di Antonio Satta
Ora tutti invocano una commissione d’inchiesta sul sistema bancario e sulla vicenda delle quattro banche fallite che ha innescato il meccanismo di risoluzione anomalo che ha coinvolto anche gli obbligazionisti subordinati, azzerando i loro investimenti. Eppure un’indagine parlamentare sul tema si è appena conclusa e ha anche individuato chiaramente quali sono le principali criticità.
L’ha condotta la commissione Finanze del Senato, coinvolgendo tutti i soggetti in campo, dalle banche ai risparmiatori, da Bankitalia alla Bce e alla Consob. E le conclusioni, già pubblicate sul bollettino del Senato il 26 novembre, stanno per essere votate nei prossimi giorni. «Tutto scritto in tempi non sospetti, ma purtroppo quando si lavora non si fa notizia», osserva un po’ mestamente il presidente dell’organismo parlamentare, Mauro Maria Marino, senatore del Pd.
Domanda. Partiamo proprio dalla relazione conclusive. Quali sono queste criticità?
Risposta. Sono diverse e sono tutte all’origine del caos di questi giorni. In primo luogo la separazione delle attività di raccolta e impiego delle banche da quelle di trading. È ciò che autorità di vigilanza, governo e tutti noi vorremmo raggiungere, per evitare conflitti d’interesse, bolle speculative e la «diffusione di prodotti inadeguati», per usare l’eufemismo del commissario europeo Jonathan Hill. Ma al tempo stesso alle banche si chiede di rafforzare costantemente la loro patrimonializzazione per avere la forza di reggere le possibili crisi senza ripercussioni sull’intero sistema; peccato che con i tassi a zero la redditività non viene dagli sportelli e dagli impieghi, ma dal trading.
D. L’impressione, guardando alla cronaca di questi giorni, è che si sia ecceduto in questo senso, per usare un altro eufemismo. Si vendevano bond subordinati presentandoli come fossero Bot, ossia investimenti super-garantiti.
R. Vero. Infatti arriviamo all’altra criticità, quella della vigilanza. Tema complesso che riguarda diverse autorità. La sollecitazione al risparmio, per esempio, è il settore affidato alla Consob e forse, senza alcun spirito polemico, bisognerebbe riflettere se i prodotti di cui stiamo parlando corrispondessero sul serio alla valutazione di rischio, perché non solo erano presentati, come dire, con una certa leggerezza, ma garantivano in alcuni casi anche interessi relativamente bassi, che certo non facevano pensare alla rischiosità implicita. Ma il tema della vigilanza è più ampio. Il meccanismo unico, che è stato scelto, dovrebbe presupporre un single rule book bancario europeo, ossia una livellazione delle norme e dei regolamenti che ancora non c’è, ed è un problema. Inoltre, giustamente, la Bce pone molta enfasi sul rafforzamento patrimoniale e anche il meccanismo unico di risoluzione, che porta al bail-in, fa parte di questa filosofia. Le banche devono essere in grado di reggere le crisi, altrimenti a pagarne il conto, oltre che gli azionisti, devono essere i creditori, non più gli Stati. E si richiede dunque più consapevolezza ai manager, agli azionisti e agli stessi clienti. Giusto. Ma la corsa alla patrimonializzazione spinge a comportamenti prociclici in un momento in cui una timida ripresa ha appena cominciato ad affacciarsi. Vale per l’Italia, ma anche per l’Europa: inasprire i requisiti di capitale frena l’offerta dei prestiti, fa male all’economia e aumenta anche i rischi di sostenibilità delle banche. Forse i tempi andrebbero valutati con più attenzione e un po’ di gradualismo non farebbe male.
D. Ecco, il bail-in. Il panico che si sta diffondendo tra i risparmiatori deve far pensare. In fin dei conti, questa è stata appena un’anticipazione, le regole che scatteranno a gennaio saranno ancora più dure?
