di Roberta Castellarin e Paola Valentini
Il modello dei promotori finanziari si adatta perfettamente a una fase complicata come l’attuale, sia per il risparmiatore, che deve affrontare tassi ai minimi, sia per le banche, alle prese con una rivoluzione dei propri modelli di business. Remunerazione variabile e consuetudine a collocare da sempre prodotti di risparmio gestito, che oggi sono visti come la soluzione ideale per diversificare le opportunità di rendimento, sono gli elementi che in questo momento rendono i pf molto contesi dalle reti.
Queste ultime oggi sono attive più che mai nella conquista di quote di mercato alle banche tradizionali che invece sono più concentrate a riattivare il circuito virtuoso tra stabilità e redditività operando soprattutto sui tagli di personale. Un bacino a cui attingono a piene mani proprio le società di promozione finanziaria e le boutique per reclutare i top banker.
L’ultimo esempio è quello di Banca del Fucino con l’ingresso e la nomina di Salvatore Pignataro a vicedirettore generale e responsabile della divisione private. Lo hanno seguito in Banca del Fucino tre top banker accreditati con patrimoni di 90-100 milioni. Si tratta di Stefania Del Giudice, Riccardo Mazzoni e Simone Pierotti, tutti e tre vengono daUbi banca private investment.
D’altronde gli spazi di crescita sono enormi visto che, nonostante tutto, oltre il 90% dei risparmi finanziari delle famiglie, che ammontano a 4 mila miliardi di euro circa, è ancora in mano alle banche. Le reti di promotori finanziari, in base agli ultimi dati Assoreti di fine settembre, hanno invece masse totali per 307 miliardi. Ma ora tassi bassi e un conseguente maggiore bisogno di consulenza da parte delle famiglie sta spostando sempre più masse verso il mondo dei pf. Come spiega Peirmario Motta, ad di Banca Generali : «La discesa dei tassi ai nuovi minimi e le difficoltà economiche accentuano nei risparmiatori il bisogno di consulenza qualificata e soluzioni versatili ed efficienti». Senza dimenticare che gli italiani restano un popolo di grandi risparmiatori. «Nonostante la debolezza economica, gli italiani hanno imparato a ridurre i consumi superflui e stanno continuando ad aumentare il proprio risparmio», ha detto l’ad di Finecobank , Alessandro Foti. Non stupisce dunque che tutti i big del settore stiano registrano una tendenza alla crescita dei portafogli medi pro-capite dei propri promotori. Che riescono ad assistere più da vicino gli investitori in un momento in cui, con il rendimento del Btp a dieci anni sceso al 2%, la diversificazione diventa un imperativo per poter aumentare il rendimento complessivo di portafoglio.
Dati alla mano, la tendenza all’aumento della taglia dei pf si registra da fine 2008 in poi, l’anno del default di Lehman che ha segnato l’inizio della crisi dei mercati finanziari di tutto il mondo. Ma è da fine 2011, in concomitanza con lo scoppio della crisi dello spread, che la crescita delle masse pro-capite ha avuto una decisa accelerazione. Su tutti spicca Banca Generali che, in base ai dati Assoreti di fine settembre, ha asset per promotore pari a 21,1 milioni di euro. Segue Banca Fideuram con una media di 18 milioni, Azimut con 17,5 milioni, Finecobank con 16 milioni e Allianz Bank con 14,3 milioni.
Questo manipolo di reti si attesta sopra il portafoglio medio di mercato pari a 14,1 milioni. Oltre i 10 milioni di euro per pf c’è anche Banca Mediolanum (11,7 milioni). A fine 2011 queste sei reti, che sono le maggiori in termini di masse a fine settembre, avevano tutte portafogli pro-capite molto più bassi. Banca Generali si attestava sui 16 milioni, Fideuram sui 15 milioni, Azimut sotto i 12 milioni, Finecobank poco sopra i 12 milioni, Allianz Bank era a quota 11 milioni e Mediolanum superava di poco gli 8 milioni. Da questi dati emerge dunque che a crescere di più in questi tre anni è stata Azimut che ha visto aumentare gli asset per pf del 48%. Il gruppo guidato dal presidente e ad Pietro Giuliani è impegnato da diversi mesi in un’intensa attività di reclutamento soprattutto sul fronte del segmento alto della clientela. D’altra parte nel nuovo piano 2015-2019 Azimut punta al raddoppio degli asset: nel 2019 il patrimonio totale dovrebbe arrivare a 50 miliardi (di cui 10 dalla raccolta nel wealth management) con una crescita media annua dell’11,4%. Oggi quanto a masse totali la prima rete nel mercato con 89 miliardi (il 29% del totale) è Banca Fideuram, che è anche la prima per numero di promotori finanziari (4.966) inclusi i banker Sanpaolo invest. Proprio Banca Fideuram è oggi al centro di una riorganizzazione dato che la capogruppo Intesa Sanpaolo ha appena varato la creazione delle tre nuove divisioni private banking, asset management e insurance (assicurazione). Tre poli a cui faranno capo, di fatto, le attività del risparmio gestito, definito dallo stesso ceo di Intesa Sanpaolo , Carlo Messina, «motore di crescita del gruppo». A capo della divisione private (che serve la clientela di fascia alta e che al 31 dicembre 2013 gestiva risorse per 164 miliardi di euro) c’è Matteo Colafrancesco, amministratore delegato e direttore generale di Banca Fideuram. Colafrancesco rimarrà in carica fino a luglio 2015 quando gli subentrerà Paolo Molesini, amministratore delegato di Intesa Private Banking.
Seconda per masse, anche se con una distanza rilevante rispetto a Banca Fideuram, è Banca Mediolanum , che ha asset pari a 51,5 miliardi (il 16,8% del totale). La banca guidata dall’amministratore delegato Ennio Doris è anche al secondo posto per numero di pf (4.402), ma come detto è sesta per portafoglio pro-capite perchè il gruppo ha sempre guardato più ai pf giovani da formare, anche se negli ultimi tempi, grazie all’ampliamento dell’offerta di servizi finanziari, punta ad attirare anche professionisti dalle banche tradizionali. Ha una strategia simile Finecobank , la terza rete sia per dimensioni (2.542 pf) sia per masse. La banca del gruppo Unicredit , che si è quotata a luglio, conta su un patrimonio di 40,3 miliardi con una fetta importante di risparmio amministrato (18,2 miliardi) perchè in passato la rete aveva scommesso molto sui conti correnti, inclusi quelli ad alta remunerazione, con cui ha attirato molti risparmi liquidi. Finecobank è quarta per portafogli pro-capite perché la sua politica, a differenza di altre reti concorrenti che reclutano promotori di esperienza in grado di apportare nuovi clienti, masse o entrambi, tende ad assumere giovani da avviare alla professione di pf. Ha invece una politica opposta, come detto,Azimut che, con 1.530 pf (che fanno capo alla tre sim, Az investimenti, Azimut consulenza e Apogeo, però in via di integrazione) è terza quanto a patrimonio per consulente, ma è sesta per numero di promotori e per masse (26,6 miliardi). Questa situazione è ancora più accentuata in Banca Generali che per numero di pf (1.593, al quinto posto) e masse (33,6 miliardi, al quarto posto) è poco distante da Azimut . Proprio per la forte spinta sui banker di taglia maxi, Banca Generali stacca tutti per portafoglio pro-capite. Intanto Allianz Bank lo scorso anno ha fatto pulizia nella rete risolvendo il mandato di alcuni promotori con portafoglio non rilevante e inserendo nuovi promotori con potenzialità di raccolta. (riproduzione riservata)