti di ramo I godono dell’esenzione dell’imposta di bollo, una vera mini patrimoniale che grava con aliquota dello 0,2% su tutti gli strumenti finanziari tranne appunto le gestioni separate oltre che i fondi pensione, le polizze sanitarie e i buoni fruttiferi postali per giacenze sotto i 5 mila euro. Inoltre, le gestioni separate investono buona parte dei portafogli in titoli di Stato che sono soggetti all’imposta sul capital gain non con l’aliquota ordinaria del 26% (rincarata da luglio 2014 dal precedente 20%), ma con quella ridotta del 12,5%. Inoltre le polizze vita sono esenti dall’imposta di successione e non fanno parte dell’asse ereditario, quindi il contraente può scegliere liberamente a chi destinare le somme del contratto a patto ovviamente di non ledere la legittima. Tra l’altro il beneficiario resta anonimo nei confronti degli eredi. Altro punto di forza di questo tipo di contratti è l’impignorabilità e l’insequestrabilità dei capitali (mentre le polizze unit linked, ovvero il cosiddetto ramo III, sono state oggetto di alcune sentenze restrittive sul principio di impignorabilità e insequestrabilità). Senza dimenticare che la tassazione dei capital gain delle polizze vita è differito al momento del disinvestimento. E nel caso di morte finora le plusvalenze sono rimaste escluse da prelievi fiscali. Ma la legge di Stabilità 2015 ha limitato questa esenzione fiscale dei capital gain versati agli eredi in caso di morte dell’assicurato. Dal primo gennaio 2015 è scattato il prelievo del 26% e l’esenzione riguarda soltanto il maggior capitale corrisposto dalla compagnia assicurativa a copertura del rischio demografico. Si tratta di andare a vedere caso per caso a quanto ammonta la componente finanziaria.
Inoltre, sul fronte degli investimenti finanziari, le gestioni separate per anni hanno registrato risultati anche superiori al 10% per poi scendere drasticamente in parallelo al calo dei rendimenti dei titoli di Stato, strumenti che tradizionalmente hanno avuto, e continuano ad avere, un peso preponderante nei portafogli delle gestioni separate. «Il rendimento lordo delle gestioni separate, in passato, è stato di norma superiore al rendimento lordo dei titoli di Stato, al tasso di rivalutazione del Tfr e al tasso di inflazione», spiega uno studio dell’Ania. E anche oggi è così (si veda grafico). E nell’ultimo periodo, nonostante la forte volatilità dei rendimenti dei titoli di Stato (con il picco del 2011 in piena crisi dello spread) i risultati medi, pur se in netta diminuzione, sono stati comunque piuttosto stabili grazie alla possibilità per le gestioni separate di contabilizzare i titoli al costo storico: negli ultimi cinque anni hanno reso in media attorno al 3,9%, con un rendimento finale retrocesso al cliente al netto di costi e imposte che può superare il 2%, contro il 3,5% registrato nel periodo dai titoli di Stato, il 2,7% della rivalutazione del Tfr e l’1,3% dell’inflazione. Nel 2014 il rendimento medio delle gestioni separate è stato pari al 3,8% e appunto quest’anno, come si diceva, è attorno al 3,7% in base alle prime polizze che hanno pubblicato finora i risultati.
Una protezione dagli alti e bassi dei mercati dovuta al fatto che i titoli nel portafoglio delle gestioni separate sono valorizzati al costo di acquisto e non al valore di mercato e ciò permette ai rendimenti di non essere influenzati dalle oscillazioni quotidiane dei prezzi dei titoli. I guadagni peraltro si consolidano anno dopo anno, quindi i risultati ottenuti dalla gestione separata vengono in pratica bloccati. Ma proprio la riduzione dei rendimenti dei titoli di Stato renderà sempre più complicato arrivare a questi risultati in futuro. E questo soprattutto accade per le nuove polizze che acquistano titoli oggi con tassi ai minimi. Mentre le gestioni più datate hanno titoli che offrono cedole ancora piuttosto generose. Per tutte comunque resta il problema di dove investire una massa di raccolta così ampia che sta arrivando nelle loro casse. Come rovescio della medaglia le polizze tradizionali presentano costi iniziali, i cosiddetti caricamenti, che possono anche essere piuttosto salati. Da sottolineare inoltre che non tutto il rendimento viene retrocesso al cliente. Solitamente la compagnia trattiene una percentuale e gira al cliente una quota che si aggira oggi attorno all’80% del rendimento lordo. Altro punto da considerare è il riscatto prima della scadenza, che può essere penalizzante soprattutto se chiesto durante i primi anni del contratto.
Inoltre il rendimento minimo garantito che è stato per anni un punto di forza delle polizze di ramo I si sta sempre più riducendo. Proprio per effetto del drastico calo dei tassi le nuove polizze in commercio prevedono un tasso garantito sempre più basso, e oggi non è così raro trovare contratti che ne sono privi.
Se fino a pochi anni fa si trovavano rendimenti minimi che in media viaggiavano attorno al 2-2,5%, oggi le compagnie possono permettersi di garantire ritorni più bassi. Perché i rendimenti dei titoli di Stato italiani, dove investono prevalentemente le gestioni separate, sono ai minimi storici. Questo accade per effetto della normativa Ivass che stabilisce il tasso massimo garantibile dalle polizze. Dal primo dicembre dello scorso anno questo livello è stato abbassato dal 2,2% all’1,75% per i nuovi clienti, nettamente meno rispetto a due anni prima, quando era al 3,5%. E dallo scorso marzo l’asticella è scesa ulteriormente all’1%. Ciò vuol dire che le nuove polizze in commercio non possono garantire un tasso superiore a questo livello. Dalle analisi di Prometeia emerge che delle oltre 180 polizze rivalutabili di ramo I attualmente in commercio (esclusi i pip previdenziali), circa il 66% garantisce solo la conservazione del capitale. Il restante 33% garantisce lo 0,50% annuo (15% dei casi), il 10% lo 0,75%, per arrivare all’1% solo nell’8% dei casi.
E le previsioni indicano che i rendimenti dei titoli di Stato (e delle obbligazioni corporate) resteranno bassi, e ciò renderà sempre più complicata la vita alle polizze di ramo I. Certo, c’è da dire che si fanno strada nei portafogli delle gestioni separate nuove tipologie di asset, come i fondi comuni. Resta il fatto che i titoli pubblici rimarranno l’attivo principale degli investimenti delle polizze di questo ramo. Non a caso l’Ivass ha obbligato le assicurazioni ad abbassare (dal primo gennaio 2016) dal 4 al 3% il tasso di rendimento da utilizzare nella redazione dei progetti esemplificativi delle polizze di ramo I e che viene utilizzato anche per calcolare l’indicatore sintetico dei costi delle polizze. E così per dare una marcia in più alle performance, è aumentata l’attenzione delle compagnie alla variabile finanziaria per cui le ultime polizze vita lanciate sono di tipo misto ovvero abbinano alla componente garantita legata alla gestione separata un portafoglio più dinamico di quote di fondi (unit linked). Ma oltre ai tassi ai minimi, c’è un’altra spada di Damocle che incombe sulle polizze legate alle gestioni separate. Dal 2016, entreranno in vigore le nuove regole di Solvency II che comporteranno per le compagnie maggiori accantonamenti di capitale, a differenza delle polizze unit linked che invece trasferiscono prevalentemente il rischio sul cliente. (riproduzione riservata)