di Roberta Castellarin e Paola Valentini
Continuerà il boom della raccolta dei fondi nel 2014? Da inizio anno quelli aperti hanno registrato flussi positivi per 41,7 miliardi (dati a fine ottobre), e secondo le previsioni di Prometeia il 2013 si dovrebbe chiudere con una raccolta di 45 miliardi, valore più alto dal 2000.
Risultato ottenuto grazie al contributo delle reti di promotori, che hanno confermato la predilezione verso il risparmio gestito, ma soprattutto delle banche. Dietro ai flussi record registrati dai fondi comuni quest’anno ci sono gli istituti di credito, che dopo anni sono tornati a collocare propri prodotti allo sportello dopo anni. E lo hanno fatto per compensare il calo dei margini dell’attività tradizionale di finanziamento, che per ora non è ripartita. Il 2013 inoltre è stato un anno senza forti tensioni sul fronte della raccolta interbancaria, quindi le banche non hanno spinto più di tanto sulle emissioni di obbligazioni proprie per fare provvista e i fondi non sono quindi stati spiazzati dai bond. «La ricomposizione dei portafogli è stata favorita dalle politiche commerciali delle reti distributive e, in particolare, dalla più intensa offerta degli operatori bancari che, in presenza di minori esigenze di raccolta diretta, hanno collocato prodotti di risparmio gestito per recuperare redditività sui servizi», conferma l’Osservatorio sui risparmi di Gfk Eurisko Prometeia, dalle cui analisi emerge che «nel primo semestre 2013 i principali gruppi bancari italiani hanno effettuato un processo di ricomposizione, all’interno della raccolta indiretta, dai titoli in amministrazione verso strumenti gestiti, cui si è accompagnata una crescita di oltre il 15% della redditività derivante dalla gestione del risparmio».
E ora ci si chiede se anche nel 2014 le banche, tramite le quali ancora oggi passa poco meno del 70% delle attività finanziarie delle famiglie nella gestione del risparmio, confermeranno le mosse del 2013. Qualche segnale di cambiamento sta emergendo. «Dopo i risultati brillanti del primo semestre dell’anno, nei mesi più recenti, anche in connessione con le maggiori incertezze sul quadro finanziario e più di recente politico, le componenti gestite hanno evidenziato un ridimensionamento della crescita e flussi in riduzione», rileva ancora l’Osservatorio. Il rallentamento riguarda soprattutto la raccolta presso lo sportello visto che i flussi netti delle reti di promotori vanno a gonfie vele. Le riflessioni rilevanti sono due. «Nel nuovo contesto sarà cruciale il risultato della fase, che si sta aprendo nell’Uem, di valutazione approfondita dei bilanci bancari che inizierà con l’asset quality review e gli stress test della Bce, finalizzati alla vigilanza unica europea. Le dotazioni di capitale e la qualità degli attivi saranno i fondamenti su cui si baserà il merito di credito delle banche italiane. Da ciò dipenderà la possibilità di raccogliere risorse sui mercati internazionali senza creare pressioni sia in termini di quantità che di costi sugli strumenti di raccolta diretta», spiega l’Osservatorio sui risparmi.
Se avessero problemi a raccogliere fondi sui mercati, le banche potrebbero infatti tornare a collocare bond presso le rispettive reti.
Quindi, se tutto va bene «la gestione del risparmio potrebbe continuare a svilupparsi, in caso contrario potrebbe subire una rapida contrazione». Inoltre, c’è da considerare «il cambiamento dei modelli di business in tutte le banche, impegnate in una profonda revisione dei costi volta al recupero di efficienza, oggi necessario per sostenere la redditività», sottolinea ancora l’Osservatorio. E il modello che in molti casi si prende a riferimento è la rete di promotori, che permette di ridurre i costi fissi delle filiali convertendo una parte degli impiegati allo sportello. «L’esperienza italiana delle reti di promotori è stata e resta molto positiva, in termini di continua crescita dell’attività e di soddisfazione della clientela anche nelle fasi di mercato più difficili», spiega Prometeia, che si chiede però se «i brand bancari saranno in grado di emulare questi risultati nei prossimi anni e stabilizzare maggiormente la crescita dell’attività di gestione del risparmio». Un fatto è certo. Mentre ci si interroga se proseguirà il boom del collocamento dei fondi allo sportello, il private banking punta sempre di più sul risparmio gestito. Le strutture specializzate nella cura dei patrimoni dei Paperoni propongono fondi e gestioni come strumento per diversificare i portafogli in una fase in cui i tassi ai minimi storici rendono difficile trovare alternative allettanti ai titoli di Stato e agli investimenti liquidi, mentre l’investimento diretto in azioni è considerato ancora troppo rischioso.
Senza dimenticare che le private bank si trovano oggi a fronteggiare l’agguerrita concorrenza delle reti di promotori, che già da anni offrono un’ampia gamma di fondi di case terze. Per tener testa alle reti, le banche d’alta gamma negli ultimi mesi si sono convertite sempre più al risparmio gestito. Una maggiore apertura che prima ha interessato i marchi più noti e che oggi si sta estendendo anche alle case di investimento di nicchia. Non a caso continuano ad arrivare in Italia boutique di gestione che si fanno forti delle performance ottenute negli ultimi mesi per fare breccia nel mercato tricolore.
Per le private bank è importante offrire ai clienti prodotti che preservino il patrimonio senza far correre loro troppi rischi. E in uno scenario di debolezza dei mercati obbligazionari ciò è sempre più difficile. Tanto più che molti clienti delle private bank sono imprenditori, quindi già molto esposti ai cicli dell’economia reale, in molti casi quella italiana. Da qui la ricerca di prodotti bilanciati o flessibili che consentano di dare rendimenti reali positivi, ma con un attento controllo della volatilità e la preferenza per le case di gestione specializzate in questo tipo di offerta. (riproduzione riservata).