di Anna Messia
La cessione alla Cassa Depositi e Prestiti del 4,47% del capitale di Assicurazioni Generali in mano alla Banca d’Italia è andata molto al di là di una semplice operazione finalizzata solo a evitare conflitti d’interesse all’istituto guidato da Ignazio Visco. In base ai dettagli dell’accordo diffuso ieri dalle parti in causa, Via Nazionale diventerà infatti un azionista importante del Fondo Strategico Italiano (Fsi), ovvero dell’ultimo strumento lanciato da Cdp destinato ad avere un ruolo decisivo per le aziende importanti per il Paese. Il conferimento della sua quota di Generali (valutata circa 766 milioni) consentirà alla Banca d’Italia di avere in mano circa il 20% del Fondo: uno strumento che ha già in pancia partecipazioni importanti come il 46% di Metroweb o il 18% di Kedron, e vanta un accordo fresco di firma con il fondo sovrano del Qatar, che ha l’obiettivo di investire 2 miliardi in aziende del made in Italy, dalla moda all’alimentare. Ma quel che più conta è che il Fondo Strategico, oggi quasi interamente controllato da Cdp (a sua volta partecipata all’80% dal ministero dell’Economia e al 20% dalle Fondazioni bancarie) siede al tavolo di partite importanti su aziende cruciali per il Paese, da Avio ad Ansaldo Energia. Riassetti che nei prossimi mesi, in qualche modo, sono destinati a interessare da vicino anche la Banca d’Italia la quale, vale la pena ricordarlo, esercita già una vigilanza informativa sulla Cassa Depositi e Prestiti. In pratica la Cdp è chiamata a inviare documentazioni a Via Nazionale sulle sue operazioni, ma non c’è una vigilanza completa, considerando che Cdp non è una banca. Ora però i rapporti tra le due istituzioni sono destinati a diventare più stretti proprio alla luce del nuovo legame nato con il Fondo Strategico. Un vincolo destinato a durare ben oltre il dicembre del 2015, data entro la quale Fsi dovrà cedere «a terzi, a condizioni di mercato, l’intera partecipazione in Generali». Perché l’ingresso di Banca d’Italia nel Fondo avverrà investendo due terzi del controvalore della quota in Generali in azioni privilegiate e un terzo in azioni ordinarie. E queste ultime non saranno cedute visto che gli accordi prevedono che, «completata la vendita della partecipazione in Generali, Fsi procederà al rimborso alla Banca d’Italia delle sole azioni privilegiate». Insomma, una partecipazione che ha tutta l’aria di diventare stabile. Fra tre anni Via Nazionale continuerà a disporre di una quota del Fondo strategico superiore al 6% (salvo nuovi aumenti di capitale) anche quando la partita Generali sarà definitivamente chiusa. In che modo Via Nazionale interverrà sulla governance del Fondo? Gli accordi non sembrano prevedere il diritto a nominare consiglieri o organi di controllo ma all’articolo 12 è stabilito che «prima di adottare qualunque delibera, misura, provvedimento o altra determinazione suscettibile di pregiudicare i diritti della Banca ai sensi del presente accordo, Fsi e Cdp si impegnano a consultare preventivamente la Banca e a ottenerne l’approvazione». Un vincolo che potrebbe farsi stringente, al quale si aggiunge l’impegno di Fsi, per tutto il tempo in cui Via Nazionale sarà azionista, a non acquisire partecipazioni in imprese soggette alla vigilanza di Banca d’Italia o dell’Ivass per oltre 500 milioni o che superano il 10% dell’attivo del Fondo o il 5% del capitale del soggetto vigilato. Mentre per quanto riguarda la gestione della partecipazione in Generali nulla cambierà rispetto al passato. In particolare per quanto riguarda l’elezione degli organi sociali il voto è destinato ad allinearsi alle liste di minoranza espresse da Assogestioni: una decisione che rafforza la presa di Piazzetta Cuccia sul Leone di Trieste. (riproduzione riservata)