La responsabilità dell’assicuratore della responsabilità civile per violazione del principio di buona fede (mala gestio) è configurabile quando l’assicuratore si limiti a non negare l’operatività della garanzia e ad adeguare la propria condotta processuale alle difese svolte dal proprio assicurato, dovendo invece, una volta posto a conoscenza del fatto accaduto durante il tempo dell’assicurazione, attivarsi nei confronti del proprio assicurato, sia dimostrando la propria seria disponibilità a prestare la garanzia dovuta, sia avvertendo l’assicurato del rischio di dover rispondere in via esclusiva dei maggiori oneri conseguenti al ritardo nella definizione della vertenza.
Il giudice di merito, chiamato a decidere della responsabilità oltre il massimale di un assicuratore per c.d. mala gestio, non si può limitare ad esaminare la condotta processuale di questi e dell’assicurato, ma deve anche indagare sui rapporti extraprocessuali tra essi intercorsi, ove la parte assicurata deduca che gli stessi siano rilevanti per dimostrare la mancanza di buona fede nell’esecuzione del contratto; in particolare, soltanto nel contesto di tali rapporti può il giudice di merito attribuire o meno rilevanza al fatto che l’assicuratore non abbia espressamente avvertito l’assicurato dell’obbligo, pur se contrattualmente previsto, della responsabilità esclusiva per i maggiori oneri conseguenti al ritardo nella definizione della vertenza, con apprezzamento in fatto non censurabile in cassazione se adeguatamente motivato.
L’assicuratore della responsabilità civile viene meno ai doveri di correttezza e buona fede se, durante la fase delle trattative stragiudiziali (anche se svolte direttamente tra l’assicuratore ed il terzo danneggiato), non informi l’assicurato che il contratto pone a suo esclusivo carico la responsabilità verso il terzo danneggiato per il danno da mora, a meno che durante le trattative col terzo danneggiato assicurato ed assicuratore abbiano avuto una costante interlocuzione, sì da rendere superfluo il suddetto espresso avvertimento.
Cassazione civile sez. III, sentenza del 27/01/2014 n. 1607