L’Italia in letargo perché non sa progettare il futuro anche se ci sono elementi di ripresa. E’ questa la sintesi del 49esimo rapporto Censis sullo stato sociale del Paese dal quale emerge che l’Italia vive un “letargo esistenziale collettivo”, anche la politica tenta di “trasmettere coinvolgimento e vitalita’ al corpo sociale”, ma non ci riesce. Nonostante questo, gli italiani si muovono, non più come collettività, certo non dentro un “progetto generale di sviluppo” che non esiste più da tempo, ma da singoli, all’interno magari di piccoli territori, o di piccoli gruppi sociali.
Gli italiani mettono a reddito il patrimonio immobiliare (560.000 bed&breakfast con un rispettabile fatturato di 6 miliardi di euro), inventano nuove forme di imprenditoria all’insegna dell'”ibridazione”, coniugando gastronomia e turismo, design e artigianato, moda e piattaforme digitali. I giovani partono, le famiglie ricominciano ad acquistare case e beni durevoli, privilegiando in particolare auto ed elettrodomestici.
Nelle banche giace quasi inoperosa una montagna di risparmi, un “cash cautelativo” che supera i 4.000 miliardi, molti depositi e contanti, sempre meno azioni e partecipazioni. Soldi “pronti all’uso nel brevissimo periodo”, l’unica destinazione possibile in un Paese che ha perso la capacità di “progettazione per il futuro” e di “disegni programmatici di medio periodo”. Vince “la pura cronaca”, la capacita’ d’inventarsi di giorno in giorno. Una società “a bassa resistenza e con scarsa autopropulsione”.
Mentre la crisi impoveriva il Paese, tra il giugno del 2011 e il giugno del 2015, nei depositi delle banche sono arrivati 401,5 miliardi di euro. Mentre il Pil crollava il patrimonio finanziario degli italiani è cresciuto del 6,2% in termini reali. Contanti e depositi sono saliti dal 23,6% del totale nel 2007 al 30,9% del 2014, le assicurazioni e i fondi pensioni sono passati dal 14,8% al 20,9%, i fondi comuni sono passati dal 9,1% al 10,9%, azioni e partecipazioni sono crollate dal 31,8% al 23,7% e le obbligazioni dal 17,6% al 10,8%. Negli ultimi 12 mesi sono riuscite a risparmiare 10,6 milioni di famiglie: a scopo cautelativo, per finanziare la formazione dei figli, per i bisogni della vecchiaia, per paura di perdere il posto di lavoro. E d’altra parte molti ancora hanno attinto ai risparmi, negli ultimi 12 mesi 3,1 milioni di famiglie li hanno usati “per fronteggiare gap di reddito rispetto alle spese mensili”.
Si spende di nuovo sul mattone. Tra gennaio e ottobre di quest’anno le richieste di mutui sono cresciute del 94,3% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (anche se circa un terzo finanziano surroghe, e non nuovi acquisti di abitazioni), e le compravendite immobiliari sono aumentate del 6,6% nel secondo trimestre di quest’anno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Certo, cresce anche l’insofferenza verso i contributi pubblici: il 55,3% degli italiani vorrebbe pagare meno tasse, per avere una maggiore disponibilità di reddito.
Tornano anche gli acquisti di beni durevoli, in forte declino tra il 2007 e il 2013. In particolare le intenzioni di comprare nuove auto quest’anno risultano più che raddoppiate rispetto all’anno precedente, tanto che se si concretizzassero nel 2016 le immatricolazioni tornerebbero ai valori del 2008, un milione e mezzo. Quasi tre milioni id famiglie dichiarano che nel 2016 compreranno un elettrodomestico nuovo, molti intendono acquistare mobili e ristrutturare la propria abitazione. E’ tornato l’ottimismo: il 39,8% dichiara di aver fiducia nel futuro contro il 22,4% che ancora non vede segnali positivi e il 37,8% ancora incerto.
Sul fronte delle imprese vince chi esporta (l’export vale il 29,6% del Pil), chi riesce a inventare “un nuovo stile italiano” attraverso l'”ibridazione”, la trasformazione dei settori trazionali, di cui design e moda sono l’archetipo, sostiene il Censis: coniugano “qualità, saper fare artigiano, estetica, brand”. I settori vincenti: i produttori di macchine e apparecchiature, con un surplus di 50,2 miliardi di euro nel 2014, l’agroalimentare, con un aumento del 6,2% dell’esport nei primi otto mesi di quest’anno, l’abbigliamento, la pelletteria, i mobili, i gioielli. E poi un settore “trasversale per vocazione”, quello creativo-culturale, con 43 miliardi di export.