Casse di previdenza, fondi complementari e professionisti restano sostanzialmente critici nei confronti dell’aumento della tassazione delle rendite finanziarie fino al 26%. Anche se un emendamento del relatore alla legge di stabilità dà la possibilità di recuperare un credito d’imposta del 6% (casse) o del 9% (fondi). L’unico a spendere parole di elogio per l’intervento è stato Lello Di Gioia, presidente della Bicamerale di controllo sull’attività degli enti gestori forme di previdenza obbligatorie. «Esprimo», ha commentato, «soddisfazione in merito all’introduzione di meccanismi incentivanti per i fondi e le casse che destineranno le loro risorse in investimenti nell’economia reale del paese, come previsto in sede di esame della legge di stabilità al senato». Proprio in commissione, ieri durante un’audizione, il Comitato unitario delle professioni aveva portato la contrarietà degli iscritti agli ordini.
«L’utilizzo del risparmio previdenziale da parte delle Casse di previdenza, rivolto allo sviluppo e al sostegno dei propri iscritti oltre che all’economia reale», ha detto la presidente Marina Calderone, «potrebbe trovare ulteriore impulso ove fossero adottate misure agevolative nella tassazione del risparmio previdenziale, rispetto alla tassazione prevista per risparmi di altro genere». E non hanno fatto salti di gioia nemmeno i diretti interessati. «Si tratta di un timido raggio di sole nella notte della previdenza privata italiana», ha lamentato il presidente dell’Adepp (l’associazione degli enti dei professionisti). «Resta l’amarezza di non aver ottenuto alcun vantaggio sulla fiscalità generale degli investimenti come avviene nella stragrande maggioranza dei paesi europei. Su questo versante rimaniamo fortemente critici e convinti che si tratti di una visione miope che, pur nel quadro di un’Italia fortemente provata, penalizza in modo inspiegabile il risparmio dei professionisti, ne deprime gli effetti futuri e comprime le necessarie azioni di welfare che nulla costano alla collettività». «L’emendamento contenente il credito d’imposta», ha aggiunto Assofondipensioni con una nota, «non può essere una risposta adeguata a fronteggiare l’aumento della tassazione sui rendimenti».