R. Non sono d’accordo. Paradossalmente il nuovo meccanismo è più equilibrato. Prevede tempi e modalità che ci avrebbero permesso una gestione non così traumatica. Faccio un esempio: è vero che il nuovo sistema di risoluzione prevede che siano chiamati a contribuire anche gli obbligazionisti senior, ma proprio su mia richiesta abbiamo posticipato il loro coinvolgimento al 2019. Le mia tesi, che è stata condivisa, è che, se cambi le regole del gioco a partita iniziata, devi almeno chiudere l’incontro. Fuor di metafora, se ho comprato un’obbligazione garantita e quella condizione di sicurezza viene a cadere, mi devi dare il tempo di venderla o di arrivare alla scadenza. Tornando al salvataggio delle quattro banche, il governo si è dovuto muovere in una situazione assurda in cui le regole erano ancora quelle vecchie, ma la Commissione Europea le interpretava secondo la filosofia di quelle nuove, considerando quindi come aiuto di Stato il ricorso al Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi, che è invece uno strumento a carico di soggetti privati. Un pasticcio, però almeno sono stati messi in sicurezza i depositi e le obbligazioni senior, oltre che migliaia di posti di lavoro.
D. Gradualità o meno, lo strumento del bail-in cambia completamente lo scenario per i risparmiatori. Adesso se ne capisce, e non solo in Italia, l’intera portata. Pensa sia possibile riaprire la discussione in Europa?
R. Certo, rispondo con Darwin: Non è la specie più forte a sopravvivere, ma quella che si adatta ai cambiamenti. Se la realtà ti dimostra che stai sbagliando, è stupido non tenerne conto. Detto questo, è evidente che anche i risparmiatori devono adattarsi al mutamento. Dopo la crisi innescata dal ciclone subprime e dal fallimento di Lehman Brothers anche le banche vanno valutate diversamente. Devi scegliere non la più comoda o quella che ti offre rendimenti migliori, ma la più affidabile. C’è un grosso problema di educazione finanziaria che coinvolge la questione della consulenza. Si apre uno spazio importante per figure terze che possano garantire sia l’informazione che la consulenza, ma a patto che il loro lavoro sia valutato e certificato.
D. C’è anche un altro tema, quello dell’informazione e della trasparenza. Le faccio un esempio. Il Fatto ha riportato il caso di un obbligazionista che il 4 giugno 2013 ha acquistato obbligazioni subordinate a tasso fisso di Banca Etruria , della durata di cinque anni, con una rendita del 3,5% annuo. Dieci giorni dopo la Consob ha imposto alla banca una variazione del prospetto con nuove notizie, ben più allarmanti, sullo stato della banca. Il risparmiatore quindi avrebbe avuto una settimana di tempo per farsi dare indietro i soldi, ma le informazioni, essendo state pubblicate solo sul sito della Consob, non sono arrivate al risparmiatore, che ora ha perso tutti i suoi soldi. Non è assurdo?
R. Sono d’accordo. Infatti nel parere che dobbiamo fornire su un decreto legislativo in materia chiederemo che rimanga l’obbligo di pubblicare anche sui giornali le informazioni rilevanti che riguardano le società quotate. L’informazione solo sul web non garantisce la trasparenza necessaria a tutelare i risparmiatori. C’è bisogno di più piattaforme per raggiungere tutti, anche quelli che per età, formazione e condizioni economiche non vanno su Internet. Quanto al risparmiatore citato prima, il governo sta pensando anche a lui. Il fondo rotativo di ristoro è la soluzione giusta. Vale per i risparmiatori coinvolti nel fallimento di queste quattro banche e potrebbe servire, facendo i dovuti scongiuri, anche in futuro per altre non auspicabili crisi.
D. Una soluzione, comunque, di ripiego.
R. Una soluzione che rimedia a problemi che non ha creato questo governo. Di errori ne sono stati fatti tanti, ma negli anni passati. Penso, per esempio, che pur con le difficoltà di dover decidere con l’economia italiana sotto attacco, il governo Monti avrebbe potuto far ricorso ai fondi europei per ricapitalizzare le banche che ne avevano bisogno. E credo anche che i Tremonti bond potessero essere proposti agli istituti a tassi inferiori, ma qui il discorso si farebbe lungo. Adesso mi pare che si sia messo in moto un processo di cambiamento importante, supportato dal governo, che coinvolge le popolari, le bcc, insomma, guardiamo al futuro. (riproduzione riservata)