di Carlo Giuro
Il riscatto laurea è una possibilità che viene spesso presa in considerazione da giovani lavoratori e, molto spesso, dai genitori che lo suggeriscono ai propri figli. Tra i diversi fattori da valutare nella scelta, al di là del profilo strettamente economico, c’è anche quello di comparare tale opportunità con strategie alternative come per esempio l’adesione a un fondo pensione con contribuzione maggiorata.
L’obiettivo dell’istituto è quello di trasformare gli anni di studio in anni di lavoro a fini pensionistici. I contributi versati assumono una duplice valenza, sia ai fini del raggiungimento del diritto alla pensione sia per incrementare l’importo della pensione stessa. Un’opportunità particolarmente rilevante con l’attuale metodo di calcolo della pensione di tipo contributivo. Il riscatto laurea consente quindi di versare più contributi, incrementando quindi il montante contributivo, e dà non solo la possibilità di raggiungere prima la pensione, ma anche di ricevere un assegno mensile più elevato. Ma cosa si può riscattare e quanto costa?
Attingendo al sito dell’Inps (www.inps.it) è ammesso il riscatto, per l’intero corso di studi o per singoli intervalli temporali, dei diplomi universitari, diplomi di laurea, diplomi di specializzazione che si conseguono successivamente alla laurea ed al termine di un corso di durata non inferiore a due anni, dottorati di ricerca i cui corsi sono regolati da specifiche disposizioni di legge, laurea al termine di un corso di durata triennale e laurea specialistica, al termine di un corso di durata biennale cui si accede con la laurea. Non è possibile invece riscattare i periodi di iscrizione fuori corso. Non è possibile ottenere il riscatto nemmeno se durante gli studi universitari sia stata svolta un’attività lavorativa oppure gli anni del servizio militare.
L’importo del contributo da pagare (onere di riscatto) è calcolato dall’ente previdenziale in base all’età dell’iscritto, alla sua retribuzione, alla data della domanda, nonché in relazione all’entità degli anni da riscattare. Si usa il metodo di calcolo contributivo o retributivo, a seconda di quale anzianità contributiva può far valere la persona interessata (per effetto della riforma Fornero per gli anni dal 2012 in poi la regola è comunque il contributivo). Concentrando l’attenzione sul metodo di calcolo contributivo puro (se i periodi da riscattare sono cioè collocati dopo il 31 dicembre 1995) il corrispondente onere è determinato applicando l’aliquota contributiva in vigore alla data di presentazione della domanda, nella misura prevista per il versamento della contribuzione obbligatoria dovuta alla gestione pensionistica dove opera il riscatto stesso (nel 2015 le aliquote sono il 33% della retribuzione per i dipendenti, 22,65% per artigiani e commercianti, il contestato 30,72% per i parasubordinati). Per il calcolo dell’onere di riscatto la retribuzione cui va applicata la predetta aliquota è quella assoggettata a contribuzione nei 12 mesi precedenti la presentazione della domanda ed è rapportata al periodo oggetto di riscatto.
È importante rimarcare come per le domande di riscatto presentate a decorrere dal 1° gennaio 2008 il contributo, indipendentemente dalla collocazione temporale del corso di laurea, può essere versato in unica soluzione o in 120 rate mensili senza l’applicazione di interessi. In estrema sintesi, rimarcando che si tratta di spunti di riflessione da calare nella propria situazione, il riscatto laurea potrebbe essere più conveniente a chi prevede di non raggiungere un’anzianità sufficientemente elevata al pensionamento, a chi ha prospettive di reddito molto basse (in alcuni casi una pensione troppo bassa potrebbe costringere a posticipare il pensionamento), a chi non pensa di avere necessità di recuperare le somme prima del pensionamento, a chi supera i limiti di deducibilità previsti per la contribuzione al fondo pensione.
La strada del fondo pensione potrebbe essere valutata da chi ha ampi margini di deducibilità (grazie alla migliore tassazione finale), a chi potrebbe aver bisogno di liquidità in fase di accumulo (grazie alle anticipazioni) o al pensionamento (grazie alla prestazione in capitale almeno fino al 5% del montante accumulato), a chi potrebbe giovare della eventuale contribuzione del datore di lavoro, a chi non otterrebbe comunque un anticipo della data di pensionamento grazie al riscatto. (riproduzione riservata)