Se tre indizi fanno una prova, la svolta congiunturale per l’economia italiana è in corso. Secondo il Barometro Crif sulla domanda di credito da parte delle imprese, che Italia Oggi Sette pubblica in anteprima, a novembre le richieste di prestiti avanzate dalle imprese sono cresciute dell’8,8% (dato calcolato al netto del differente numero di giorni lavorativi).
La crisi è ormai alle spalle. Certo, se si guarda al totale dei primi undici mesi dell’anno il dato non è esaltante, con un incremento medio dell’1,3% nel confronto anno su anno, ma l’accelerazione impressa nell’ultimo trimestre sembra indicare che ora gli imprenditori vedono un futuro più sereno e stanno tornando a investire. Anche se non si può escludere che sul trend più recente abbia inciso, almeno in parte, il persistere dei ritardi nei pagamenti che costringe molte aziende a indebitarsi per onorare gli obblighi commerciali.
Tuttavia l’ottimismo torna prevalente se si legge questo dato in abbinata a quello dell’Istat sulla fiducia delle imprese, che a novembre ha visto crescere l’indice da 79,9 a 83,2 punti, tanto da raggiungere il livello più alto dopo agosto 2011. L’ottimismo è di casa soprattutto nel comparto manifatturiero, seguito dai servizi di mercato e dal commercio al dettaglio, mentre risulta in calo la fiducia delle imprese di costruzione, che scontano il persistere della crisi immobiliare.
In ogni caso appare certo che il picco della crisi è ormai alle spalle. Se è vero che il 2013 non era iniziato nel migliore dei modi, un confronto a medio termine offre un altro spaccato: i primi undici mesi di quest’anno registrano un incremento del 3,6% rispetto allo stesso periodo del 2011, del 5,1% nel raffronto con il 2010 e addirittura del 7% rispetto al 2009.
Meglio le imprese individuali. Tornando alla ricerca relativa a novembre, sono le imprese individuali a mostrare il maggior dinamismo, con un incremento della domanda di credito nell’ordine del 12%, contro il +7% fatto registrare dalle società.
Quanto all’importo medio dei finanziamenti richiesti, nei primi 11 mesi del 2013 si è attestato a 70.583 euro, in crescita del 19,4% rispetto al pari periodo del 2012 (quando era pari a 56.879 euro). Disaggregando per tipologia di impresa, emerge un importo medio di 36.454 euro per le imprese individuali (+17%, era 31.159 euro nei primi 11 mesi del 2012) e di 94.532 euro per le società (+26%, contro i 75.002 euro del pari periodo 2012).
Per quanto riguarda infine le fasce di importo, la classe inferiore ai 5 mila euro mantiene una quota di quasi un terzo del totale complessivo (in crescita di 0,6 punti percentuali), mentre le altre categorie mostrano nel periodo gennaio-novembre lievi decrementi, a eccezione della fascia oltre i 50 mila euro, che sale di 2,1 punti percentuali.
Banco di prova per le banche. A questo punto la palla passa nell’altra metà del campo e occorrerà capire se le banche abbandoneranno a breve la politica di restrizione del credito alla quale si è assistito negli ultimi anni, ricordando che gli istituti bancari erogano il 90% di tutti i finanziamenti concessi al sistema-imprese nella Penisola. In particolare, secondo quanto rilevato da Bankitalia, a ottobre il calo dei prestiti alle imprese ha raggiunto il massimo storico del 4,9% su base annua.
«Nemmeno durante il picco della crisi le aziende italiane hanno smesso di chiedere finanziamenti e gli ultimi dati ci dicono che c’è una volontà di tornare a investire per intercettare la ripresa», commenta Simone Capecchi, direttore sales & marketing di Crif. «Durante il 2010-2011 gli istituti di credito hanno avuto oggettive difficoltà nel finanziarsi sui mercati e questo le ha spinte a scaricare sui prestiti concessi i maggiori tassi. Ora, tuttavia, la situazione è in via di normalizzazione e l’auspicio è che si torni a sostenere le imprese». Tuttavia il cambio di rotta non è scontato perché nel frattempo è cresciuto il rischio di credito, come evidenziato dagli ingenti accantonamenti emersi nelle ultime trimestrali delle banche italiane. «Questa situazione, derivante dal progressivo deterioramento dell’economia reale registrato negli ultimi anni, potrebbe continuare a influenzare l’offerta di credito e le condizioni di erogazione», aggiunge Capecchi. «In particolare, gli istituti pongono grande attenzione soprattutto nelle concessioni alle imprese di dimensione inferiore, spesso più fragili e sottocapitalizzate».
In cerca di canali di finanziamento alternativi. Quando si invertirà il trend anche su questo fronte? Sul tema gli analisti sono divisi e l’unico spartiacque condiviso è piazzato alla prossima primavera, quando la Banca centrale europea dovrebbe realizzare la revisione della qualità degli attivi delle aziende di credito europee. A quel punto, è la convinzione diffusa anche all’interno di Bankitalia, dovrebbe emergere che le banche italiane hanno ritrovato solidità dopo le recenti ristrutturazioni e non hanno la necessità di mantenere stretti i cordoni della borsa. Tuttavia la data non è proprio dietro l’angolo, considerato che comunque la ripresa dei finanziamenti comincerebbe a produrre effetti sull’economia reale solo dopo qualche mese.
Intanto Capecchi registra un’attenzione crescente ai canali alternativi di finanziamento, grazie anche alla spinta normativa avviata con il Decreto Sviluppo del 2012, che favorisce le emissioni obbligazionarie (i cosiddetti mini-bond) da parte delle pmi non quotazione. A questo riguardo, come evidenziato anche da un recente studio di Crif Rating Agency, sono oltre 10 mila le società di capitali che presentano le caratteristiche potenziali per poter accedere al mercato dei mini-bond e più in generale delle obbligazioni.
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